La Corte dei Conti all’inizio della delibera che approva la relazione sull’e-commerce (Deliberazione del 24 maggio 2018, n. 8/2018/G ) prima di affrontare le problematiche dell’economia digitale fa una sintesi dei profili fiscali dell’e-commerce, mettendo in evidenza la riduttività della definizione stessa di commercio elettronico, quale tipologia di transazioni volte allo scambio di beni o servizi attraverso una rete elettronica, rispetto al complesso processo determinato dallo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che hanno modificato e migliorato i processi produttivi, innovando l’economia nei principali settori.
L’ampia definizione di e-commerce fa emergere:
Il world-wide taxation principle, per cui il contribuente è assoggettato a imposizione per tutti i suoi redditi, ovunque prodotti, nello Stato di residenza, e il principle of source, in virtù del quale il soggetto non residente è assoggettato a imposizione in relazione al luogo in cui i redditi sono prodotti, sono principi che non sono più adatti a comprendere il fenomeno dell’e-commerce, fenomeno mondiale che richiede che l’amministrazione finanziaria partecipi e collabori alle iniziative internazionali promosse sia dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) che dall’Unione europea.
Qualcosa è stato fatto ma non è sufficiente, tra i principali progetti per la lotta all’evasione ed elusione internazionale, si ricorda il Beps - Base erosion and profit shifting - finalizzato a contrastare le politiche di pianificazione fiscale aggressiva, per evitare lo spostamento di base imponibile dai Paesi ad alta fiscalità verso altri con pressione fiscale bassa o nulla stabilendo regole uniche e trasparenti condivise a livello internazionale.
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