Per rispondere alla domanda prendiamo come riferimento un caso pratico, tratto dall’e-Book Il rischio penale nei Bonus edilizi che affronta la questione.
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La ditta appaltatrice, con la complicità del tecnico asseveratore, emette fatture per prestazioni mai eseguite nei confronti di un “ignaro committente”. La ditta appaltatrice sconta totalmente il costo della fattura e successivamente cede il credito “maturato” ad un istituto finanziario. Successivamente alla monetizzazione, la ditta appaltatrice e il tecnico asseveratore dividono tra di loro il corrispettivo della monetizzazione.
Nei confronti della ditta appaltatrice sarà ascrivibile il reato di cui all’art. 640 bis c.p. (“Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”, reclusione da due a sette anni).
Nei confronti del tecnico asseveratore sarà ascrivibile una responsabilità penale a titolo di concorso - ex art. 110 c.p. - nel reato di truffa aggravata, consumato dalla ditta appaltatrice.
L’autorità giudiziaria potrà emettere un decreto di sequestro preventivo (eventualmente nella forma per equivalente) per un importo pari al corrispettivo monetizzato dall’istituto di credito (corrispondente al profitto del reato), eseguibile per l’intero sia nei confronti della ditta appaltatrice che del tecnico asseveratore.
Non si ritiene ascrivibile al committente una responsabilità penale a titolo di concorso nel reato posto in essere dalla ditta appaltatrice in quanto, in capo allo stesso, non è rinvenibile un coefficiente di rimproverabilità nemmeno a titolo di colpa.
Questo articolo è un estratto dall'e-Book: Il rischio penale nei Bonus edilizi |