I buoni pasto, fanno parte dei benefit concessi ai lavoratori da alcune imprese, solitamente di grandi dimensioni e si possono ricomprendere nel concetto di welfare aziendale. L'erogazione dei buoni pasto, cosi come la fruizione di una eventuale servizio di mensa aziendale, sono collegati al diritto ad effettuare un intervallo in una giornata di lavoro di durata superiore a 6 ore.
Quindi se la prestazione della lavoratrice non supera tale durata perche usufruisce di permessi per l'allattamento, non ha diritto all'intervallo per la pausa pranzo e di conseguenza neppure al buono pasto, se disponibile. Questo la risposta da parte del Ministero del lavoro a una richiesta di chiarimenti , con interpello 2 del 16 aprile 2019 .
Piu precisamente i funzionari del Ministero del Lavoro ricordano la normativa sull'intervallo nella giornata di lavoro prevista dall’articolo 8 del d.lgs. n. 66/2003 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE) “Qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.”.
Il ministero osserva che la scelta stessa del termine “intervallo” da parte del legislatore del 2003 presuppone la successiva ripresa dell’attività lavorativa dopo la consumazione del pasto o la fruizione della pausa . Inoltre non ammette dubbi sul fatto che va fatto riferimento ad un’attività lavorativa effettivamente prestata,
D'altra parte l'art. 39 del d.lgs. n. 151/2001 sulla maternita che intende favorire la conciliazione tra la vita professionale e quella familiare, ha stabilito nei confronti della lavoratrice madre il diritto ad una o due ore di riposo giornaliero (a seconda della durata della giornata lavorativa) per accudire il figlio, entro il primo anno di età. La norma non specifica la collocazione temporale dei riposi ma stabilisce possono anche essere cumulati;
Si conclude quindi che, considerata la specifica funzione della pausa pranzo, che la legge definisce come “intervallo”, nel caso oggetto di analisi la presenza effettiva della lavoratrice nella sede di lavoro pari a 5 ore e 12 minuti non da diritto alla pausa pranzo. Di conseguenza non si deve nemmeno procedere alla decurtazione dei 30 minuti della pausa pranzo dal totale delle ore effettivamente lavorate dalla lavoratrice.
Dello stesso avviso si segnalano infine le indicazioni fornite sull'argomento:
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