Il patto di non concorrenza firmato da un lavoratore sulla limitazione alla sua eventuale attività dopo la cessazione del rapporto di lavoro è nullo se il compenso pattuito non è adeguato al sacrificio richiesto e se non è determinato al momento della pattuizione
Lo ha affermato il Tribunale di Perugia, sez. lavoro, nella sentenza n. 369 del 10 Ottobre 2018 ricordando che l'art. 2125 c.c prevede che "il patto con il quale si limita lo svolgimento dell'attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo."
Nel caso specifico ha affermato la nullità di un patto di non concorrenza post contrattuale che prevedeva :
Il compenso per il patto era dunque collegato all'anzianità del lavoratore e pertanto non rispondeva al requisito di determinabilità imposto dagli artt. 1346 e 2125 c.c.. La determinabilità della prestazione, ha affermato il giudice, "va infatti valutato ex ante, dovendo, peraltro, risultare congruo rispetto al sacrificio imposto al lavoratore. Risulta, invece, indeterminabile un corrispettivo legato essenzialmente alla durata del rapporto lavorativo e, quindi, ad una variabile incerta e indeterminabile al momento della stipulazione del patto". Viene anche condivisa una sentenza del tribunale di Milano che ribadiva lo stesso principio per cui la " variabile legata alla durata del rapporto di lavoro conferisce al patto un inammissibile elemento di aleatorietà e indeterminatezza e (...) finisce di fatto per attribuire a tale corrispettivo la funzione di premiare la fedeltà del lavoratore, anziché di compensarlo per il sacrificio derivante dalla stipulazione del patto" .
Per approfondire scarica il commento completo con il testo integrale della sentenza "Patto di non concorrenza nullo" di R. Staiano.