Il sistema pensionistico italiano è da tempo oggetto di discussioni politiche, economiche e sociali, e le nuove prospettive di riforma sembrano puntare su misure che favoriscano una maggiore sostenibilità, in linea con le sfide demografiche ed economiche del Paese.
Il Piano strutturale di bilancio , presentato per il periodo 2025-2029 nei giorni scorsi dal governo Meloni-Giorgetti, come richiesto dal Patto di Stabilità europeo corregge la direzione presa negli anni passati che ricercava nuove forme di pensione anticipata, sottolineando invece la necessità di rafforzare il sistema senza allontanarsi significativamente dai principi della Legge Fornero.
Questo piano include interventi specifici volti a promuovere quindi la permanenza nel mondo del lavoro invece che l'anticipo pensionistico e a rafforzare la previdenza complementare, con un'attenzione particolare ai giovani.
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Una delle principali novità della parziale riforma delle pensioni per il 2025 è l’introduzione di incentivi per favorire la permanenza al lavoro di chi è prossimo alla pensione.
La scelta è in linea con quanto adottato in altri Paesi avanzati, cercando di affrontare il cosiddetto "inverno demografico", un fenomeno che sta mettendo sotto pressione il sistema previdenziale italiano. Il Piano strutturale sottolinea infatti che «l’allungamento della vita lavorativa costituisce una necessità» per garantire la sostenibilità del sistema nel lungo periodo. In tal senso ha testimoniato anche la recente relazione del Presidente INPS, che ha garantito una buona stabilità del sistema , ma solo nel breve-medio periodo.
Nello specifico dunque si mira a intervenire sul pubblico impiego, superando l’attuale obbligo di andare in quiescenza al raggiungimento dell'età pensionabile e dando la possibilità di rimanere al lavoro.
Anche per il settore privato si prevedono interventi simili, con meccanismi di incentivi alla permanenza in attività, sul modello del bonus Maroni introdotto negli anni passati e ripreso con l'incentivo contributivo per Quota 103.
L’obiettivo è duplice: da un lato, ridurre la pressione sul sistema pensionistico e, dall’altro, garantire ai lavoratori un reddito più elevato al momento del pensionamento grazie a un periodo contributivo più lungo.
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Il Piano strutturale di bilancio riconosce l’importanza di potenziare la previdenza complementare, che viene considerata una leva fondamentale per integrare le pensioni pubbliche e garantire un reddito adeguato in età pensionabile.
Tra le misure previste, emerge l’introduzione di una nuova fase di “silenzio-assenso” per il trattamento di fine rapporto (Tfr), che permetterebbe di destinare almeno il 25% della liquidazione dei neoassunti ai fondi pensione.
Questa misura potrebbe rappresentare un passo avanti per incentivare i lavoratori, in particolare i più giovani, a investire nella previdenza complementare fin dai primi anni di carriera, aumentando così le loro risorse economiche per il futuro
L'idea è quella di rendere più attraente il sistema di pensione integrativa, un aspetto che risulta cruciale in un contesto in cui le carriere lavorative sono spesso discontinue e i contributi previdenziali risultano insufficienti.
Un altro punto chiave del dibattito riguarda le modalità di accesso al pensionamento anticipato. Secondo quanto delineato nel Piano, i giovani che raggiungeranno l’età pensionabile a partire dal 2025 potranno contare su meccanismi che includeranno anche la rendita derivante dalle forme integrative di previdenza per raggiungere l’importo minimo del trattamento pensionistico richiesto. Questo permetterà loro di accedere al canale di pensionamento anticipato con 64 anni di età e 20 anni di versamenti, superando i vincoli attuali che richiedono un importo pari a 3 volte quello dell'assegno sociale, destinato a essere ridotto a 2,8 volte.
Inoltre, si prevede di nuovo a proroga di Quota 103, l'Ape sociale e l'Opzione donna, che a seguito delle ultime modifiche in senso restrittivo hanno un impatto limitato e consentono ancora una certa flessibilità nell'uscita dal mondo del lavoro, pur garantendo un equilibrio finanziario a livello di sistema.
Il Piano conferma che, a legislazione vigente, la spesa pensionistica dovrebbe mantenersi attorno al 15,3% del PIL nel prossimo biennio, per poi salire leggermente al 15,4% nel 2025.
Questo aumento moderato riflette la necessità di mantenere un rigido controllo sui costi del sistema pensionistico, soprattutto alla luce delle pressioni demografiche.
Il governo ha chiaramente indicato che non ci sarà spazio per misure che favoriscano un'uscita anticipata dal mondo del lavoro senza adeguate compensazioni economiche, data la necessità di evitare impennate della spesa.
Ancora incerta infine la decisione in merito agli importi delle pensioni minime che per una parte della maggioranza andrebbero aumentate ma che potrebbe non dtrovare adeguata copertura . Anche sulla perequazione annuale, che negli ultimi anni ha leggermente penalizzato gli assegni piu alti la situazione non dovrebbe subire variazioni e restare la stessa del 2024.
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