Chiaqrimenti dell'Agenzia delle Entrate con Risoluzione del 25 luglio 2017 n. 97, sull'eventuale abusività ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, delle operazioni di scissione parziale proporzionale a favore di una beneficiaria neocostituita (assegnataria del solo ramo immobiliare) e di successiva cessione di tutte le partecipazioni della scissa, rimasta titolare, all'esito della scissione, del solo ramo operativo, da parte dei relativi soci (due persone fisiche non imprenditori - titolari entrambi di una partecipazione c.d. qualificata ai sensi dell'articolo 67 del TUIR - e una società di capitali (società per azioni) il cui capitale sociale è ripartito sostanzialmente tra le stesse persone fisiche).
In primo luogo, l'Agenzia ricorda quali sono i presupposti affinché un'operazione possa essere considerata abusiva, ovvero, secondo il disposto del comma 1 dell'articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, e successive modificazioni, recante la "Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale", l'Amministrazione Finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:
L'assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell'abuso determina un giudizio di assenza di abusività.
Ciò premesso, l’Agenzia precisa che il primo elemento da valutare per la verifica dell’eventuale abusività dell’operazione è la sussistenza o meno dell’indebito vantaggio fiscale. Qualora quest’ultimo non dovesse essere dimostrato, l’indagine di antiabusività deve ritenersi terminata.
In relazione alle imposte dirette, l'Agenzia afferma che in un’operazione di scissione parziale proporzionale (come quella prospettata dalla società istante), finalizzata alla creazione di una o più società destinate ad accogliere i rami operativi dell’azienda da far circolare, successivamente, sotto forma di partecipazioni da parte dei soci persone fisiche “non si rinviene l’esistenza di un indebito vantaggio fiscale riconducibile alle fattispecie di abuso del diritto (…)”.
Pertanto, non può imporsi ad una persona fisica interessata alla monetizzazione dell'azienda (o di un ramo di essa), di cui è titolare una società dalla stessa partecipata, di far circolare l'azienda (o un ramo di essa) esclusivamente attraverso la sua cessione c.d. diretta da parte della società partecipata, con un aggravio fiscale relativo alla doppia imposizione che incide, una volta, in capo all'ente societario (sulla plusvalenza da cessione) e, un'altra volta, in capo alla persona fisica-socio (sulla distribuzione degli utili afferenti a detta cessione).
Nel caso di specie, dunque, la rappresentata cessione post scissione della totalità delle partecipazioni della società istante (rimasta titolare dell'azienda relativa al solo ramo operativo) da parte del socio-società e dei soci-persone fisiche non imprenditori, non integra alcun "indebito risparmio d'imposta", comportando in capo alla prima, il realizzo di una plusvalenza esente ai sensi dell'articolo 87 del TUIR (ricorrendone i presupposti di legge) e, in capo ai secondi, un capital gain da partecipazione qualificata (essendo le partecipazioni al capitale sociale in esame di entrambi i soci superiori al 25%) che sarà, di fatto, "azzerato" a seguito della prospettata adesione alla rivalutazione delle partecipazioni da essi detenute (ante operazione di scissione).
Resta inteso che, affinché non siano ravvisabili profili di abuso del diritto, la scissione deve caratterizzarsi come un'operazione di riorganizzazione aziendale finalizzata all'effettiva continuazione dell'attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante. Inoltre, non deve trattarsi di società sostanzialmente costituite solo da liquidità, intangibles o immobili, bensì di società che esercitano prevalentemente attività commerciali ai sensi dell'art. 87, comma 1, lettera d), del TUIR.
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