Nell’ambito delle decisioni condominiali riguardo l’esecuzione di interventi edilizi agevolabili tramite le apposite detrazioni, possono generarsi non solo accesi dibattiti che dividono la compagine dei condòmini, ma anche contestazioni sui contenuti delle deliberazioni. La questione è di particolare rilievo, considerato che quando a commissionare i lavori e a beneficiare dei bonus edilizi sono i condomìni, è necessario che detti lavori siano legittimati da una delibera in grado di esprimere correttamente la volontà del gruppo.
Infatti, se tale volontà non fosse rilevabile o fosse viziata, verrebbe meno il titolo che dà sostanza alla realizzazione degli interventi, con la conseguenza che non solo i lavori risultano illegittimi, ma che, a cascata, non spettano neanche le detrazioni.
È in questa cornice che si pone una recente sentenza del Tribunale di Teramo, la n. 311 dello scorso 19 marzo 2024, con la quale il giudice ha dato ragione ad alcuni condòmini che hanno impugnato le delibere di approvazione dei lavori Superbonus, dichiarandole nulle per “difetto di attribuzione”. Ciò in quanto i lavori comportavano anche interventi all’interno dei loro appartamenti senza però che vi sia stato il loro esplicito consenso.
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Il caso trattato dal Tribunale di Teramo riguarda un condominio la cui assemblea ha dato mandato all’amministratore, tramite delibera, di sottoscrivere il contratto d’appalto predisposto da un’impresa immobiliare per la realizzazione di lavori di efficientamento energetico tali da beneficiare del Superbonus. Tale contratto, però, prevedeva che i singoli condòmini avessero dato la propria autorizzazione all’esecuzione dei lavori anche sulle rispettive parti private. Tuttavia, i condòmini che hanno impugnato la delibera hanno dichiarato di non aver mai espresso il loro consenso.
Come ripercorre la sentenza, la normativa Superbonus prevede una procedura semplificata per l’approvazione dei lavori agevolabili, richiedendo che quest’ultimi vadano decisi con il favore della maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio, un quorum deliberativo ridotto rispetto a quelli standard. Tuttavia, spiega il giudice, tale normativa “va contemperata con la normativa codicistica relativa ai poteri, o meglio alle attribuzioni, dell’assemblea”. Infatti, per definizione l’assemblea è competente a deliberare solo in relazione alle parti c.d. comuni, ad uso di tutti i membri del condominio, come scale, parcheggi, ecc. I poteri dell’assemblea, insomma, come regolati dal Codice Civile (art. 1135) consistono solo nell’approvazione di quelle decisioni relative alla gestione dei beni comuni, non potendosi spingere a intaccare i beni di proprietà esclusiva dei condòmini, vale a dire i loro appartamenti privati. In sostanza, “qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell’edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell’assemblea […] ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari”. Se tale consenso non è stato espresso “la deliberazione avrà un oggetto giuridicamente impossibile e risulterà viziata da difetto assoluto di attribuzioni”.
Non è la prima volta che un giudice ritiene invalida una delibera condominiale per simili motivi, eppure neanche nella giurisprudenza vi è un consenso assoluto. In tema di cappotto termico, l’intervento più gettonato dai condomini, i tribunali si sono mossi in direzioni diverse. Il cappotto va installato su tutta la superficie esterna dell’edificio (una parte comune), con la conseguenza di ridurre di poco la superficie calpestabile dei balconi (parti private). Se in alcune occasioni, similmente alla sentenza di Teramo, i giudici hanno annullato le delibere di approvazione della realizzazione del cappotto proprio perché mancava l’assenso dei singoli condòmini alle modifiche sui propri beni privati (Tribunale di Busto Arsizio, sentenza 1788/2021; Tribunale di Roma, sentenza 11708/2023), in altre le delibere sono state lasciate intatte in considerazione del fatto che la minima riduzione della superficie del balcone rappresenta un sacrificio sopportabile alla luce del più alto interesse all’efficientamento energetico (Tribunale di Milano, ordinanza 30843/2021).
In altre parole, le regole civilistiche sui poteri dell’assemblea sono rigide e non possono essere scavalcate, ma allo stesso tempo molto dipende dalla tipologia di opere da realizzare e dal loro reale impatto sulle parti private.