La trasferta presuppone che al lavoratore venga temporaneamente richiesto di prestare la propria opera in un luogo diverso da quello in cui deve abitualmente eseguirla ( si tratta della sede indicata nel contratto di lavoro quale luogo normale di svolgimento dell’attività lavorativa) anche all'estero.
A tale richiesta il lavoratore in genere è tenuto a adeguarsi.
Ai fini del configurarsi della trasferta del lavoratore, è necessaria la permanenza di un legame del prestatore con l'originario luogo di lavoro.
Sono invece irrilevanti :
L’inizio della trasferta deve essere comunicata preventivamente all’Inail.
La giurisprudenza prevalente indica che si deve parlare di trasferimento e non di trasferta quando il provvedimento di trasferimento momentaneo del lavoratore/ collaboratore/amministratore non indichi la data di rientro ovvero di termine della trasferta.
La disciplina collettiva attribuisce al lavoratore una indennità che in alcuni casi ha natura retributiva, in altri risarcitoria (o di rimborso spese), o, infine, natura “mista”. La differenza tra la natura retributiva o risarcitoria dell’indennità di trasferta non è di poco conto, dal momento che la legge - art. 51, c. 5 e 6 del D.P.R. n. 917/86 - prevede un diverso trattamento fiscale e contributivo da applicare alle somme corrisposte ai lavoratori inviati in trasferta, a seconda che si tratti di compensi o rimborsi spese.
La Cassazione a Sezioni Unite ha anche affermato la retroattività di questa interpretazione.
In tema di divieto di trasferimento vedi "Trasferimento : firma e accettazione"
Sul trattamento fiscale dei compensi-rimborsi spese di trasferta vedi l'e book "I fringe benefits a dipendenti e amministratori"
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