Per periodo di comporto si intende il totale delle assenze per malattia effettuate da un lavoratore dipendente. Vi è un tetto massimo , previsto generalmente nei contratti collettivi di lavoro , superato il quale il lavoratore può essere licenziato per "superamento del periodo di comporto " in quanto le assenze non sono piu compatibili con le esigenze aziendali
In assenza di specificazione nel contratto collettivo la legge fa riferimento a un "periodo fissato dagli usi o secondo equità".
Quasi tutti i contratti di lavoro, in caso di superamento del periodo di comporto, consentono al lavoratore di richiedere un ulteriore periodo di aspettativa non retribuita.
Attenzione inoltre al fatto che nella determinazione del periodo di comporto di solito non rientrano ad esempio le assenze per particolari terapie salvavita, il puerperio o le assenze per interruzione di gravidanza. (Si tratta dei periodi di aspettativa normalmente non conteggiabili ai fini dell'anzianità retributiva).
Nella sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 12568 2018 su un caso di recesso per superamento del periodo di comporto intimato prima della scadenza effettiva del periodo, si specifica che il superamento del comporto costituisce, ai sensi dell’art. 2110 c.c., una situazione autonomamente giustificatrice del recesso, che deve, però esistere già anteriormente alla comunicazione dello stesso, per legittimare il datore di lavoro al compimento di quest'atto, ove di esso costituisca il solo motivo .
Nella stessa sentenza si legge anche che "secondo ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa S.C. (cfr., ex aliis, v. Cass. n. 24525/14; Cass. n. 12031/99; Cass. n. 9869/91), ai sensi dell'art. 2110 cod. civ. il licenziamento per superamento del periodo di comporto costituisce una fattispecie autonoma di licenziamento, vale a dire una situazione di per sé idonea a consentirlo, diversa da quelle riconducibili ai concetti di giusta causa o giustificato motivo di cui all'art. 2119 cod. civ. e agli artt. 1 e 3 legge n. 604 del 1966".