Con la sentenza n. 24950/2024 la Corte di Cassazione ha fornito una importante interpretazione sul diritto di accesso all'anticipo pensionistico con APE sociale affermando che il diritto va garantito anche a chi non abbia mai fruito dell'indennità di disoccupazione Naspi. Vediamo il caso piu in dettaglio.
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Una lavoratrice disoccupata aveva fatto ricorso contro il rigetto da parte di Inps della propria richiesta di APE Sociale.
In primo grado, con sentenza del 1 luglio 2021, il tribunale ha riconosciuto il diritto della lavoratrice all'APE sociale, considerando che lo stato di disoccupazione fosse sufficiente, senza la necessità di avere precedentemente beneficiato interamente anche dell'indennità di disoccupazione.
Si ricorda che la lettera a), l'articolo 1, comma 179, della legge n. 232/2016 garantisce il diritto a "coloro che si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei trentasei mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno diciotto mesi, hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni”.
Successivamente la Corte d'Appello di Firenze, con sentenza del 7 giugno 2022 ha confermato la decisione del tribunale di primo grado, ribadendo che l'articolo 1, comma 179, della legge n. 232/2016 non prevede come requisito essenziale per l'accesso all'APE sociale l'aver percepito l'indennità di disoccupazione.
L'unico requisito richiesto è lo stato di disoccupazione, e il completamento della fruizione dell'indennità di disoccupazione citato nella norma è rilevante solo per la continuità tra disoccupazione e APE sociale.
L'INPS ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la sentenza della Corte d'Appello avesse erroneamente concesso l'APE sociale in assenza della percezione dell'indennità di disoccupazione.
Tuttavia, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che una lettura "letterale e logica della norma" (larticolo 1, comma 179, della legge n. 232/2016) non impone la fruizione dell'indennità di disoccupazione come requisito per l'accesso all'APE sociale ma la norma prevede solo che, nel caso in cui il lavoratore abbia percepito l'indennità, questa debba essere conclusa prima dell'accesso all'APE. Nella pronuncia si afferma infatti che : "la norma non collega l’APE all’indennità di
disoccupazione anche perché, se ciò avesse voluto fare, avrebbe posto in continuità le due prestazioni, laddove invece impone una cesura tra le stesse. Invero, proprio il richiamo alla cessazione della fruizione dell’indennità di disoccupazione evidenzia - alla base dell’intervento previdenziale di sostegno- uno stato di bisogno della persona, che evidentemente il legislatore ritiene meritevole della tutela e della protezione con la prestazione in discorso. Ciò tanto più in considerazione che il soggetto beneficiario maggiormente della tutela in discorso è proprio il soggetto che non ha fruito neppure dell’indennità di disoccupazione".
La Suprema Corte ha quindi rigettato il ricorso dell'INPS, confermando il diritto della lavoratrice all'APE sociale senza la necessità di aver beneficiato della NASPI.
La Cassazione ha inoltre compensato le spese processuali, in considerazione della novità della questione interpretativa.