La sentenza della Corte di Cassazione civ., sez. lav., 1 luglio 2013, n. 16452 ha previsto che la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Infatti, ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure di allegare la novicità dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, senza che occorra, in mancanza di qualsivoglia disposizione in tal senso, anche la indicazione delle norme antinfortunistiche violate o delle misure non adottate, mentre, quando il lavoratore abbia provato quelle circostanze, grava sul datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno. Gravando, quindi, sul datore di lavoro - una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze - l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo, coerentemente la Corte del merito, nel caso di specie, nel confermare la decisione di primo grado con riguardo alla responsabilità datoriale, ha rilevato, richiamando peraltro la relazione dell'Ispettore dell'ASL, confermata in sede di escussione testimoniale, la violazione delle prescrizioni poste dall'art. 33 del D. Lgs. 626/1994, oggi abrogato dal D. Lgs. 81/2008 e successive modifiche, riguardanti la collocazione e la segnalazione delle vie di circolazione dei pedoni e dei veicoli. Ha ritenuto, pertanto, raggiunta la prova della inadeguatezza degli strumenti di prevenzione predisposti dal datore di lavoro