Il legislatore, per finalità di contrasto all’evasione e alle frodi in ambito IVA, in deroga al principio ordinario dell'obbligo di rivalsa, ha previsto per determinate operazioni nazionali, l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, anche detto reverse charge.
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L’inversione contabile prevede che il cedente, soggetto passivo in Italia, è tenuto ad emettere il documento fiscale senza addebitare l’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti del decreto Iva e con l’indicazione della norma che prevede la deroga, mentre l’acquirente deve integrare la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e annotarla sia nel registro delle fatture emesse sia nel registro degli acquisti. Quindi, l’obiettivo del reverse charge è quello di “trasformare” in debitore dell’Iva il cessionario, per rendere più complicata l’evasione dell’imposta.
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Nella decisione di esecuzione n. 2010/710/UE del Consiglio si legge che “l’uso di un meccanismo di inversione contabile comporta un minor rischio di spostamento della frode sul commercio al dettaglio”.
Infatti, il reverse charge ha la finalità di ridurre il rischio di spostamento della frode sul commercio al dettaglio, ma non elimina totalmente la possibilità di evadere l’imposta, come viene spiegato nell’e-book “Detraibilità IVA e operazioni inesistenti”.
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Negli ultimi anni era sorto il dubbio se l’IVA assolta in reverse charge, relativa ad operazioni inesistenti, vista la riforma della disciplina sanzionatoria del sistema dell’inversione contabile, di cui all’art. 6, comma 9-bis, 9-bis.1, 9-bis.2 e 9-bis.3 del decreto legislativo 471/1997.
L’articolo 6, comma 9-bis.3 prevede che «Se il cessionario o committente applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta ai sensi dell’articolo 26, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.».
La norma continuava disciplinando le ipotesi in cui l’errata applicazione dell’inversione contabile riguardi operazioni inesistenti, prevedendo che anche in questi casi si applicasse la disposizione del primo periodo, con l’irrogazione della sanzione amministrativa compresa tra il cinque e il dieci per cento.
Il dubbio interpretativo riguardava il campo di applicazione dell’art. 6 comma 9-bis 3 del D.Lgs. 471/1997, ovvero se la nuova procedura ivi prevista si applicasse alle sole operazioni astrattamente esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta e che siano regolate dal cessionario con l’inversione contabile, oppure se i più favorevoli trattamenti fiscali e sanzionatori introdotti dal suindicato comma non trovassero applicazione nel caso di operazioni imponibili inesistenti in inversione contabile.
Sul punto quindi si erano pronunciate sia, fin dal 2016, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 16679, che l’Amministrazione finanziaria con la circolare 16/E del 2017.
Gli interventi interpretativi non erano risultati esaustivi in quanto continuavano a registrarsi opinioni differenti sia da parte della dottrina che della giurisprudenza di legittimità la quale non era totalmente allineata ai principi espressi nella sentenza suindicata.
Per tale ragione sono state chiamate ad esprimersi le sezioni unite della Corte di Cassazione, la quale con la sentenza n. 22727 del 2022, richiamando i principi espressi dalla sentenza 11 novembre 2021, causa C-281/20 della Corte di Giustizia UE, ha ritenuto indetraibile l’IVA afferente le fatture per operazioni inesistenti (sia in senso oggettivo che soggettivo) astrattamente imponibili in inversione contabile e chiarendo che la previsione dell’art 6 comma 9-bis 3 dovesse essere riferita alle sole operazioni astrattamente esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta.
Per definire gli effetti derivanti dal descritto contrasto giurisprudenziale e adeguare la disposizione all’interpretazione dei giudici europei è infine intervenuto anche il Governo, con la Legge di bilancio per il 2023, più precisamente l’articolo 1, comma 152, della legge 22 dicembre 2022 n. 197, il quale ha inserito alla fine dell’articolo 6, comma 9-bis.3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 471, il seguente periodo: «Le disposizioni dei periodi precedenti non si applicano e il cessionario o committente è punito con la sanzione di cui al comma 6 con riferimento all’imposta che non avrebbe potuto detrarre, quando l’esecuzione delle operazioni inesistenti imponibili è stata determinata da un intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cessionario o committente era consapevole.», quindi disciplinando con norma i principi espressi dai giudici di Piazza Cavour.
A conferma dell’indetraibilità dell’IVA relativa ad operazioni inesistenti in inversione contabile, si è espressa anche:
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