Tra i redditi finanziari percepiti in ambito internazionale vi sono anche i canoni pagati da un soggetto residente a un non residente o viceversa per l'uso o la concessione in uso di software
Risulta complessa la corretta qualificazione fiscale di questi pagamenti soprattutto quando sono coinvolti accordi contrattuali "misti". In questi accordi, oltre all'uso del software, possono essere inclusi anche altri servizi, complicando ulteriormente la classificazione fiscale.
Il capitolo 13 del libro Novità di fiscalità internazionale alla luce della Riforma di Ennio Vial e Silvia Bettiol, affronta le problematiche relative alla qualificazione dei redditi che si trovano al confine tra reddito di impresa ordinario, che secondo l'articolo 7 del Modello OCSE non è tassabile nel paese della fonte, e reddito di impresa qualificabile come canone, che secondo l'articolo 12 del Modello OCSE è soggetto a tassazione alla fonte secondo le convenzioni italiane.
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La normativa italiana relativa alla tassazione dei canoni pagati per l'uso di software, stabilisce che questi sono soggetti a una specifica regolamentazione fiscale. Il TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) classifica tali pagamenti come "redditi diversi" e quindi soggetti a tassazione.
La normativa italiana prevede che i soggetti residenti siano tassati su tutti i redditi prodotti in Italia e all'estero, mentre i non residenti sono tassati solo sui redditi prodotti in Italia.
Uno degli aspetti chiave della disciplina domestica è l'applicazione della ritenuta alla fonte. In base all'articolo 23 del TUIR, i canoni pagati a soggetti non residenti per l'uso o la concessione in uso di opere dell'ingegno, inclusi i software, sono soggetti a una ritenuta del 30% a titolo di imposta sulla quota imponibile del loro ammontare.
È operata una ritenuta del 30% a titolo di imposta sull’ammontare dei compensi corrisposti a non residenti per l’uso o la concessione in uno di attrezzature industriali; commerciali o scientifiche che si trovano nel territorio dello Stato.
Se i canoni sono relativi a redditi di lavoro autonomo, poiché i soggetti non residenti sono tassati in Italia sulle diverse categorie di reddito come una persona fisica, beneficeranno della deduzione forfetaria del 25% prevista dall’art.54 co.8 del Tuir.
Diversamente la ritenuta del 30% sarà applicata sull’intero ammontare.
La ritenuta è esclusa sui compensi corrisposti a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.
La normativa domestica, ovviamente, deve essere coordinata con la normativa convenzionale.
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Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e sancito in ambito tributario dagli articoli 169 del D.P.R. 917/1986 e 75 del D.P.R. 600/1973. Questo principio è stato confermato anche dalla giurisprudenza costituzionale italiana.
Assonime sottolinea l'importanza della corretta qualificazione dei pagamenti effettuati a soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia. Tali pagamenti possono essere qualificati come royalties o utili d’impresa, con conseguenze fiscali differenti:
Il riferimento al Modello OCSE è utile per analisi di carattere generale, ma nei casi concreti è essenziale applicare la convenzione specifica in vigore tra gli Stati contraenti.
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L'articolo 7 del Modello OCSE stabilisce che gli utili di un'impresa di uno Stato contraente sono imponibili solo in tale Stato, a meno che l'impresa eserciti la propria attività nell'altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione ivi situata. In presenza di stabile organizzazione, gli utili attribuibili a quest'ultima possono essere tassati anche nello Stato della fonte.
In sostanza, un’impresa domestica che svolge la propria attività nell’altro Stato e risulta ivi priva di stabile organizzazione, sarà assoggettata a tassazione esclusiva nel Paese di residenza. Diversamente, in presenza di una stabile organizzazione nel Paese estero, l’impresa domestica sarà assoggettata ad imposizione nello Stato della fonte.
Ovviamente, la tassazione nel Paese estero opera soltanto in relazione ai redditi prodotti dalla stabile.
Tuttavia, mancando l’avverbio “soltanto”, in presenza di stabile organizzazione, la tassazione del reddito avverrà anche nel Paese di residenza dell’impresa. In base all’analisi fin qui condotta, se questa impostazione trovasse un’applicazione generalizzata, si dovrebbe concludere che, sarebbe esclusa ogni forma di tassazione nel Paese estero in tutti i casi in cui l’impresa non disponga in detto Stato di una stabile organizzazione. Si dovrebbe, pertanto, concludere che in assenza di stabile non dovrebbe esserci, ad esempio, tassazione sugli immobili e non dovrebbe intervenire alcuna ritenuta su dividendi, interessi e canoni.
In realtà, il paragrafo 4 dell’art. 7 prevede che “Qualora gli utili includano elementi di reddito trattati separatamente in altri articoli della presente Convenzione, le disposizioni di tali articoli non sono pregiudicate dalle disposizioni del presente articolo.”. Si tratta di un principio di estrema importanza in virtù della quale la disciplina delle diverse categorie reddituali contenuta nella Convenzione prevale sull’art. 7.
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L'articolo 12 del Modello OCSE disciplina i canoni, definendo come tali i pagamenti per l'uso o il diritto di usare diritti d'autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, compresi i software. “I canoni provenienti da uno Stato contraente e pagati all'effettivo beneficiario residente nell'altro Stato contraente, sono imponibili soltanto nello Stato”.
Il su citato par. 1 contiene l’avverbio “soltanto”, pertanto la potestà impositiva compete esclusivamente al Paese di residenza del percettore.
Il successivo paragrafo 2 dell'Art. 12 fornisce una definizione dettagliata di "royalties", escludendo la tassazione concorrente nello Stato della fonte e concentrandosi sulla definizione e classificazione dei canoni.
“Il termine “royalties” utilizzato nel presente articolo indica i pagamenti di qualsiasi tipo ricevuti come corrispettivo per l’uso o il diritto di utilizzare qualsiasi copyright di opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche, qualsiasi brevetto, marchio, disegno o Modello, piano, formula o processo segreto o per informazioni riguardanti l’esperienza industriale, commerciale o scientifica”.
L’analisi, limitandosi a considerare il Modello OCSE, risulterebbe priva di interesse, in quanto i redditi rientranti nella regola particolare contenuta nell’articolo 12 sono, comunque, assoggettati a tassazione soltanto nel Paese di residenza dell’effettivo beneficiario.
Invero, la questione si complica, spostando l’esame dal Modello OCSE alle singole Convenzioni stipulate dall’Italia. In linea generale, infatti, dette Convenzioni, oltre a prevedere una definizione di canoni non collimante con quella del Modello OCSE, prevedono l’applicazione di una tassazione concorrente nel Paese della fonte.
Definita la disciplina normativa domestica ed internazionale, esaminiamo la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate.
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L'Agenzia delle Entrate ha fornito varie interpretazioni e chiarimenti sulla corretta applicazione della ritenuta alla fonte sui canoni per l'uso di software.
La Risoluzione Ministeriale (R.M.) del 30 luglio 1997, n. 169, chiarisce che il corrispettivo pagato per l’utilizzo di software direttamente nell'attività imprenditoriale o professionale, senza commercializzazione, non può qualificarsi come canone. Invece, deve essere considerato come reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 7 del Modello OCSE.
Esempio: Un’impresa che paga canoni a una società estera per l’utilizzo del proprio gestionale non qualifica questi pagamenti come canoni, poiché l’azienda non ha ad oggetto lo sfruttamento a vario titolo del software.
La R.M. del 3 aprile 2008, n. 128, affronta il caso dei distributori di software. L’Agenzia delle Entrate afferma che i compensi pagati dal distributore italiano a una società produttrice di software non residente sono considerati royalties. La licenza per la distribuzione del software al pubblico configura un trasferimento parziale del diritto d’autore.Dopo pochi mesi dalla pubblicazione della R.M. 128/2008, il commentario al Modello OCSE viene aggiornato. Il nuovo paragrafo 14.4 precisa che i compensi percepiti dai distributori rientrano nell’art. 7 come redditi d’impresa, non come canoni.
Successivi aggiornamenti indicano che i compensi dei distributori di software devono essere trattati come redditi d’impresa e non come royalties.
L’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, attraverso varie risoluzioni ministeriali, dimostra l'evoluzione nella qualificazione dei pagamenti per l’uso del software. La distinzione tra canoni e redditi d’impresa è cruciale per la corretta applicazione delle normative fiscali, in conformità con il Modello OCSE e i suoi aggiornamenti.
È, pertanto, condivisibile l’osservazione di Assonime secondo cui il tema dovrebbe essere approfondito dai competenti organi istituzionali, possibilmente tramite una circolare specifica, per fornire agli operatori del settore i chiarimenti necessari e superare le criticità riscontrate nella prassi.
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Si evidenzia che la corretta collocazione dei compensi tra l’art. 7 e l’art. 12 del Modello OCSE è rilevante solo nei rapporti tra un soggetto domestico e uno extra UE. La direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, n. 2003/49/CE (direttiva interessi e royalties) stabilisce che, dal 2004, le società consociate residenti nella UE, rispettando determinati requisiti, non devono più applicare la ritenuta su pagamenti di interessi e canoni.
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