Speciale Pubblicato il 18/03/2024

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Convenzioni contro la doppia imposizione. Chi può beneficiarne?

di Avv. Margherita Kòsa

Convenzioni contro la doppia imposizione. i benefici convenzionali devono essere garantiti per il solo assoggettamento fiscale “full liability to tax”.



Le convenzioni per evitare le doppie imposizioni sono trattati internazionali, con i quali i paesi contraenti regolano la propria potestà impositiva, con la finalità di eliminare le doppie (triple o multiple) sottoposizioni ad imposizioni dei redditi e/o del patrimonio dei rispettivi residenti.

Le convenzioni sono, altresì, legge dello Stato, per cui devono sottostare al diritto preminente e prevalente eurounitario, oltre che alla Costituzione e principi fondamentali dell’ordinamento nazionale e sistema internazionale.

Per tale ragione, la pubblica amministrazione italiana (Agenzia delle entrate e/o INPS) e/o il giudice, al fine di applicare le previsioni di cui alle convenzioni, nel caso in cui risulti necessario, devono necessariamente fornire una interpretazione adeguatrice di dette previsioni al sistema.

Alcune convenzioni di cui Italia è parte contengono criteri di applicazione di dubbia legittimità e/o sono interpretati in maniera errata ed illegittima.

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Convenzioni contro la doppia imposizione: linee guida della Cassazione

Quali sono le consolidate linee guida della Cassazione, al fine di stabilire chi può beneficiare delle convenzioni contro la doppia imposizione?

“Ai fini della doppia imposizione rileva la sola esistenza del potere impositivo principale, indipendentemente dall’effettivo pagamento dell’imposta” (ex multis Cass. n. 10706/2019).

“Si è precisato che la sufficienza del solo fattore in sé della esistenza del potere impositivo principale dell’altro Stato, deve ritenersi coerente con le finalità delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, le quali hanno la funzione di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali, onde evitare che i contribuenti subiscano un maggior carico fiscale sui redditi percepiti all’estero ed agevolare l’attività economica e d’investimento internazionale” (Cass. n. 27600/2011).

“Tale orientamento consolidato, è stato confermato in altre pronunce successive (Cass., 10 ottobre 2018, n. 26377), basate anche sulla sentenza della Corte di Giustizia UE 19 novembre 2009, n. 540, con cui si è affermato che l’art. 10 della Convenzione Italia-Svizzera va interpretato nel senso che la minore imposta ivi prevista è applicabile per il solo fatto della soggezione del dividendo alla potestà impositiva principale dell’altro Stato, indipendentemente dall’effettivo pagamento dell’imposta.

La sufficienza del solo fattore in sè dell’esistenza del potere impositivo principale dell’altro Stato, deve ritenersi infatti coerente con le finalità delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, le quali hanno la funzione di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali” (Cass., 10 novembre 2017, n. 26656).

“Non è dunque corretto subordinare il rimborso della ritenuta alla circostanza che la società percipiente estera abbia effettivamente sborsato, nel paese UE di residenza, l’imposta sul dividendo proveniente dall’Italia; risultando per contro (necessario e) sufficiente che tale dividendo concorra alla formazione del reddito complessivo, ancorché non sussista effettivo prelievo fiscale” (Cass., 26377/2018 cit.).

Per la Corte di Giustizia UE (Corte Giustizia 19-11-2009, n. 540 cit.): “la scelta di tassare nell’altro Stato membro i redditi provenienti dall’Italia o il livello a cui sono tassati non dipende dalla Repubblica italiana, ma dalle modalità di imposizione definite dall’altro Stato membro.

La Repubblica italiana non ha, di conseguenza, alcun fondamento nel sostenere che l’imputazione dell’imposta ritenuta alla fonte in Italia sull’imposta dovuta nell’altro Stato membro, in applicazione delle previsioni delle convenzioni contro la doppia imposizione, consenta in ogni caso di compensare la differenza di trattamento derivante dall’applicazione della normativa nazionale (…).

Inoltre, si rileva che il Commentario OCSE prevede al paragrafo 8.2, divenuto 8.11, nella versione del 2017, che 

“in many States, a person is considered liable to comprehensive taxation even if the Contracting State does not in fact impose tax. For exemple, pension funds, charities and other organisations may be exempted from tax, but they are exempt only if they meet all of the requirements for exemption specified in the tax laws. They are, thus, subject to the tax laws of a Contracting State. Furthermore, if they do not meet the standards specified, they are also required to pay tax”.

Pertanto, “in molti Stati, si è considerati soggetti ad una tassazione onnicomprensiva anche se lo Stato contraente di fatto non applica l’imposta. Per esempio, gli enti caritatevoli e le altre organizzazioni potrebbero essere esentati dal tributo, ma solo a condizione che soddisfino tutti i requisiti per tale esenzione posti dalla legislazione tributaria. Gli stessi sono, pertanto, soggetti alle norme fiscali di uno Stato contraente”.

Convenzioni contro la doppia imposizione: il valore interpretativo del modello OCSE

“Inoltre, il valore interpretativo del modello OCSE si rinviene in numerosi precedenti di legittimità (Cass., 32842/2018, in tema di royalties per il concetto di “beneficiario effettivo”; Cass., 7 settembre 2018, n. 21865, in materia di redditi percepiti all’estero dagli artisti; Cass., 10 novembre 2017, n. 26638, in relazione alla Convenzione Italia – Federazione Russa per l’individuazione della residenza della persona fisica; Cass., 33218/2018 con riferimento alla stabile organizzazione)”.

“Si evidenzia che la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (art. 31, comma 1) stabilisce che “un trattato deve essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo”.

Pertanto, l’espressione utilizzata nella Convenzione Italia-Svizzera per la definizione della persona “fisica” residente, secondo il Modello Ocse di Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni (“assoggettata ad imposta nello stesso Stato…”), deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento ad imposizione in modo illimitato (“full liability to tax”), a nulla rilevando il dato dell’effettivo prelievo fiscale subito dalla persona fisica.

I benefici convenzionali devono essere garantiti per il solo assoggettamento del richiedente alla potestà impositiva dello Stato contraente, ricordando l’espressione utilizzata per la definizione della persona “fisica” residente deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento ad imposizione in modo illimitato, a nulla rilevando il dato dell’effettivo prelievo fiscale subito dalla persona fisica (da ultima, a conferma dell’indirizzo consolidato, v. Cass. sez. V civ., Sent. 24 agosto 2022, n. 25195)”.

I suddetti incontrovertibili principi sono stati ribaditi anche dalla recentissima Cass. n. 27278/2023, secondo cui il modello OCSE deve essere considerata la chiave ermeneutica delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, anche in ottica di interpretazione sistematica ex art. 31 del Trattato di Vienna.

“Inoltre, il valore interpretativo del modello Ocse si rinviene in numerosi precedenti di legittimità (Cass., 32842/2018, in tema di royalties per il concetto di “beneficiario effettivo”; Cass., 7 settembre 2018, n. 21865, in materia di redditi percepiti all’estero dagli artisti; Cass., 10 novembre 2017, n. 26638, in relazione alla Convenzione Italia-Federazione Russa per l’individuazione della residenza della persona fisica; Cass., 33218/2018 con riferimento alla stabile organizzazione).

Effettivamente questa Corte ha avuto modo di chiarire che <<In tema di doppia imposizione internazionale, la nozione di persona fisica residente in uno Stato contraente, deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento della stessa ad imposizione in modo illimitato nello Stato di residenza, indipendentemente dall’effettivo prelievo fiscale subìto, essendo lo scopo delle convenzioni bilaterali quello di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali ed agevolare l’attività economica internazionale, come affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 19 novembre 2009, n. 540>> (Cass. n. 10706/2019; conf. Cass. 25195/2022).

Nelle citate pronunce (e nei precedenti in esse richiamati) si è precisato che la sufficienza del solo fattore in sé della esistenza del potere impositivo principale dell’altro Stato, deve ritenersi coerente con le finalità delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, le quali hanno la funzione di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali.

Dunque non è corretta l’affermazione del giudice di appello, secondo cui il contribuente avrebbe avuto l’onere di dimostrare l’effettiva sottoposizione a tassazione dei redditi in oggetto nel paese di residenza fiscale, essendo sufficiente la dimostrazione del potenziale assoggettamento ad imposizione nello stato di residenza. Pertanto la prova prodotta andava esaminata con riferimento al criterio della prova della residenza fiscale e della conseguente soggezione “astratta” dei redditi ad imposta (Cass. n. 27278/2023, Cass. n. 18920/2023).

Convenzioni contro la doppia imposizione: soggetto potenzialmente assoggettato ad imposizione “subject to tax”

“Va quindi ribadito che la condizione “subject to tax” deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento ad imposizione in modo illimitato nello Stato di residenza (“full liability to tax”), indipendentemente dall’effettivo prelievo fiscale subito, essendo lo scopo delle fonti multilaterali e delle convenzioni bilaterali quello di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali ed agevolare l’attività economica internazionale, come affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 19 novembre 2009, n. 540” (cfr. Cass. n. 27600 del 2011, Cass. n. 10706 del 2019, Cass. n. 1967 del 2020; ed ancora, Cass. nn. 5145, 5152, 6248, 7108, 16834 e 25196 del 2022, Cass. n. 23025/2023, Cass. n. 20618/2023 del 17.7.2023).

Convenzioni contro la doppia imposizione: giudice e PA devono adeguarsi al diritto comunitario

È obbligo del giudice nazionale e della pubblica amministrazione a interpretare le disposizioni convenzionali in modo conforme al diritto comunitario.

“La soggezione al diritto comunitario – nell’ambito della Comunità europea - del contenuto dei trattati coi Paesi terzi comporta, quindi, l’obbligo del giudice nazionale e della pubblica amministrazione a interpretare le disposizioni convenzionali in modo conforme al diritto comunitario e, nei casi in cui tale interpretazione conforme non sia possibile, a trarre tutte le conseguenze che derivano dal contrasto tra le norme dei due ordini, prima fra tutte l'obbligo di disapplicare le norme (interne o di diritto internazionale pattizio) contrastanti con le disposizioni e principi di diritto comunitario, primario o secondario, che abbiano diretta applicabilità”.

(ex multis, Cass. 28/12/2016, n. 27112, Cass. 28/12/2016, n. 27111, Cass. n. 21454/2022 del 6.7.2022, Cass. n. 21581/2023 del 20.7.2023, Cass. n. 21720/2023 del 20.7.2023, Cass. n. 15060/2023 del 29.5.2023).



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