Siamo in fase di arrivo per i bilanci d’esercizio 2023, amministratori e organi di controllo devono attenzionare talune poste contabili, che più di altre possono pesare sul risultato d’esercizio e sono rilevanti fiscalmente.
Questo contributo tratta le perdite durevoli delle immobilizzazioni materiali ed immateriali come definite dall’OIC 9, tenendo in considerazione che, già a partire dal 1° gennaio 2024 alcune società rientrano nel perimetro dell’obbligo della dichiarazione di sostenibilità CSRD e dei nuovi principi di rendicontazione di sostenibilità, ESRS[1].
Di conseguenza, le politiche di valutazione del valore residuo di immobili, impianti, macchinari e delle attività immateriali, devono affrontare/prevedere l’impatto dei rischi climatici di transizione o rischi fisici.
L’ OIC 29 prevede che nel bilancio occorre dare informativa dei fatti di rilievo verificabili dopo la chiusura dell’esercizio se possono compromettere la possibilità dei destinatari dell’informazione societaria di fare corrette valutazioni e prendere decisioni appropriate.
Sebbene l’OIC9 non faccia riferimento ai rischi climatici, la lettura combinata con l’ ESRS E1[2], è coerente con il principio di connettività dell’informativa finanziaria e di sostenibilità del quadro normativo europeo e italiano (Banca D’Italia, Organismi di Vigilanza) in materia di rendicontazione dei rischi climatici.
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Il principio OIC 9 fissa le regole per la determinazione delle perdite durevoli delle immobilizzazioni materiali ed immateriali.
La perdita durevole è la diminuzione di valore che rende il valore recuperabile di un’immobilizzazione, determinato in una prospettiva di lungo termine, inferiore rispetto al suo valore netto contabile:
Valore recuperabile di un’attività o di un’unità generatrice di flussi di cassa | è il maggiore tra il suo valore d’uso e il suo fair value, al netto dei costi di vendita
esempi di costi di vendita sono le spese legali connesse alla transazione, imposte, e costi diretti necessari per rendere il bene pronto per la vendita |
Valore netto contabile | È il valore contabile delle attività iscritte in bilancio calcolato sottraendo l’ammortamento accumulato dal costo di acquisto originario dell’attività. |
La svalutazione deve essere rilevata soltanto nel caso il valore recuperabile risulta inferiore al corrispondente valore netto contabile. La rilevazione e la rappresentazione e classificazione contabile è la seguente:
“Immobilizzazioni” SP @ “Altre svalutazioni delle immobilizzazioni”, CE B10c)
L’eventuale ripristino del valore deve essere imputato alla voce “Altri ricavi e proventi”, A5, CE
Alla data di chiusura dell’esercizio amministrativo, la società valuta se esiste un indicatore potenziale di perdita durevole per il quale un’immobilizzazione possa aver subito una riduzione di valore e procede alla stima del valore recuperabile dell’attività.
Il principiò OIC 9 riporta un elenco di indicatori potenziali:
L’OIC 9 fissa dure regole:
La recuperabilità delle immobilizzazioni confronta il loro valore recuperabile (determinato sulla base della capacità di ammortamento dei futuri esercizi o, se maggiore, sulla base del fair value) con il loro valore netto contabile iscritto in bilancio.
Nel caso in cui la società presenti una struttura produttiva segmentata in rami d’azienda, o business, la capacità di ammortamento andrà determinata con riferimento ai singoli rami d’azienda, o business (ciò renderà necessario individuare opportuni criteri per la ripartizione dei costi indiretti quali, ad esempio, gli oneri finanziari). La verifica della sostenibilità degli investimenti deve essere basata sulla stima dei flussi reddituali futuri riferibili alla struttura produttiva nel suo complesso e non sui flussi derivanti dalla singola immobilizzazione.
Tra gli altri indicatori di perdita durevole di valore delle immobilizzazioni materiali ed immateriali, i rischi climatici sono rilevanti nella misura in cui possono impattare sulla stima del valore residuo e della vita utile delle immobilizzazioni materiali e immateriali.
Il principio di rendicontazione ESRS E1, conformemente alle raccomandazioni della Task force on Climate-related finanzial disclosure (Tfcd[3]) identifica due categorie di rischi climatici:
Entrambe le tipologie di rischi possono generare effetti diretti sulla valutazione della attività e passività in bilancio e sulla relativa informativa, in particolare con riferimento a giudizi significativi, stime contabili, capacità della società di continuare ad operare come un’entità di funzionamento. Per fare qualche esempio, coerente anche a quanto previsto anche dai principi IAS 36 e IAS 38 (immobili e altro) possono considerarsi indicatori di rischi climatici:
Sebbene il principio OIC 9 non faccia riferimento, esplicitamente ai rischi climatici, la lettura combinata con il principio ESRS E1, è coerente al principio di connettività dell’informativa finanziaria e di sostenibilità del quadro normativo europeo e italiano (Banca d’Italia, Organismi di Vigilanza) in materia di rendicontazione dei rischi climatici.
[1] Si veda al riguardo R. Bauer, M. Peta, reporting di sostenibilità. Indicazione per Società quotate micro e PMI non quotate, febbraio 2024, Maggioli.
[2] Principio di rendicontazione dei cambiamenti climatici in vigore dal 1 gennaio 2024, Regolamento europeo delegato (UE) 2023/2772.
[3] Organo deputati alla definizione di u set di raccomandazioni per la corretta rendicontazione dei rischi e delle opportunità legate alle questioni climatiche nel bilancio delle imprese.