Attualità Pubblicato il 23/05/2024

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Naspi anticipata: per la Consulta la restituzione può essere parziale

di Redazione Fisco e Tasse

La corte costituzionale dichiara illegittimo l'obbligo di restituzione totale della Naspi anticipata per l'avvio di una attività di impresa. Vediamo in quale caso



Con la sentenza n. 90 depositata il 20 maggio 2024 la Corte Costituzionale  ha affermato  l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015,  che riguarda  l'obbligo di restituzione dell'importo complessivo di NASPI erogato in forma anticipata  quando il lavoratore si occupa con lavoro subordinato entro il periodo  di spettanza dell'indennità. 

Secondo i giudici delle leggi è da correggere la parte che non considera  il caso in cui i lavoratori siano costretti  a occuparsi nuovamente come dipendenti,  per cause di forza maggiore

Ecco il caso specifico oggetto di analisi e le conclusioni.

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Naspi anticipata per attività di impresa e chiusura per forza maggiore

 Con ordinanza del 6 dicembre 2022, il Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 ( riguardante "Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati"), nella parte in cui prevede, senza possibilità di valutare il caso concreto, l’obbligo di restituire l’intera anticipazione della Nuova assicurazione sociale per l’impiego  se il beneficiario stipuli un contratto di lavoro subordinato entro il termine di scadenza del periodo per cui l’indennità è riconosciuta.

Il caso riguardava un lavoratore che a seguito del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e del conseguente stato di disoccupazione involontaria,  aveva domandato la liquidazione anticipata dell’indennità NA-SpI, a lui spettante fino al 28 maggio 2021, al fine di intraprendere l’attività imprenditoriale di esercizio commerciale (un bar). La domanda veniva accolta, in data 23 settembre 2019, e gli importi, che sarebbero spettati con cadenza mensile, gli venivano versati in una unica soluzione.

Il giudice del lavoro  chiariva che  dalla dichiarazione dei redditi per l’anno 2019 e per l’anno 2020 del lavoratore era risultata la mancanza di redditi conseguente alla chiusura del bar stabilita dalla decretazione d’urgenza a causa della pandemia da COVID-19 esplosa nell’anno 2020. 

Per tale ragione il ricorrente aveva deciso di non proseguire l’attività di impresa e iniziato, in data 15 febbraio 2021, un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. L’azienda era stata ceduta in data 30 aprile 2021, per un corrispettivo molto inferiore a quello pagato inizialmente per rilevarla (quasi un decimo del prezzo di acquisto).

Avendo il lavoratore costituito il rapporto di lavoro subordinato (il 15 febbraio 2021) prima che spirasse il termine coperto dalla NASpI (28 maggio 2021), l’INPS gli chiedeva la restituzione dell’intero importo erogato a titolo di  NASPI anticipata, pari a 19.796,90 euro.

Il lavoratore, pertanto, proponeva opposizione  e l'Inps si costituiva affermando che la propria pretesa era fondata sull’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015.

L'Avvocatura dello stato sottolineava che l'istituto non ha modo di valutare effettivamente le motivazioni della mancata prosecuzione dell'attività e di escludere eventuali casi di elusione 

Nella motivazione della richiesta di pronuncia il  giudice  rimettente precisa che effettivamente la norma prevede  che  la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato durante il periodo al quale si riferisce la NASpI, percepita in forma anticipata  comporta l’obbligo restitutorio dell’intera somma

Infatti, nel caso di specie  l’inizio del rapporto di lavoro si colloca al 15 febbraio 2021, ovvero nel periodo coperto dall’indennità di disoccupazione, la cui spettanza si sarebbe protratta fino al 28 maggio 2021.

Viene anche ricordato che con la sentenza n. 194 del 2021, successivamente confermati dalla sentenza n. 38 del 2024, la Consulta si era già espressa sulla non rilevanza della questione costituzionale   in un caso in cui un lavoratore aveva ripreso un lavoro subordinato a causa dei risultati negativi dell'attività intrapresa 

Si riconosce infatti che il rischio di impresa è insito nella finalità stessa dell’incentivo all’autoimprenditorialità, stante che al lavoratore è lasciata la scelta di beneficiare dell’indennità della NASpI, in un’unica soluzione e nell’importo complessivo del trattamento che gli spetta, in luogo dell’erogazione periodica. 

Obbligo di restituzione parziale della Naspi in caso di ripresa del lavoro subordinato

Nella considerazioni la consulta concorda con  quanto illustrato dal giudice di Torino  rispetto alla ipotesi particolare in cui il percettore dell’anticipazione dell’indennità, dopo aver intrapreso e svolto per un significativo periodo di tempo l’attività imprenditoriale, non possa proseguirla per cause sopravvenute e imprevedibili, a lui non imputabili, e costituisca un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo della NASpI. 

Si evidenzia infatti che per un verso , qualora l’attività imprenditoriale sia stata effettivamente iniziata e proseguita per un apprezzabile periodo di tempo, grazie all’utilizzo dell’incentivo all’autoimprenditorialità, la finalità antielusiva risulta esaurita, in quanto pienamente realizzata, e quindi non si tratta di una situazione in cui possa esserci «mancanza di effettività e di autenticità dell’attività di lavoro autonomo o di impresa» (come indicato nella sentenza n. 194 del 2021).

Per altro verso, non può essere priva di rilevanza la circostanza che il percettore dell’anticipazione si sia trovato nella situazione di non poter proseguire l’attività imprenditoriale per una causa  di forza maggiore , come  nel caso delle  misure di contrasto della pandemia da COVID-19 e relative chiusure o restrizioni per gli esercizi pubbli-ci, solo alleviate da sostegni e provvidenze,  . Ugualmente vengono citati anche  eventi naturali o fenomeni atmosferici estremi o finanche fatti dell’uomo (come in caso di devastazione dolosa ad opera della criminalità), ma tutti non imputabili al percettore dell’incentivo.

 In definitiva,  afferma la Corte "senza la necessaria parametrazione dell’obbligo restitutorio nelle indicate evenienze particolari, la disposizione censurata vìola i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, di cui all’art. 3 Cost."

Non solo : la questione di legittimità costituzionale è fondata anche in riferimento alla  violazione dell’art. 4, primo comma, Cost. che riguarda  il diritto al lavoro, dal momento che ai percettori dell’indennità anticipata, che senza colpa abbiano rinunciato a proseguire l’attività imprenditoriale, è sostanzialmente preclusa la possibilità di costituzione di un rapporto di lavoro subordinato per tutto il successivo periodo in cui sarebbe dovuta la NASpI.

Salvo occasioni di lavoro autonomo, il lavoratore, per non essere obbligato a restituire integralmente l’anticipazione, dovrebbe rimanere inattivo e attendere – senza lavorare, appunto – la scadenza del periodo per il quale è stata concessa l’anticipazione; ciò che potrebbe finanche privarlo dei mezzi di sussistenza.

La consulta conclude  dunque   dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015, nella parte in cui non limita l’obbligo restitutorio dell’anticipazione della NASpI nella misura corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato, quando il lavoratore non possa proseguire, per causa sopravvenuta a lui non imputabile, l’attività di impresa per la quale l’anticipazione gli è stata erogata. 

Suggerisce inoltre che il  rimedio appropriato a tale violazione consiste nel prevedere, da parte del legislatore,  dei criteri di flessibilità che permettano di adeguare la  restituzione della somma  al caso concreto.




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