Speciale Pubblicato il 21/11/2024

Tempo di lettura: 5 minuti

Le avvertenze per individuare la residenza fiscale - seconda parte

di Mogorovich Dott. Sergio

Evoluzione normativa in materia di residenza fiscale e le novità dal 2024



L'evoluzione normativa in materia di residenza fiscale porta con sé significative novità a partire dal 2024. Di seguito la seconda parte dello speciale Le avvertenze per individuare la residenza fiscale - prima parte

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La presunzione di residenza fondata sull’iscrizione all’anagrafe

Fino al 31.12.2023, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, fatta eccezione per eventuali convenzioni internazionali, costituiva una presunzione assoluta in quanto l’alternatività dei criteri di collegamento non poteva essere confutata con la contestazione dell’assenza della dimora abituale o del domicilio in Italia.

Dall'1.1.2024 la normativa è cambiata. L’iscrizione anagrafica costituisce una presunzione relativa per cui:

  1. il contribuente può dimostrare che i dati oggettivi disattendono l’elemento formale;
  2. se il contribuente non riesce a provare che l’iscrizione anagrafica non è correlata alla residenza effettiva in Italia, egli è considerato fiscalmente residente.

In altri termini, l’interessato deve dimostrare l’assenza dei requisiti rappresentati dalla residenza civilistica, dal domicilio e dall’assenza fisica nello Stato per la maggior parte dell’anno.

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I cittadini italiani che si trasferiscono in Stati o territori a regime fiscale privilegiato

Permane la regola indicata all’art. 2, comma 2-bis per cui si applica la presunzione legale di residenza fiscale in Italia per i cittadini italiani che sono stati cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e che si sono trasferiti in stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati nel d.m. 4.5.1999. Va ricordato che la Svizzera non è più inclusa dal giorno 1.1.2024 per effetto del d.m. 20.7.2023.

La circolare 24.6.1999, n. 140, ha affermato chiaramente che “soltanto la piena dimostrazione, da parte del contribuente, della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e la parallela controprova di una reale e duratura localizzazione nel paese fiscalmente privilegiato, indipendentemente dall’assolvimento nello stesso paese di obblighi fiscali, attestano il venir meno della residenza fiscale in Italia e la conseguente legittimità della posizione di non residente

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Le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia

Secondo l’art. 24 del d.p.r. 22.12.1986, n. 917, nei confronti dei soggetti non residenti l’Irpef si applica sul reddito complessivo e sui redditi soggetti a tassazione separata ma considerando che dal reddito complessivo sono deducibili soltanto gli oneri indicati alle lettere a), g) i) e l) del comma 1 dell’art. 10 cioè:

Inoltre, sono previste le seguenti agevolazioni:

A ciò si aggiunge il “nuovo regime agevolativo a favore del lavoratori impatriati”, di cui all’art. 5 del d.lgs. 27.12.2023, n. 209.

L’elemento comune di tali norme è l’assenza del domicilio fiscale in Italia per un determinato periodo d’imposta anteriormente al rimpatrio.

Le condizioni agevolative

Descrizione

  Assenza di domicilio fiscale

 Lavoratori impatriati (art. 5 del d.lgs. n. 209)

  • nei 3 periodi d’imposta anteriori al trasferimento (a)
  • mantenimento della residenza per 4 periodi di imposta;

Imposta sostitutiva per persone fisiche non residenti trasferite (d.p.r. n. 917):

 

  • in Italia (art. 24-bis)

 

  • non residenti per 9 anni nei 10 anni precedenti l’inizio dell’opzione;
  • nel Mezzogiorno (art. 24-ter)
  • non residenti nei 5 anni precedenti l’inizio dell’opzione che è valida per i primi 9 anni successivi;

Il requisito della mancata residenza fiscale va “valutato alla luce del nuovo art. 2, comma 2, del TUIR, solamente per i periodi di imposta 2024 e successivi” (circolare 4.11.2024, n. 20/E). Invece, fino al 31.12.2023, si applica il testo del previgente art. 2, comma 2, compresa l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.

(a) L’interessato può provare di avere “avuto la residenza in altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi” (art. 5, comma 6,del d.lg. 209/2023).

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Le Convenzioni contro le doppie imposizioni

Secondo l’art. 169 del d.p,r. 22.12.1986, n. 917, “le disposizioni del Testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione”. 

Inoltre, l’art. 75 del d.p.r. 29.9.1973, n. 600, dispone che “nelle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia”.

In pratica, il diritto convenzionale prevale sul diritto interno, mentre questo ultimo deroga all’accordo soltanto se è più favorevole (Corte di cassazione, sentenza 15.7.2016, n. 14476, e Corte Costituzionale, sentenza 26.11.2009, n. 311).

Le regole delle convenzioni privilegiano il criterio dell’abitazione permanente cui seguono, in linea gerarchica, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità del contribuente.

Tuttavia, eventuali conflitti relativi a lavoratori dipendenti che risiedono in uno Stato confinante con l’Italia e che quotidianamente svolgono l’attività in Italia (cioè i c.d. “lavoratori frontalieri”), possono essere considerati residenti fiscali nel territorio dello Stato. In tale ipotesi, il conflitto normativo può essere risolto mediante la tie breaker rules.

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TAG: Fiscalità Internazionale PMI