La situazione della “malattia del dipendente” è lo stato patologico che sospende ilrapporto di lavoro e che comporta una temporanea incapacità lavorativa tutelata dalla
Legge. E' prevista infatti la sospensione del rapporto di lavoro, disciplinata dall'art. 2110 del codice civile che dispone il diritto di
conservare il posto di lavoro per un periodo determinato e di
ricevere un particolare trattamento economico dall'INPS, direttamente o attraverso il datore di lavoro .
IL diritto alla conservazione del posto di lavoro ha una durata massima fissata dal CCNL di riferimento , detto periodo di comporto. Solo una volta scaduto il periodo di comporto il lavoratore e può essere licenziato "ad nutum " cioè in tronco (senza giusta causa o giustificato motivo).
Il lavoratore è obbligato a comunicare al datore di lavoro la sua assenza entro i termini previstidal CCNL di riferimento e a trasmettere il numero di protocollo del certificato elematico utilizzando il quale è possibile conoscere la prognosi della malattia.
Nel caso in cui la trasmissione telematica non sia possibile il lavoratore deve, entro due giorni dalla data del rilascio, presentare o inviare per posta il certificato di malattia all’Inps e l’attestato al proprio datore di lavoro.
In caso di ricovero del dipendente potrebbe verificarsi il caso in cui la struttura ospedaliera non sia ancora predisposta all'invio del “certificato di ricovero” o di “dimissione “ in modalità telematica e le certificazioni possono essere spedite o recapitate all’Inps e al datore di lavoro anche oltre il 2° giorno dal rilascio, purché entro i termini prescrizionali di un anno.
Con la recente sentenza n. 23674 del 28 luglio 2022 la cassazione ha ribadito che è nullo il licenziamento intimato nei confronti del lavoratore assente per motivi di salute e avvenuto prima del decorso del periodo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva.
In mancanza di riferimento contrattuale la norma richiama la nozione di "secondo gli usi o secondo equità"
Le Sezioni Unite con la sentenza n. 12568 del 2018 avevano già dato continuità alle numerose sentenze che hanno considerato nullo il licenziamento intimato solo per il protrarsi delle assenze dal lavoro, ma prima ancora che il periodo di comporto risulti scaduto (cfr. Cass. n. 24525/14; Cass. n. 1404/12; Cass. n. 12031/99; Cass. n. 9869/91), evidenziando che " il carattere imperativo della norma, in combinata lettura con l’art. 1418 stesso codice, non consente soluzioni diverse in quanto il valore della tutela della salute è sicuramente prioritario all’interno dell'ordinamento - atteso che l’art. 32 Cost. lo definisce come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» - così come lo è quello del lavoro . In questa cornice di riferimento è agevole evidenziare come la salute non possa essere adeguatamente protetta se non all'interno di tempi sicuri entro i quali il lavoratore, ammalatosi o infortunatosi, possa avvalersi delle opportune terapie senza il timore di perdere, nelle more, il proprio posto di lavoro."