Nell'elenco delle parti comuni dello stabile previsto dall'articolo 1117 c.c. figura anche il portone condominiale; quest’ultimo costituisce l'ingresso principale allo stabile che può essere pedonale o, qualora ricorrano determinate circostanze, quale la presenza di una corte interna adibita a parcheggio, anche carrabile.
I portoni d'ingresso devono ritenersi dei beni comuni a tutti i condomini, ai sensi dell'art.1117 c.c., indipendentemente dal loro utilizzo e, quindi, tale presunzione vale anche per i condomini la cui proprietà esclusiva è servita da ingresso indipendente.
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Il portone d'ingresso dell'edificio costituisce proprietà comune fra tutti i condomini, pertanto, la relativa spesa di manutenzione e ricostruzione spetta a ciascun condomino proporzionalmente ai millesimi di proprietà. È pertanto invalida una delibera assunta a maggioranza, relativa alla ripartizione tra i condomini in parti uguali, e non in base ai millesimi, della spesa relativa al portone (Cass. civ., Sez. II, 16/02/2001, n. 2301). Sembra utile precisare che anche i proprietari di unità aventi accesso autonomo dalla strada debbono concorrere alle spese di manutenzione inerenti all'androne ed alle scale (compresi quindi, portone, moquette e passatoia dell'ingresso, nonché illuminazione dei servizi comuni) in quanto costituiscono elementi necessari per la configurazione stessa del fabbricato ed in quanto rappresentano strumenti indispensabili per il godimento e la conservazione delle strutture di copertura, cui tutti i condomini sono tenuti per la salvaguardia della proprietà individuale e per la sicurezza dei terzi. In ogni caso negli edifici con più rampe di scale e portoni separati, la spesa per la manutenzione e la riparazione di un particolare portone è a carico soltanto dei condomini che usano quella specifica scala (i condomini della scala A pagheranno solo per il portone di accesso a detta scala A e non certo per quello di accesso alla scala B o C). Se un condomino non fa uso potenziale di un determinato portone, non è tenuto a partecipare alle spese relative a detto manufatto.
L'intervento che rende automatico un vecchio portone, così come la sostituzione dello stesso, non rientra fra le innovazioni ma è configurabile come semplice miglioria delle parti comuni. Di conseguenza per approvare tale modifica è sufficiente una delibera approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
L’assemblea, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 c.c., commi 2 e 3, può sempre disciplinare l’uso di un bene comune.
Così è valida la decisione assembleare che preveda la chiusura del portone di ingresso in specifici orari della giornata, anche se così modifica orari di apertura e di chiusura adottati in precedenza e/o aggiunge la chiusura del portone durante l’orario del pranzo alla precedente chiusura solo notturna; del resto la privazione della possibilità di accesso tramite il portone del palazzo per le sole ore del pranzo non limita in modo illegittimo il godimento della cosa comune, perché la delibera ne regolamenta soltanto l’uso, in modo da non pregiudicare il diritto di alcun condomino e senza attribuire pesi o vantaggi a danno o a favore di alcuni fra i condomini rispetto agli altri. Del resto il negozio all'interno di un cortile condominiale non può opporsi alla delibera assembleare adottata a maggioranza che, cambiando una prassi consolidata, decida per la chiusura diurna del portone di accesso (con apertura a chiamata), sostenendo che è lesiva di una servitù di passaggio maturata negli anni. La decisione di tenere il portone perennemente aperto costituisce una limitazione eccezionale rispetto al suo godimento normale e, pertanto, a meno che ciò non venga espressamente previsto nel titolo costitutivo oppure nel regolamento, è diritto anche di un singolo condomino pretenderne la chiusura.
Commette il reato di furto in abitazione (art. 624 bis c.p.) chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa (la pena è la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500).
La norma tutela anche il furto di portoni di un caseggiato proprio perché si trovano negli androni degli edifici condominiali, a servizio e protezione anche delle private dimore in essi ubicate, oltre che degli spazi condominiali e, comunque, in un luogo di "appartenenza" di private dimore.
Si ricorda che è stato ritenuto rientrante nel concetto di "pertinenza" di privata dimora, il pianerottolo condominiale, antistante la porta dell'abitazione di uno dei condomini, avente, come gli altri, diritto di escludere l'intruso, le aree condominiali in genere, ivi comprese quelle destinate a parcheggio che non siano nella disponibilità dei singoli condomini, l'androne del palazzo; in tali ipotesi la giurisprudenza, nella sostanza, pone l'accento sulla strumentalità del rapporto tra il luogo violato e di collocazione del bene asportato con la privata dimora, valorizzando appunto il collegamento o la relazione di accessorietà e comunque la contiguità, anche solo di servizio tra i luoghi, come appunto per le parti comuni di un edificio condominiale rispetto alle private dimore in tale edificio esistenti.