Di seguito si esaminano le modifiche introdotte all’’art.3 comma 4 ter del “ TUSD “ (Testo unico delle imposte di successione e donazione) di cui al D.lgs. 346/1990.
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Tradizionalmente, il trasferimento di azienda avveniva attraverso atti di compravendita, donazione o successione. Questi processi erano soggetti a normative fiscali complesse e a potenziali conflitti tra gli eredi. Le imposte sulle successioni e donazioni, infatti, rappresentano un aspetto critico da considerare, poiché incidono significativamente sul valore dell’azienda trasferita e sulle decisioni imprenditoriali.
Le recenti modifiche introdotte dall'articolo 3, comma 4-ter del Testo Unico sulle Imposte di Successione e Donazione, come modificato dal Decreto Legislativo 139/2024, introducono importanti novità che influenzano il modo in cui le aziende possono essere trasferite, sia in vita che per successione.
Com’è noto l’art.3 comma 4 ter del DLGS 346/1990 è stato introdotto nel nostro ordinamento al fine di agevolare, con una tassazione di favore, i passaggi generazionali di imprese e società e ciò a seguito di una normativa che, a livello nazionale, era a dir poco lacunosa se non del tutto assente (vedasi sul punto la raccomandazione della Commissione Europea 94/1069/Ce del 07.12.1994)
Nello specifico, la disciplina previgente alle modifiche apportate dal DLGS di recente introduzione, prevedeva la totale esenzione del passaggio di azienda (per donazione o successione)” se effettuato, anche mediante patti di famiglia, di aziende o rami di azienda ovvero di partecipazioni sociali a favore dei discendenti o del coniuge del donante/disponente.”
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L’art 3 comma 4ter del TUSD, nella formulazione post riforma, prevede ora che : “In caso di aziende o rami di esse, il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento; in caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all' articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi , di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento; in caso di altre quote sociali, il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa detengano la titolarità del diritto per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.”
L’esenzione viene quindi riconfermata e, per taluni aspetti, meglio precisata.
Entrando nello specifico, emergono dunque ben tre specifiche fattispecie di trasferimenti agevolati e, cioè:
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Per tutte le fattispecie elencate, al fine di poter usufruire dell’agevolazione prevista dal legislatore tributario, occorre che vengano rispettate determinate condizioni.
Innanzitutto, i beneficiari del trasferimento, inter vivos o mortis causa che sia, devono rendere apposita dichiarazione (contestuale alla successione o all’atto notarile i caso di passaggio per atto tra vivi) nella quale si impegnano e si obbligano, senza distinzione e/o eccezione, a mantenere per almeno cinque anni dal trasferimento:
Viene quindi confermato il precedente impianto normativo circa le modalità attraverso le quali sia possibile sfruttare l’esenzione di che trattasi.
Occorre tener presente che, il mancato rispetto delle condizioni sopra elencate, determina il venire meno dell’agevolazione con conseguente applicazione dell’imposta sui trasferimenti in misura ordinaria, oltre alla conseguente applicazione di interessi e sanzioni (queste ultime nella misura del 30%).
Entrando nello specifico delle varie casistiche sopra citate, per quanto riguarda le società di capitali, per “acquisire o integrare” il controllo delle stesse, risulta opportuno richiamare l’articolo del codice civile.
L’art. 2359 cc, comma 1, infatti dispone che per controllo si intenda:
Tradotto: il controllo è quella situazione giuridica nella quale il socio (beneficiario del trasferimento) ha un pieno controllo di diritto sulla società potendo esercitare una posizione dominante sulla vita della stessa.
Su quest’ultimo punto, il legislatore chiarisce un passaggio che era alquanto oscuro nella precedente normativa e che ha dato adito a non pochi interventi di prassi “trancianti” circa la possibile fruizione dell’agevolazione da parte di chi tale controllo già lo deteneva e che, a seguito del trasferimento agevolato, aveva ottenuto una mera integrazione dello stesso (vedasi sul punto la ris. 72/2024 dell’Agenzia delle Entrate): con la riforma non vi sono più dubbi sul fatto che l’agevolazione venga riconosciuta sia nel caso in cui il controllo non era esercitabile ante trasferimento sia qualora il trasferimento successivo abbia ulteriormente rafforzato la posizione di forza.
Sempre nell’ambito delle società di capitale o di persone che siano, occorre altresì precisare che la società deve rivestire un profilo operativo imprenditoriale.
Per prassi ormai consolidata, così come per giurisprudenza costante, non sono agevolabili i passaggi generazionali che hanno ad oggetto società meramente immobiliari, cioè realtà nelle quali non viene svolta alcuna attività diretta (vedasi sul punto interpello 552/2021 e l’Ordinanza della Corte di Cassazione 6082/2023).
In dottrina più volte sono stati sollevati dubbi circa l’operatività dell’agevolazione laddove il trasferimento avesse ad oggetto non la piena proprietà ma la mera nuda proprietà della quota (e sempre nel rispetto degli elementi sopra evidenziati)
Ad oggi la risposta è affermativa: anche il passaggio di quota non piena ma in nuda proprietà è agevolabile in quanto l’unico elemento che governa in questo senso la normativa di favore è la presenza della titolarità del diritto e la continuazione del controllo quinquennale.
Rispetto ai ragionamenti di cui sopra, per le società di persone occorre fare una precisazione ulteriore.
In una tipologia particolare di società di persone, cioè la SAS, come è noto esistono due categorie di soci: gli accomandatari (legali rappresentanti e illimitatamente responsabili quali amministratori della società) e gli accomandanti .
Orbene anche per questi ultimi, se venisse seguito lo spirito della norma cioè quello di agevolare il passaggio dell’impresa, sarebbe possibile usufruire dell’agevolazione che qui ci occupa.
Ad oggi, tuttavia, sussiste un contrasto di prassi non ancora del tutto chiarito: da un parte la DRE del Lazio con risposta 913-6/2018 parrebbe consentirlo mentre l’Agenzia delle Entrate, con risposta all’interpello 185/2023, lo escluderebbe in quanto l’accomandante, per disciplina codicistica, è fortemente limitato nei poteri amministrativi rispetto agli accomandatari, escludendoli pertanto, con una interpretazione, a parere di chi scrive, debole e contraria allo spirito della norma, dalla platea dei soggetti che potrebbero godere dell’agevolazione sui trasferimenti di quote.
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Per tale tipologia di società, la norma , nella nuova formulazione, estende anche a tali società il regime agevolativo purchè si tratti di società residenti in Paesi appartenenti all’UE oppure, laddove tale requisito non sia soddisfatto, si tratti di Paesi c.d. “white list”, cioè che agiscono in un regime di trasparenza (interscambio di informazioni essenziali con i Paesi appartenenti all’UE) e sempre laddove, ovviamente, il controllo sia effettuato da un soggetto residente in Italia.
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Da ultimo, si segnala l’impatto della nuovo normativa sui patti di famiglia cioè, a mente dell’art 768 bis del c.c.”.. il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.”
Alla stipula di tale contratto, che a pena di nullità deve avvenire per atto pubblico (art. 758 ter c.c.), devono partecipare il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.
Si ricorda che gli assegnatari dell’azienda devono obbligatoriamente liquidare gli altri partecipanti al contratto, qualora questi non vi rinuncino, mediante il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli artt. 536 ss. c.c., prevedendo, come alternativa, che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura.
La nuova normativa non modifica quanto già precedentemente previsto (cioè il regime agevolativo riconosciuto anche per tale modalità di trasferimento) non intervenendo, tuttavia, sull’aspetto fiscale della liquidazione dei legittimari.
Ad oggi, sia la giurisprudenza di merito che di legittimità, tendono a qualificare tale liquidazione come una liberalità con tutte le conseguenze del caso sia civilistiche (i beni assegnati mediante patto di famiglia agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda sono imputati alle quote di legittima loro spettanti) che tributarie (applicazione dell’aliquota e della franchigia previste per le donazioni con riferimento al corrispondente rapporto di parentela).
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