News Pubblicata il 04/09/2018

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Terzo settore: divieto di interpello preventivo

La distribuzione indiretta degli utili non può essere oggetto di interpello disapplicativo.



Tra gli elementi identificativi di un ente del terzo settore vi è, oltre all’assenza dello scopo di lucro, il vincolo di destinazione del patrimonio alle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. L’inosservanza di tali vincoli comporta la cancellazione dell’ente dal Registro unico del terzo settore e di conseguenza la perdita dei rispettivi benefici anche di carattere fiscale, nonché l’emissione di sanzioni amministrative in capo agli amministratori degli enti stessi.

Lo statuto del contribuente prevede la possibilità di presentare un’istanza preventiva e obbligatoria (interpello disapplicativo) con la quale si richiede all’Amministrazione finanziaria la disapplicazione di una norma antielusiva che, in linea di principio, trova applicazione in riferimento alla fattispecie prospettata, limitando deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, ecc. Per poter vedere accolta la propria istanza è necessario che il contribuente provi che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare.

La nuova disciplina che regola il terzo settore assume rilevanza generale all’interno dell’ordinamento (articolo 8, comma 3 del Dlgs 117/2017 e articolo 3, comma 2 del Dlgs 112/2017) e non è più limitata ad una mera efficacia fiscale come norme antielusive di tipo sostanziale; la situazione è tuttavia differente se si parla invece di Onlus (Risoluzione 294/2002 e circolare 59/2007).

Per quanto riguarda quindi gli enti del terzo settore, incluse le imprese sociali, non sarà più possibile rivolgere alle amministrazioni di competenza istanze disapplicative che riguardino presunzioni assolute, come quella in esame. Non sarà possibile richiedere la disapplicazione delle norme che statuiscono il divieto di distribuzione di utili, fondi e riserve patrimoniali o avanzi di gestione, neanche in forma indiretta.

Qualora vengano intraprese nuove strade che di fatto permettano “fattispecie atipiche di distribuzione”, come previsto nella relazione illustrativa che accompagna la nuova disciplina del terzo settore, sarà onere degli uffici addetti al controllo provare l’intento elusivo.

Restano tuttavia ancora delle fattispecie di dubbia interpretazione sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, soprattutto in quei casi in cui la disciplina dell’ente del terzo settore fa uno specifico rinvio a quanto disciplinato per le Onlus, come ad esempio nel caso in cui vengano pagati corrispettivi superiori al valore normale previsto per le stesse cessioni di beni o prestazioni di servizi in ragione di “validi motivi economici”.  Situazioni analoghe si presenteranno in caso di compensi erogati agli amministratori in misura superiore rispetto alla media dei compensi erogati da altri enti per mansioni analoghe oppure qualora l’attività svolta per determinate cariche sociali risulti esigua rispetto all’emolumento erogato.

Fonte: Il Sole 24 Ore



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