Piccole ma significative modifiche per l’appello contro la sentenza emessa dalla corte di giustizia di primo grado, rendono più difficile la difesa del contribuente.
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Il ricorso in appello deve contenere l’indicazione della corte di giustizia tributaria cui è diretto, dell’appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto, degli estremi della sentenza impugnata, l’esposizione sommaria dei fatti, l’oggetto della domanda ed i motivi specifici dell’impugnazione.
Il ricorso è riammissibile se manca o è assolutamente incerto uno degli elementi sopra indicati o se non è sottoscritto dal difensore, ai sensi dell’art. 18, comma 3, del d.lgs. 31.12.1992, n. 546.
Le questioni e le eccezioni che non sono state accolte nella sentenza oggetto dell’appello e che non sono specificamente riproposte in secondo grado si intendono rinunciate.
Nel giudizio in appello non possono essere proposte domande nuove e, se presentate sono inammissibili, fatta eccezione per gli interessi.
Va ricordato che in primo grado già il ricorso deve indicare i motivi dell’impugnazione per cui con la memoria illustrativa non ne è consentita l’integrazione.
Le mere argomentazioni di carattere difensivo, proponibili in appello, sono l’eccezione per dichiarare l’inesistenza del diritto azionato dall’ente impositore, il difetto di legittimazione passiva, l’interpretazione delle norme e la contestazione dei mezzi istruttori in primo grado.
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Secondo il testo dell’art. 58 in vigore fino al 3.1.2024, il giudice di appello “non può disporre nuove prove” e le parti “possono produrre nuovi documenti”.
Pertanto era possibile depositare documenti anche soltanto nel giudizio di appello con dubbi operativi sul fatto che non di rado sono anche nuove prove.
Del tutto nuovo è il testo riscritto con il d.lgs. 30.12.2023, n. 220, in vigore dal 4.2.2024, secondo cui:
I documenti e le prove possono essere prodotti soltanto nel corso del giudizio di primo grado, a differenza della precedente norma secondo cui era possibile depositare solo nuovi documenti entro il termine di 20 giorni liberi prima dell’udienza, ma non anche nuove prove.
Secondo la Corte di cassazione (ordinanza 22.3.3019) la parte che in primo grado “si sia limitata ad una contestazione generica del ricorso può rendere specifica la stessa in sede di gravame poiché il divieto di proporre nuove eccezioni in appello … riguarda solo le eccezioni in senso stretto e non le mere difese che non introducono temi nuovi di indagine”. Inoltre la preclusione “ex art. 57 non comporta l’improponibilità dell’illustrazione con nuovi argomenti di eccezioni già formulate, laddove non venga violato il divieto di ampliamento in appello del thema decidendum, al rispetto del quale è funzionale il limite imposto dalla legge”.
Se il giudice di primo grado non si è pronunciato sulle domande proposte nel ricorso, è possibile riproporle in appello poiché non si è in presenza di un ampliamento del contendere né di una modifica degli elementi che sono stati oggetto dell’impugnazione né un ampliamento della richiesta.
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La normativa non prevede l’osservanza di regole specifiche per impugnare la sentenza di primo grado.
Tuttavia non possono essere proposte domande nuove e nuove eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio.
La Corte di cassazione (sentenza 15.2.2022, n. 21489) ha affermato che va consentito ricorrere in secondo grado “ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado”, a prescindere dalla corretta esposizione dei motivi.
Inoltre, “non è esclusa la riproposizione delle ragioni e delle argomentazioni già poste a fondamento del ricorso introduttivo del giudizio, ovvero delle controdeduzioni, quando queste ex se esprimano le ragioni di critica della pronuncia appellata nel suo intero contenuto” e la specificità “va correlata al tenore complessivo dell’atto di gravame ove, dunque, le ragioni di critica del decisum fatto oggetto di impugnazione debbono desumersi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni”.
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L’appellante può chiedere alla corte di giustizia tributaria di secondo grado di sospendere, in tutto o in parte l’esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi. Dal 4.1.2024 è stata soppressa la richiesta del contribuente di “sospensione dell’atto se da questa può derivargli un danno grave e irreparabile”.
La procedura è diventata più veloce poiché il presidente fissa con decreto la trattazione dell’istanza per la prima camera di consiglio utile e comunque non oltre il 30° giorno dalla presentazione della richiesta “disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno cinque giorni liberi prima” (e non più entro almeno 10 giorni liberi prima).
L’udienza di trattazione non può in ogni caso coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia, regola non prevista fino al 3.1.2024.
Dopo avere sentito le parti in camera di consiglio il collegio decide con ordinanza motivata che non è impugnabile.
La sospensione dell’esecutività della sentenza ha effetto fino alla pronuncia del collegio.
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