In base all'ultimo comma dell'articolo 1138 c.c. le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.
Quest’ultimi possono svolgere un ruolo importante nella vita dell'uomo e, proprio per questo, una semplice norma di un regolamento del condominio non li dovrebbero estromettere dall'ambiente nel quale convivono con il proprio amico umano.
Tuttavia la detenzione di un animale domestico all’interno di un’abitazione condominiale è stata spesso motivo di discussione tra i condomini, situazione che si è aggravata a causa dell’ultimo comma dell’articolo 1138 c.c. introdotto dal legislatore della Riforma del condominio, disposizione che ha suscitato interpretazioni contrastanti, non consentendo così di fare chiarezza su un tema molto sentito.
L'articolo continua dopo la pubblicità
Secondo un’opinione, sostenuta da decisioni di merito (ad, esempio, Trib. Piacenza 28 febbraio 2020, n. 142), il richiamo al contenuto dell'ultimo comma dell'art. 1138 c.c., introdotto dalla L.220/2012, riguarda solo i regolamenti condominiali di natura assembleare, tenuto anche conto che tale comma non contiene l'inciso "in nessun caso" presente invece nella previsione del precedente comma 4 e tale da escludere la possibilità di deroga per qualunque tipo di regolamento.
Tale conclusione sarebbe confermata dai chiarimenti resi dalla Seconda Commissione permanente del Senato in sede di discussione del disegno di legge poi sfociato nel provvedimento di riforma del 2012; in ogni caso per questa tesi l'interpretazione proposta consentirebbe di rispettare la volontà espressa nella clausola del regolamento accettata dai condomini acquirenti di unità immobiliari i quali, con l'acquisto e l'accettazione del regolamento, hanno assunto l'impegno a rispettarlo.
In quest’ottica si sostiene che ciascuno dei comproprietari ha rinunciato al diritto (disponibile) di possedere animali domestici (tra cui i cani), nella propria porzione di proprietà esclusiva.
Di conseguenza si è affermato che la delibera volta a destinare una zona del cortile ad area cani a spese di ciascun proprietario, seppure non contenga espressamente una modifica del regolamento contrattuale (andando apparentemente ad incidere sull'uso del bene comune) comporta senza dubbio la violazione della clausola del regolamento che vieta di tenere animali domestici nelle abitazioni (Trib. Lecce 15 settembre 2022 n. 2549).
Secondo una diversa opinione il nuovo comma 5 dell'art. 1138 c. dovrebbe essere interpretato tenendo conto sia della prescrizione della Convenzione Europea per la protezione degli animali di compagnia, sottoscritta a Strasburgo il 13 novembre 1987, ratificata dall'Italia con la L. 4 novembre 2010, n. 201, sia della legislazione nazionale che si è preoccupata della tutela degli animali di affezione ed, in particolare, della legge 189/2004, che ha introdotto nel Codice penale le nuove figure delittuose (articoli 544-bis e seguenti del Codice penale), sancendo il riconoscimento della tutela del sentimento (umano) per gli animali.
Un condomino si rivolgeva al Tribunale lamentando che altro condomino deteneva due cani di grossa taglia nell'immobile di proprietà in violazione del regolamento condominiale di origine contrattuale e regolarmente trascritto; in particolare riteneva che fosse stato violato l'articolo 13 del detto documento che disponeva quanto segue: " È vietato in modo assoluto e tassativo......n) di tenere cani e gatti o altre bestie negli appartamenti o in qualsiasi altro locale dell'edificio privato o comune". Di conseguenza l'attore chiedeva al Tribunale, il rispetto del divieto regolamentare ed il conseguente allontanamento dei due cani dal condomino. Si costitutiva il convenuto che, pur non contestando i fatti posti a fondamento della stessa, riteneva che il suo comportamento fosse rispettoso dell'integrazione dell'art. 1138 c.c. introdotta dalla riforma del condominio. Il Tribunale dava ragione all'attore.
Il giudice di primo grado sosteneva che la disapplicazione della norma regolamentare richiesta dal convenuto si sarebbe tradotta di fatto nella lesione del diritto degli altri condomini all'osservanza del regolamento.
La Corte di Appello ha affermato che deve essere senz'altro riconosciuto al rapporto uomo-animale domestico un interesse giuridico da tutelare e a cui va attribuito un valore di portata costituzionale ai sensi dell'art. art. 2 della Carta, qualificando il diritto al rapporto affettivo uomo-animale domestico quale diritto di nuova generazione.
Secondo i giudici bolognesi l'art. 1138 c.c. u.c. ha, quindi, previsto un espresso riconoscimento a tale diritto e, segnatamente, a quello della coabitazione con l'animale domestico, come estrinsecazione del più ampio diritto al rapporto affettivo con l'animale.
l diritto di libertà di tenere con sé animali di affezione non è assoluto o illimitato, ma deve essere contemperato con il diritto alla salute e alle esigenze personali di vita connesse all'abitazione del vicino.
Così è legittima una valida una clausola regolamentare che vieti l’abbandono delle deiezioni dei cani nelle zone comuni, con il conseguente obbligo dei proprietari di provvedere all'immediata raccolta delle stesse, od ancora quella che imponga delle sanzioni in caso di accertata violazione del divieto stesso.
Si ricorda che un giudice di merito ha concesso un provvedimento d'urgenza, ordinando a ai proprietari di un cane di conformarsi alla legge nella gestione del cane, facendolo transitare o sostare nelle aree comuni del caseggiato, esclusivamente condotto al guinzaglio (Trib. Perugia 18 marzo 2023).