Fino all’entrata in vigore del decreto ministeriale 17 giugno 2014 (“Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto"), coloro che provvedevano alla digitalizzazione documentale e alla conservazione sostitutiva dei documenti informatici rilevanti ai fini fiscali avevano l’obbligo di inviare l’impronta dell’archivio informatico con le modalità previste dall’articolo 5 del Dm 23 gennaio 2004. Lo scopo era fornire data certa ai documenti ed alle firme apposte, eliminando il problema legato alla scadenza dei certificati di firma digitale. Il Dm 17 giugno 2014 ha poi abrogato il Dm 23 gennaio 2004, stabilendo però che “Le disposizioni di cui al decreto 23 gennaio 2004 continuano ad applicarsi ai documenti già conservati al momento dell’entrata in vigore del presente decreto”. Ciò però era stato previsto solo per “estendere la validità dei documenti informatici”, esigenza poi superata dai Dpcm 30 marzo 2009 e 22 febbraio 2013, in base ai quali “tutte le marche temporali emesse da un sistema di validazione sono conservate in un apposito archivio digitale non modificabile per un periodo non inferiore a venti anni ovvero, su richiesta dell’interessato, per un periodo maggiore”, per cui l'obbligo non ha più ragion d'essere neanche per estendere la validità dei documenti informatici conservati prima dell’entrata in vigore del Dm 17 giugno 2014. L'Agenzia delle Entrate, pertanto, nella Risoluzione n. 4/E pubblicata ieri 19 gennaio 2014, ha precisato che l'obbligo di invio dell’impronta dell’archivio informatico deve intendersi del tutto abrogato.
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