La sentenza di Cassazione civile del 14 giugno 2013, n. 15010 ribadisce che con riguardo allo " ius variandi" del datore di lavoro, il divieto di variazioni "in peius" opera anche quando al lavoratore, pur nella formale equivalenza tra vecchie e nuove mansioni, siano assegnate di fatto mansioni inferiori, sicché nell'indagine circa tale equivalenza non è sufficiente il riferimento in astratto al livello di categoria ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito e garantendo l'accrescimento delle sue capacità professionali. A tal fine l'indagine del giudice di merito deve verificare i contenuti concreti dei compiti precedenti e di quelli nuovi onde formulare il giudizio di equivalenza, da fondare sul complesso della contrattazione collettiva e delle determinazioni aziendali. In particolare, le nuove mansioni possono considerarsi equivalenti alle ultime effettivamente svolte soltanto ove risulti tutelato il patrimonio professionale del lavoratore, anche nel senso che la nuova collocazione gli consenta di utilizzare, ed anzi di arricchire, il patrimonio professionale acquisito con lo svolgimento della precedente attività lavorativa, in una prospettiva dinamica di valorizzazione della capacità di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze.