A mente dell'art. 1102 c.c., ciascun condomino può trarre dalla cosa comune un'utilità maggiore e più intensa di quella che ne venga tratta dagli altri comproprietari, a condizione che ciò non comprometta il diritto al pari uso da parte dei medesimi e si rispettino ulteriori due parametri:
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Il decoro architettonico attiene a tutto ciò che dell'edificio è visibile e apprezzabile dall'esterno, posto che esso si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, cioè alla sua particolare struttura e fisionomia, che contribuisce a dare al palazzo una sua specifica identità.
Il decoro architettonico dell’edificio rappresenta un bene comune, il cui mantenimento è tutelato, a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare. Così, ad esempio, non è possibile per il singolo condominio installare una canna fumaria, larga 30 cm e alta oltre tredici metri, costituendo senza dubbio un manufatto di rilevante impatto, capace di interferire negativamente anche nei confronti di un edificio con modesti canoni architettonici.
Alle stesse conclusioni si deve arrivare per il condizionatore installato su una parte esterna dell'edificio di mastodontiche dimensioni (del resto, l'esigenza di refrigerazione delle unità immobiliari deve conciliarsi con il diritto di tutti i condomini a non vedere danneggiato il decoro e l'estetica dello stabile).
In quest’ottica l'apposizione di finestre persiane solo su un lato della facciata condominiale, fatto accertato sia nel primo sia nel secondo grado di giudizio, è stata ritenuta alterazione della fisionomia architettonica dell'edificio, con conseguente pregiudizio economico insito nella stessa menomazione del decoro della facciata (Cass. civ., sez. VI, 19/10/2023, n. 30876).
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Non è raro che nel regolamento si trovino clausole che vietino qualsiasi opera esterna che modifichi l’architettura e l’estetica del fabbricato e delle parti comuni o vietino tutte le opere che, anche senza arrecare danno o pregiudizio, siano tali da modificare (in qualsiasi senso, anche migliorativo) le originarie linee architettoniche dell’edificio o la sua estetica e simmetria.
Del resto è del tutto legittimo che le norme del regolamento di condominio – ove di natura contrattuale, cioè predisposte dall’unico originario proprietario dell’edificio ed accettate con i singoli atti d’acquisto dai subentrati condomini, ovvero adottate con il consenso unanime di questi ultimi in sede assembleare – possano derogare od integrare la disciplina legale e, in particolare, possano dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall’art.1120 c.c., estendendo il divieto di realizzare modifiche sino alla conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica, all’aspetto generale dell’edificio risultanti nel momento della sua costruzione od esistenti in quello della manifestazione della volontà negoziale.
In base a tali disposizioni regolamentari, pertanto, una qualsiasi opera che incida sull’originario assetto architettonico dell’edificio, come, ad esempio, l’apertura di nuovi lucernari o l’installazione di un secondo telaio a vetri sul lato esterno di un facciata o la collocazione di un pensile sulla terrazza, è illegittima indipendentemente dal fatto che dette opere siano visibili o meno oppure dal fatto che vi sia lesione o meno dell’estetica del caseggiato: le opere realizzate sono comunque in contrasto con il regolamento che vieta qualsiasi opera modificatrice, anche migliorativa, senza necessità di ulteriori indagini.
Naturalmente tali pattuizioni sono vincolanti per gli acquirenti delle singole unità immobiliari nella sola ipotesi che il relativo acquisto si collochi in epoca successiva alla predisposizione del regolamento.
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Sono pienamente valide anche quelle clausole del regolamento che, da un lato condizionano la realizzazione di qualsiasi opera che possa modificare la sicurezza, la stabilità e lo stato di decoro dell’edificio al consenso preventivo dell’assemblea, dall’altro prevedano l’obbligo del ripristino dello stato di fatto come sanzione per l’esecuzione delle modifiche in difetto di autorizzazione: tale clausole vogliono certamente sancire il principio dell’immodificabilità del fabbricato senza il consenso dell’assemblea.
In tal caso, senza il consenso dell’assemblea qualunque opera è illecita indipendentemente dal fatto che alteri o meno il decoro della facciata: non vi è dubbio infatti che tale clausola non abbia lo scopo di ribadire e ricordare la disciplina legislativa ma quella di fissare ulteriori obblighi e limitazioni per i condomini.
Quanto sopra però vale solo se le pattuizioni in questione siano formulate in modo espresso o comunque non equivoco così da non lasciare alcun margine d'incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni.
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