La risposta a questa domanda la troviamo in un ebook di recente pubblicazione dal titolo Disciplina del sequestro e confisca nei reati tributari, 170 pag. in pdf.
Nel nostro ordinamento la Confisca è prevista dall’art. 240 del c.p. il quale, per quanto di interesse in questa sede, stabilisce che (c. 1): «Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto» e (c. 2), «È sempre ordinata la confisca: 1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato» con la precisazione (c. 3), che tali disposizioni non si applicano se le cose o i beni de quo appartengono a persona estranea al reato. Tale misura consiste quindi nel potere dello Stato di acquisire in modo coattivo e in via definitiva le cose mobili o immobili di per sé pericolose (in quanto servirono o furono destinate a commettere il reato) o che, in ogni caso, derivano dal reato (in quanto ne sono il prodotto o il profitto, anche sotto forma di prezzo), non potendo un fatto di rilievo penale costituire titolo o fonte legittima di acquisto della proprietà.
In merito si ricorda che: «Il prodotto rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato».
Richiamando tale pronuncia, recentemente la S.C., ha affermato che, volendo schematizzare:
La confisca puo' essere diretta o equivalente.
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