L’istituto del c.d. “ravvedimento operoso” non permette di sanare tutte le omissioni e le irregolarità connesse.
Lo afferma, a chiare lettere, la risposta a interpello n. 450 del 20.10.2023 sollevato da una società che dal 2016 cura in Italia aste immobiliari omettendo di considerare che l’art. 7-quater, comma 1, lett. a), del d.p.r. 26.10.1972, n. 433, qualifica i servizi d’asta assoggettati all’IVA in Italia.
Per le prestazioni di fornitura di servizi d’asta, soggette all’aliquota del 22%, la società intende regolarizzare le omissioni di
Il volano della procedura è la determinazione dell’imponibile cioè se il corrispettivo comprende o meno l’IVA.
La risposta è articolata precisando quale sia l’iter da seguire considerando il fatto che l’omissione della fattura si riverbera a cascata sugli adempimenti conseguenti per i quali sono fornite indicazioni che integrano i contenuti delle circolari 10.7.1998, n. 80/E, e 12 10.2016, n. 42/E.
Di seguito ulteriori dettagli.
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Il cumulo giuridico di cui all’art. 12 del d.lgs. 18.12.1997, n. 472, non trova applicazione nel ravvedimento operoso ma soltanto a discrezione dell’Agenzia delle entrate nel momento di contestazione della violazione.
“Le singole violazioni non possono essere cumulate giuridicamente secondo le regole sul concorso di violazioni e sulla continuazione di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997, per l’assorbente rilievo che le disposizioni contenute nello stesso possono essere applicate solo dagli uffici impositori, in sede di irrogazione delle sanzioni” (circolare n. 180/E citata).
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La dichiarazione presentata con ritardo superiore a 90 giorni è considerata omessa e non può essere sanata mediante il ravvedimento operoso che focalizza l’attenzione sugli errori e le omissioni commessi nella dichiarazione.
La nuova deroga è costituita dalla dichiarazione presentata con ritardo non superiore a 90 giorni, la cui irregolarità può essere sanata con la sanzione ridotta a un decimo del minimo.
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Mediante l’istituto della rivalsa il contribuente addebita l’IVA al cliente.
Secondo al Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 1.7.2021, causa C-521/19), se non è stata emessa la fattura gli importi percepiti vanno intesi “come prezzo già comprensivo dell’IVA”.
Pertanto, il prezzo incassato, “inizialmente non fatturato, va inteso come comprensivo dell’imposta laddove il cessionario non possa esercitare la relativa detrazione — tipicamente laddove si tratti di un consumatore finale o un soggetto non residente - e al netto della stessa in ipotesi contraria” cioè se la controparte è un soggetto passivo IVA.
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L’art. 9 del d.lgs 18.121997, n. 471, prevede l’irrogazione della sanzione da € 1.000 a € 8.000 per l’omissione o la non conservazione delle scritture contabili obbligatorie secondo le prescrizioni di legge in materia di IVA e di imposte sui redditi.
“La sanzione è da considerarsi unica …, altrettanto non può dirsi per la reiterazione del comportamento tra i vari periodi d’imposta. Ciò sia per la già richiamata impossibilità di fare ricorso all’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 in sede di ravvedimento, sia perché le violazioni (omessa tenuta e successiva conservazione) si configurano di anno in anno (sarebbe ad esempio impossibile considerare unitamente una fattura che doveva essere emessa, e poi conservata, nel 2017 con altra del 2021)”.
Il ravvedimento operoso è subordinato all’osservanza dei seguenti adempimenti:
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Qualora non sia osservato il dettato dell’art. 35 del d.p.r. 26.10.1972, n. 633, è prevista la sanzione da € 500 a € 2.000, ridotta a un quinto del minimo se la dichiarazione è presentata con ritardo non superiore a 30 giorni.
Tuttavia, l’adempimento fatto successivamente non esclude il ravvedimento operoso (interpello 5.3.2020, n. 86).
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L’omesso o tardivo versamento periodico
è punito con la sanzione del 30% conteggiata su ogni importo non versato in tutto o in parte, come è disposto dall’art. 13 del d.lgs. n. 471 citato.
Secondo il successivo art. 11, comma 2-ter, viene irrogata la sanzione da € 500 a € 2.000 per l’omessa, incompleta o infedele comunicazione delle liquidazioni trimestrali, ridotta alla metà se il ritardo è fino a 15 giorni.
L’omessa dichiarazione (art. 5, comma 1) è punita con la sanzione dal 120 al 240% dell’Iva dovuta per il periodo d’imposta, computando “in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell’anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite”.
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Per ciascun periodo d’imposta la regolarizzazione comporta:
Le sanzioni minime
VIOLAZIONE | SANZIONE |
omessa fatturazione | 90% dell’IVA non fatturata, con il minimo di € 500 per ogni documento (a) |
omessa liquidazione periodica | € 500 per ognuna (b) |
omesso versamento | 30% per ogni importo non versato (a) |
omessa dichiarazione | 120% dell’imposta dovuta, con un minimo di € 250 (b)
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A questo punto, è opportuno fare una riflessione sulla convenienza di utilizzare lo strumento del
ravvedimento operoso non solo per l’Iva ma anche per gli eventuali collegamenti ai fini delle imposte sui redditi.
Forse è più conveniente attendere che l’Agenzia delle entrate emetta l’avviso di accertamento applicando la sanzione secondo quanto è previsto dall’art. 12 citato cioè il concorso di violazioni e la continuazione. Tenendo conto che secondo il comma 7 “la sanzione non può comunque essere superiore a quella risultante dal cumulo delle sanzioni previste per le singole violazioni”.
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