News Pubblicata il 17/08/2016

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Rinuncia ai compensi: la Cassazione conferma la tassazione

Sono tassati i compensi a cui i soci rinunciano perché paragonabili a una modalità di patrimonializzare la società e pertanto incrementano il costo fiscale della partecipazione del socio.



Con la sentenza n.1335, depositata il 26 gennaio 2016, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sulla tassazione legata alla rinuncia di crediti da parte dei soci.

In particolare la sentenza riguarda due soci amministratori di S.R.L che avevano rinunciato al trattamento di fine mandato; e a cui l’Agenzia aveva notificato un avviso di accertamento con la ripresa dei redditi IRPEF relativamente all’importo a cui avevano rinunciato. È il cd. “incasso giuridico” consistente nella presunzione che le somme che si devono incassare a cui si rinuncia, sono paragonate alla patrimonializzazione della società e pertanto devono:

Secondo i giudici la rinuncia al credito di un socio rappresenta la volontà di patrimonializzare la società e quindi non è equiparabile alla remissione di un debito da parte di un estraneo alla compagine sociale.

La scelta della Suprema Corte si basa sul principio per cui la rinuncia al compenso da parte del socio  amministratore è assimilabile alla patrimonializzazione della società con conseguente tassazione dell’incremento del costo fiscale della partecipazione detenuta dal socio, da cui deriva la necessità di applicare le imposte sulla rinuncia.

Questa sentenza è in linea con l’orientamento sia dall’Agenzia delle Entrate che dalla stessa Suprema Corte. In particolare i riferimenti sono:

Fonte: Il Sole 24 Ore



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