News Pubblicata il 10/04/2018

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Conversione contratto a termine e indennità

Le sanzioni in caso di conversione a tempo indeterminato di un rapporto di lavoro a termine: Sentenza di Cassazione lavoro n. 7416 del 26.3.2018



Nel caso di conversione a tempo indeterminato di un rapporto originariamente a termine, la sanzione  per il datore di lavoro consiste nella conversione  ad un rapporto privo di limitazioni temporali e l'indennità risarcitoria completa in sostanza - con una previsione indubbiamente conforme ai principi costituzionali - tale sanzione secondo modalità che disciplinano, secondo criteri di equità e di equilibrio tra contrapposti interessi, la sua complessiva entità. Questo quanto affermato ldalla Cassazione civile sezione lavoro nella recente sentenza n. 7416 del 26 marzo 2018.

Va chiarito che nel caso di specie non è applicabile l'ulteriore disciplina sopravvenuta costituita dall’art. 28, commi 2 e 3 del d.lgs. 81/2015 , che ha ridisegnato le conseguenze risarcitorie derivanti dall'illegittima apposizione del termine, in termini innovativi quantomeno con riferimento alla retribuzione da assumere quale base di calcolo per l'indennità ed alle tipologie di accordi collettivi . Si applica, invece , l’art. 32 della l. 183/2010, i cui commi 5 e 6 hanno dettato i criteri per la liquidazione del danno da illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro.

IL CASO

La Corte di appello, in riforma di una  sentenza favorevole del Tribunale, aveva condannato l'azienda al pagamento in favore della lavoratrice di una indennità pari a 4 mensilità della retribuzione globale di fatto.

A fondamento della propria decisione, la Corte ha osservato che:

L’azienda propone ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi:
1) l’azienda denuncia la violazione dell'art. 3 L. n. 368/2001, il quale prevede che non sia ammessa la stipula di contratti a termine senza una previa valutazione dei rischi e quindi si tratta di un caso diverso da quello in cui il Giudice giudica illegittima o nulla l'apposizione del termine;
2) l’azienda denuncia la violazione dell'art. 32 L. n. 183/2010, la quale realizza una disparità di trattamento perché limita il risarcimento spettante ai lavoratori illegittimamente assunti a termine rispetto a quanto previsto in via generale per i lavoratori a tempo indeterminato;
3) l’azienda denuncia la violazione dell'art. 47 del Trattato di Lisbona, dell'art. 47 della Carta dei diritti Ue, e dell'art. 6 Cedu, in quanto l'art. 32 L. n. 183/2010 avvantaggia il datore di lavoro invogliandolo ad allungare i tempi del processo posto che l'indennità prevista non è correlata a tali tempi e si chiede che la Corte disponga il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in ordine ai punti indicati al motivo.
I giudici della Cassazione hanno rigettato il ricorso, per i seguenti motivi:

1) la disposizione dell'art. 32 della L. 183/2010 è già stata esaminata  quanto alla sua compatibilità con l'ordinamento sovranazionale sia dalla giurisprudenza costituzionale che da quella di legittimità ed hanno sottolineato come nel caso di conversione di un rapporto a termine con nullità del termine la sanzione sia costituita

I giudici affermano che tali sanzioni (conversione e risarcimento forfettario) senza dubbio tali sanzioni hanno  un carattere di deterrenza nei confronti degli abusi nel ricorso al contratto a termine e che quindi realizzino gli scopi della direttiva senza alcun pregiudizio discriminatorio per i lavoratori già a termine che ottengono in primis il bene della vita rivendicato in giudizio e cioè la conversione del rapporto. Va da ultimo osservato che non esiste nessuna Carta europea dei diritti dell'uomo e che, se invece ci si voleva riferire all'art. 30 della Carta dei diritti Ue, tale norma si riferisce ai licenziamenti ingiustificati;

2) l'indennità prevista dall'art. 32 della L. 183/2010 copre pacificamente il c.d. periodo intermedio (tra la scadenza del termine e la sentenza di conversione) con una liquidazione forfettaria .
 

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Fonte: Fisco e Tasse



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