A seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. 219/2023, sono numerose ed importanti le novità apportate al c.d. “Statuto del Contribuente” (Legge 212/2000) e che impatteranno notevolmente (e in alcuni casi positivamente) sui rapporti fra Amministrazione Finanziaria e Contribuente in sede di contestazioni di carattere fiscale.
Di seguito si riepilogano le principali novità, tenendo presente che sarà poi la prassi a dirci l’effettiva portata di tali modifiche normative nel momento della loro effettiva applicazione sul campo.
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Dello stesso autore: Indagini finanziarie (eBook 2023) Leggi anche: Riforma Irpef, Semplificazioni, Statuto contribuente |
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L’esercizio del potere di autotutela, ante riforma, era considerato più come una sorta di scocciatura dall’Ufficio che non una vera e propria interlocuzione necessaria con il Contribuente. L’autotutela , infatti, mirava a portare all’attenzione del Funzionario procedente, eventuali errori formali e sostanziali dell’atto emesso e la necessità , quindi, di procedere ad un suo annullamento (anche alla luce di quel tanto sbandierato ma, di fatto , mai applicato, principio di certezza ed economicità dell’azione amministrativa) senza dover ricorrere ad adire il Giudice Tributario. Con le modifiche apportate allo Statuto, a decorrere dal 18 Gennaio 2024, data di entrata in vigore delle nuove disposizioni normative, con i nuovi artt. 10-quater e 10-quinquies della Legge 212/2000 vengono introdotte due fattispecie diverse di autotutela, una obbligatoria e una facoltativa.
La prima rappresenta un vero e proprio dovere per l’Amministrazione finanziaria di annullare (in tutto o in parte) gli atti di imposizione, o di rinunciare all’imposizione, senza necessità di istanza di parte e anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei casi di manifesta illegittimità degli stessi.
Questa dovrà intervenire qualora si presentino le seguenti casistiche:
Qualora, tuttavia, l’Amministrazione Finanziaria abbia
l’autotutela obbligatoria non dovrà essere applicata.
Nel campo dell’autotutela facoltativa, invece, l’Ufficio può comunque procedere all’annullamento dei propri atti senza che vi sia la necessità dell’istanza da parte del Contribuente, e ciò anche laddove il giudizio sia ancora pendente che in caso di giudizio definitivo.
Nella relazione illustrativa al D.lgs. 219/2023, vengono esemplificati alcuni casi di autotutela facoltativa quali la doppia imposizione, la mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti, la sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi che siano stati precedentemente ed immotivatamente negati.
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Al contribuente viene sempre riconosciuta la possibilità di impugnare il diniego all’istanza di autotutela obbligatoria (sia in caso di rifiuto espresso che tacito, ex art. 19, comma 1, lettera g-bis) del D.lgs. 546/1992).
Stessa sorte viene prevista nel caso di rifiuto afferente l’autotutela facoltativa (art. 19, comma 1, lettera g-ter) del D.lgs. 546/1992)
Si introduce ,quindi, un vero e proprio obbligo che, almeno sulla carta, peserà non poco sulla valutazione dei comportamenti dei Funzionari i quali , ricevuta istanza di parte, dovranno attivarsi in modo sostanziale nella valutazione di quanto indicato dal Contribuente.
Si sottolinea, tuttavia, che il Legislatore, confidando forse eccessivamente nel principi di affidamento nei confronti dell’azione amministrativa, circoscrive l’ambito della responsabilità dell’amministrazione finanziaria nelle valutazioni prese in merito all’autotutela, ai soli casi di dolo e non anche di colpa grave, come prevede normalmente la norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 20/1994 per la responsabilità amministrativo-contabile.
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Se nella motivazione dell’atto impositivo si fa riferimento ad un altro atto, che non è già stato portato a conoscenza dell'interessato, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale e la motivazione indichi espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell'atto richiamato si ritengono sussistenti e fondati, pena l’annullabilità dell’atto medesimo.
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Il nuovo Statuto del contribuente prevede la piena nullità, configurando il vizio di mancanza di notificazione, degli atti impositivi o della riscossione che risultino manchevoli di elementi essenziali ovvero effettuata nei confronti di soggetti giuridicamente inesistenti, totalmente privi di collegamento con il destinatario o estinti.
Al di fuori di tali fattispecie, la notificazione eseguita in violazione delle norme di legge è nulla, ma la nullità può essere sanata dal raggiungimento dello scopo dell'atto, sempreché l'impugnazione sia proposta entro il termine di decadenza dell'accertamento
In ogni caso la costituzione in giudizio del contribuente sana il vizio di notifica (tale principio era già stato più volte esplicitato dalla Suprema Corte in numerose sentenze , vedasi, fra le ultime , Ordinanza 05 agosto 2021, n. 22340).
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L’obbligo di conservazione di atti e documenti, comprese le scritture contabili, non può eccedere 10 anni dalla loro emanazione, formazione e utilizzazione. Pertanto è espressamente previsto che il decorso del termine preclude definitivamente la possibilità per l'Amministrazione finanziaria di fondare pretese su tale documentazione.
Inoltre, qualora l’accertamento verta su più tributi, salvo che specifiche disposizioni prevedano diversamente e ferma l'emendabilità di vizi formali e procedurali, al contribuente è riconosciuto il diritto a che l'Amministrazione eserciti l'azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo d'imposta.
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Con il D.lgs. n. 219/2023 all’articolo 2 comma 4 è stato abrogato l’istituto dell’acquiescenza processuale.
Si ricorda che l’acquiescenza è la rinuncia , da parte del Contribuente, a presentare ricorso contro un atto dell’Amministrazione Finanziaria e, a fronte, di tale rinuncia, lo stesso poteva giovarsi della riduzione delle sanzioni indicate nell’atto impositivo, nella misura di 1/3.
Tale abrogazione si ritiene che vada ad armonizzare la nuova struttura della fase precontenziosa, la quale ha visto l’introduzione dell’autotutela rafforzata nonché della nuova conciliazione
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Viene definitivamente abrogato l’istituto del reclamo/mediazione di cui all’articolo 17 bis del D.lgs. n. 546/92, tramite il quale, si ricorda, il Contribuente, per le controversie fino ad un valore di euro 50.000, prima di depositare il ricorso tributario, aveva l’obbligo, pena l’ammissibilità del ricorso stesso, di esperire istanza di reclamo/mediazione.
Con la riforma fiscale, pertanto, è stato uniformato nuovamente il sistema conciliativo, senza procedere quindi ad una distinzione legata al valore della controversia che imponeva due canali distinti pregiudizievoli all’avvio dell’azione giudiziale.
Viene quindi previsto quanto segue:
a) Conciliazione extra giudiziale (molto simile a quanto già in vigore in sede di mediazione civile):
si concretizza con il deposito in giudizio di una proposta di conciliazione congiunta (amministrazione finanziaria/contribuente) e che si perfeziona con la sottoscrizione di un accordo nel quale vengono specificatamente indicate le somme dovute, i termini e le modalità di pagamento delle stesse.
L’accordo ha efficacia novativa del precedente rapporto, con la conseguenza che, in caso di inadempimento, il credito derivante dall’accordo stesso viene immediatamente iscritto a ruolo.
Tale conciliazione è applicabile ad ogni grado di giudizio, compresi i giudizi pendenti presso la Suprema Corte di Cassazione.
b) Conciliazione giudiziale: ciascuna delle parti, anche all’interno delle proprie memorie illustrative, può presentare richiesta di conciliazione .
Quest’ultima si perfeziona con la redazione del processo verbale in giudizio e gli effetti sono i medesimi previsti per la conciliazione extra giudiziale
A seguito dell’intervenuta conciliazione, la commissione dichiara con sentenza l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.
c) Conciliazione per le controversie “ex” mediazione: per le controversie che rientravano nel perimetro di applicazione dell’abrogato istituto del “reclamo/mediazione” (ricorsi depositati fino al 03.01.2024), viene prevista una “terza” forma di conciliazione, la c.d. “Conciliazione proposta dalla Corte di Giustizia Tributaria”. Tale conciliazione, su proposta del Giudice Tributario, mira a chiudere definitivamente i contenziosi che attualmente si trovano in una sorta di limbo giuridico essendo pesantemente menomate della riforma tributaria di recente introduzione.
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