La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che, (sentenza Cass. n. 19939/2012), "ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere "ipso iure et facto", se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti, essendo sufficiente che i singoli edifici, abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell'ambito di applicazione dell'art. 1117 c.c., (quali, ad esempio, il viale (...) l'impianto centrale per il riscaldamento, i locali per la portineria, l'alloggio del portiere), in quanto collegati da un vincolo di accessorietà necessaria a ciascuno degli stabili, spettando, di conseguenza, a ciascuno dei condomini dei singoli fabbricati la titolarità pro quota su tali parti comuni e l'obbligo di corrispondere gli oneri condominiali relativi alla loro manutenzione (vedi anche (Cassazione civile, sez. II, 31/01/2008, n. 2305).
Si tratta infatti di una fattispecie legale, in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale (...) accesso, le zone verdi, l'impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione".
A ribadire questo principio è stato il Tribunale di Ascoli Piceno con la sentenza 657/2016, che ha dato torto ad uno dei condòmini il quale, avendo da poco ereditato l’immobile, non accettava l’idea di far parte di un “condominio complesso” e, di conseguenza, di dover contribuire alle relative spese.
La controversia era sorta perché con una delibera condominiale era stato approvato il consuntivo per gli anni precedenti e le tabelle millesimali, nonché disposto in merito ad opere e lavori da effettuarsi sul condominio stesso (un complesso immobiliare risalente al XVI sec. composto da diversi edifici).
Infine la Suprema Corte ha poi precisato che "deve considerarsi bene comune anche il sottosuolo del condominio, in quanto rientrano tra la nozione di bene comune non solo quei beni espressamente indicati nell'art. 1117 c.c. ma anche tutti quei beni assimilabili a quelli espressamente indicati, in relazione alla loro destinazione al comune gradimento o al servizio della proprietà esclusiva" (Cassazione civile, sez. II, 16/01/2013, n. 946).
Per approfondire le novità introdotte dalla riforma del condominio, ti segnaliamo il Pacchetto Condominio (E-book) News e risposte a quesiti contenente 4 utili ebook in pdf: