La collaborazione occasionale tra professionisti, dovuta da una situazione eccezionale, non rappresenta un presupposto utile a fondare la pretesa dello Stato al conseguimento dell’IRAP.
A dirlo è la Cassazione che con sentenza del 14 luglio 2017 n.17463, ha accolto il ricorso di una professionista che per motivi eccezionali, che non erano stati presi in considerazioni nelle pronunce precedenti a quella di legittimità, si è avvalsa per un breve periodo della collaborazione di una collega per lo svolgimento della propria attività.
Il caso sottoposto al giudizio della Corte ha inizio nel 2004 quando, a seguito della nascita del figlio, la professionista ricorrente decise di avvalersi, per un breve periodo, della prestazione professionale di una collega cui corrispose solo per il 2005 una somma pari a € 3.500.
A seguito dell’analisi dei motivi presentati dalla professionista, a sostegno del suo ricorso, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo che la professionista non fosse tenuta al pagamento dell’IRAP per la prestazione che la collaboratrice le aveva fornito, dato che: “…la prestazione professionale del terzo è stata svolta per far fronte ad una situazione eccezionale, circoscritta ad un periodo di tempo limitato…”.
Non dimentichiamo, che la Corte, nel marzo dell’anno in corso con la sentenza n. 7253, aveva chiarito quali fossero i presupposti in funzione dei quali il professionista, che si avvalga della collaborazione di altri, fosse tenuto al pagamento dell’imposta sulle attività produttive (IRAP). Secondo il parere della Cassazione: “..Ai fini dell’assoggettabilità ad IRAP, non è sufficiente che il professionista si avvalga di una struttura organizzata, occorrendo anche che questa struttura sia “autonoma”, ossia faccia capo al professionista medesimo, non solo ai fini operativi, ma anche sotto i profili organizzativi…”.
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