La ripartizione delle spese relative al servizio idrico deve avvenire, in via preferenziale, in base a quello che è l'effettivo consumo, a patto però che questo sia rilevabile oggettivamente utilizzando le opportune strumentazioni tecniche, come ad esempio mediante l'installazione in ogni singola unità immobiliare di un apposito contatore che consenta di utilizzare la lettura di esso come base certa per l'addebito dei costi.
Chiarito quanto sopra occorre osservare che nella prassi della gestione condominiale capita spesso che vi sia una notevole differenza tra la rilevazione della società erogatrice e la lettura dei consumi risultante al condominio.
Infatti può accadere che la bolletta dell’acqua subisca improvvisamente un aumento sostanzioso e apparentemente ingiustificato da variazioni nei consumi o nei costi di gestione, allarmando amministratore e condomini. Il problema potrebbe nascere da un malfunzionamento del contatore centrale, oppure da una perdita occulta nell’impianto idrico.
L'articolo continua dopo la pubblicità
In linea generale si può affermare che l'obbligo del gestore idrico di effettuare gli addebiti sulla base delle indicazioni del contatore centrale non si può risolvere in un privilegio probatorio fondato sulla non contestabilità del dato indicato in bolletta: in altre parole il condominio conserva il diritto di contestazione. In caso di contestazione dei consumi da parte del condominio, grava sul somministrante (cioè la società di fornitura idrica) l'onere di provare che il sistema di rilevazione dei consumi (ovvero il contatore) è perfettamente funzionante; in difetto di prova del regolare funzionamento del misuratore (del resto è possibile che nel tempo lo strumento subisca un guasto meccanico nello scatto della numerazione progressiva dei consumi erogati), risulta erroneo il computo estimativo su cui si basa l'incongrua fattura.
In ogni caso, anche in caso di contatore rotto, il condominio deve comunque pagare in relazione al servizio fruito nel periodo di fatturazione. Qualora sia fondata la sua denuncia di un consumo abnorme in un certo periodo di tempo, il condominio non è liberato dalla obbligazione di corrispondere la somma dovuta, bensì è tenuto a pagare la somma determinabile secondo criteri di carattere presuntivo, volti a far accertare i consumi presumibili, quali possono essere storicamente desunti da misure anteriori o posteriori o, in difetto, statisticamente delineati per una utenza caratterizzata dalla medesima tipologia d’uso.
Se il contatore dell'ente erogatore funzionasse correttamente, allora la variazione consistente dei consumi potrebbe essere dovuto a perdite delle condutture comuni o perdite delle tubazioni all’interno della proprietà esclusiva. In quest’ultima ipotesi, cioè nel caso in cui la perdita si trovasse in una conduttura che ricade sotto la responsabilità del singolo condomino, allora la totalità dei costi di riparazione e il maggior addebito richiesto dal gestore idrico sarebbero a carico del singolo condomino.
Diversamente il costo di un consumo eccessivo causato da rotture dell'impianto condominiale deve essere sopportato dai condomini, eventualmente domandando all'ente una rateizzazione del pagamento (possibile nel caso di consumi elevati anomali).
L’esistenza di contatori di sottrazione, non comporta che la ripartizione di tutte le componenti della spesa per i consumi idrici indicate e richieste nella fatturazione debbano essere ripartite sulla base dei consumi rilevati.
In altre parole è vero che i consumi idrici condominiali vanno ripartiti tra i condomini in base ai consumi effettivi degli stessi, facendo in modo che scattino le fasce tariffarie in ragione dei rispettivi consumi.
Tuttavia esistono costi che prescindono dal consumo (costi fissi, come, ad esempio, i così detti “canoni contrattuali” o i costi per le parti comuni, oneri che vanno divisi secondo i millesimi dei condomini).
Per quanto riguarda le spese per eccedenze dei consumi (dovute a perdite dalle tubazioni condominiali o letture errate) una recente decisione di merito ha escluso la ripartizione per millesimi. Secondo questa opinione i costi per la differenza tra il consumo dell’acqua rilevato dall’azienda erogatrice derivato dal contatore generale posto all’ingresso della conduttura idrica e la somma dei consumi rilevati dai singoli contatori presenti nell’edificio condominiale (c.d. sfrido) non può essere diviso in base ai valori millesimali di proprietà di ciascun condomino se ogni singolo appartamento è dotato di contatore.
Nel caso esaminato l'assemblea aveva stabilito di suddividere il c.d. "sfrido" in base ai millesimi di proprietà del singolo condomino sulla porzione di sua proprietà immobiliare. Alcuni condomini ritenevano tale adottato nuovo criterio di ripartizione dei consumi illegittimo, e, conseguentemente, la relativa delibera nulla per lesione dei diritti di proprietà dei condomini; del resto gli attori facevano presente che nel passato si ripartiva la distribuzione di tale “sfrido” in modo proporzionale al consumo effettivo dell’acqua di ciascun condomino, stante la tecnica possibilità della lettura dei singoli misuratori di consumo presenti sia all'interno della singola scala/plesso, sia all'interno del singolo appartamento presente in ciascuna scala. Il Tribunale ha dato ragione agli attori, annullando la delibera per violazione del secondo comma dell’articolo 1123 cc., secondo cui se si tratta di beni (nel caso di specie, consumo idrico condominiale) destinate a servire i condomini in misura diversa, la ripartizione delle spese deve avvenire in modo proporzionale all’uso (Trib. Palermo 27 marzo 2024 n. 1883).