Il d.lgs. 14/6/2024, n. 87, ha rivisto la misura delle sanzioni per le violazioni commesse in materia di imposte sui redditi e di imposta regionale sulle attività produttive, indicate nell’art. 1 del d.lgs. 18.12.1997, n. 471.
In questa prima parte dello speciale ci si sofferma sui seguenti punti:
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La dichiarazione annuale omessa è punita con la sanzione amministrativa prevista nella misura del 120% dell’imposta dovuta per il periodo d’imposta, con un minimo di € 250. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione aumentata fino al doppio (cioè da € 500 a € 2.000) nei confronti di chi è obbligato a tenere le scritture contabili (comma 1).
L’imposta dovuta è determinata computando la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in base all’accertamento e quello liquidabile in base alle dichiarazioni automatizzate e formali di cui, rispettivamente, agli artt. 36-bis e 36-ter del d.p.r. 29.9.1973, n. 600 (comma 5).
Secondo il nuovo comma 1-bis, è prevista una nuova modalità di regolarizzazione della dichiarazione omessa: si applica la sanzione del 75% (cioè la sanzione prevista dall’art. 13, comma 1, del d.l.gs. 18.12.1997, n. 471, nella misura del 25% aumentata al triplo) ma a condizione che la dichiarazione omessa sia presentata con ritardo superiore a 90 giorni ma entro il termine del 31.12 del quinto anno successivo a quello di scadenza per la notifica dell’avviso di accertamento.
La procedura e ammessa se il contribuente non ha avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o qualunque attività di accertamento amministrativo.
Se non è dovuta l’imposta, si applica la sanzione da € 250 a € 1.000.
Nel caso in cui non sono dovute imposte l’omessa presentazione è punita con la sanzione da € 500 a € 2.000, nei confronti di chi è obbligato a tenere le scritture contabili.
Va tenuto presente che la procedura di ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del d.lgs. 18/12/1997, n. 472, è esclusa “nel caso di presentazione della dichiarazione con un ritardo superiore a 90 giorni” (comma 2-ter).
Se dal controllo della dichiarazione risulta un ammontare di imposta inferiore a quello effettivo o un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella effettivamente spettante, la sanzione è irrogata nella misura del 70% della maggiore IVA dovuta o della differenza di credito che è stato utilizzato, con un minimo di € 150.
La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzione dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte.
Il nuovo comma 2-bis prevede l’irrogazione della sanzione nella misura del 50% delle imposte dovute (cioè l’aliquota del 25% prevista dall’art. 13 successivo aumentata al doppio), con un minimo di € 150, se il trasgressore presenta la dichiarazione integrativa non oltre il termine fissato dall’art. 43 del d.p.r. 29.9.1973, n. 600. La procedura deve essere perfezionata prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo.
Tuttavia, la procedura di ravvedimento operoso non può essere operata poiché la dichiarazione è considerata omessa, beneficiando della sola suddetta riduzione delle sanzioni.
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La nuova versione del comma 3 fissa la sanzione del 70% aumentata dalla metà al doppio, cioè dal 105% al 140%, se la dichiarazione infedele è stata influenzata dall’utilizzazione di fatture o altra documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici, raggiri o condotte simulatorie o fraudolente.
Non è recepita la nuova formula presente nella riforma dell’art. 5 del d.lgs. 18.12.1997, n.471, in materia di IVA, che contiene la precisazione che la sanzione “si applica nei confronti del cessionario o committente che ha utilizzato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti solo se è provata la compartecipazione alla frode”.
Permane il contenuto del comma 4: la sanzione è ridotta di un terzo se la maggiore imposta ovvero il minor credito accertati sono complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito che sono stati dichiarati e, complessivamente, di importo inferiore a € 30.000.
In pratica, la sanzione è ridotta al 46,67% delle imposte.
Con esclusione dei casi indicati al comma 3, la riduzione della sanzione di un terzo si applica, se la dichiarazione infedele sia conseguente ad un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito a condizione che il componente positivo abbia già concorso a determinare il reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente.
Qualora non vi sia alcun danno per l’amministrazione finanziaria, la sanzione viene irrogata nella misura fissa di € 250.
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