È ormai risaputo anche dai più come il concordato preventivo biennale, inserito nell’ordinamento italiano dall’articolo 19 del Decreto Legislativo 13/2024, si configuri come un accordo tra contribuente e amministrazione fiscale, al fine di concordare preventivamente le imposte dirette dovute nel biennio.
Nelle intenzioni del legislatore anche i contributi previdenziali dovuti dal contribuente dovrebbero seguire il reddito concordato, in quanto di norma sono calcolati sul reddito imponibile.
Se, per quanto riguarda i contributi dovuti all’INPS, la questione può considerarsi pacifica, dato che la gestione dell’ente è statale, lo stesso non può dirsi per i contributi previdenziali dovuti dai professioni alle casse di previdenza private, le quali potrebbero non vedere positivamente una contrazione dei versamenti da parte dei propri iscritti.
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Non è un caso che i Presidenti delle casse di previdenza private aderenti ad AdEPP abbiano dichiarato che “ritengono non applicabile alle casse la disposizione contenuta nell’articolo 30 del Decreto 13/2024, fermo restando la possibilità per ogni singolo ente di assumere una propria e autonoma decisione in merito”.
L’idea di un concordato preventivo per le imposte dirette e i contributi previdenziali non è una idea nuova: molti lettori ricorderanno ancora come sia già stato promulgato uno strumento analogo nel 2003; in quell’occasione le casse di previdenza private hanno portato avanti una battaglia legale per rivendicare la loro autonomia gestionale, partendo appunto dal principio che una norma del genere avrebbe potuto risultare lesiva dell’autonomia gestionale, organizzativa e contabile delle casse private.
Va ricordato che quella battaglia legale, portata avanti dalle casse previdenziali private, alla fine è stata da loro vinta, per cui non è difficile immaginare come, in una situazione nuova ma analoga, come questa, possa essere applicato il medesimo principio.
E proprio in conseguenza di ciò i Presidenti delle casse di previdenza private aderenti ad AdEPP, tra le quali, si ricorda, spiccano le casse previdenza dei commercialisti, dei notai e degli avvocati, nei giorni scorsi hanno puntualizzato che il concordato preventivo non sarà esteso automaticamente alle casse private dei professionisti, i quali, in conseguenza di ciò, continueranno a versare i contributi previdenziali sul reddito effettivamente conseguito. Ferma restando la possibilità, per le singole casse previdenziali, di scegliere diversamente, sempre in rispetto della loro autonomia.
Infatti Stefano Distilli, presidente della Cassa Dottori Commercialisti, ha affermato che “per il calcolo della contribuzione dovuta, è necessario continuare a far riferimento al reddito prodotto; e non a quello oggetto di concordato fiscale”, come riportato da ItaliaOggi.
Il chiarimento relativo ai contributi previdenziali dovuti dai professionisti costituisce un ulteriore tassello per meglio inquadrare, nel suo complesso, l’istituto del concordato preventivo biennale, a pochi mesi dalla suo primo possibile utilizzo; e, al tempo stesso, rappresenta una ulteriore tegola che cade sulla convenienza di uno strumento che risulta sofferente di scarso appeal e che potrebbe seguire una parabola simile a quella del suo predecessore.