Negli ultimi anni, il mondo del lavoro in Italia ha attraversato profonde trasformazioni demografiche e una crescente instabilità nel mercato del lavoro, come evidenziato dal VI Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale.
Uno dei trend più significativi è l'invecchiamento della forza lavoro, con una diminuzione degli occupati più giovani (-7,6% tra i 15-34enni) e un aumento di quelli anziani (+68,9% tra gli over 65enni).
Questo fenomeno è stato accelerato dal calo delle nascite (-25,6% tra il 2002 e il 2021), cambiando la struttura per età della popolazione. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro si caratterizza per il maggior turnover spesso guidato dalla ricerca di lavori più stabili e sicuri.
Di seguito ulteriori dettagli.
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Il rapporto Censis-Eudaimon svela che molti lavoratori hanno un atteggiamento soggettivamente negativo verso l'impiego. Una percentuale significativa di occupati percepisce il proprio incarico solo come un mezzo per guadagnare denaro, con il 46,7% degli occupati che sarebbe incline a cambiarlo, qualora ne avesse l'opportunità. Questa percezione si riflette altresì nella valutazione delle opportunità di carriera, dei salari e della qualità della vita legata all'occupazione.
Questo rapporto offre un quadro significativo del contesto attuale del mercato del lavoro in Italia, mettendo in evidenza un crescente senso di insoddisfazione e una percezione negativa del lavoro tra numerosi lavoratori. Cosa possono fare le aziende per invertire questa tendenza? Una delle misure che la maggior parte delle imprese può adottare è l'implementazione di strumenti finalizzati a creare ambienti di lavoro più favorevoli. Tuttavia, è importante notare che questo processo non avviene istantaneamente; richiede un cambiamento di mentalità da parte dei dirigenti aziendali affinché diventi una parte integrante della cultura e dei valori aziendali.
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Il fatto che una percentuale piuttosto elevata degli occupati sarebbe disposto a cambiare lavoro sottolinea quanto sia importante per le aziende non solo attirare nuovi talenti ma anche trattenere quelli esistenti.
Questo dato evidenzia la necessità di non limitarsi a cercare nuovi talenti ma anche di fidelizzare quelli già presenti. Una strategia efficace per raggiungere questo obiettivo è offrire ai nostri dipendenti dei benefici di welfare aziendale.
Questo tipo di intervento rappresenta un investimento nella salute, nella crescita e nella qualità di vita dei nostri dipendenti. Non si limita ad offrire loro buoni pasto o carburante, ma garantisce anche l’accesso a servizi di assistenza sanitaria, palestra, supporto psicologico, consulenza, formazione e sviluppo personale. Inoltre, promuove un equilibrio tra lavoro e vita privata, che è fonte di benessere e serenità.
Il nostro obiettivo è aumentare la fiducia, la motivazione e la soddisfazione dei lavoratori, che si sentono apprezzati e soddisfatti del loro ambiente di lavoro. Queste iniziative, infatti, rafforzano il senso di appartenenza, il clima organizzativo e la reputazione dell’azienda.
Quando i dipendenti percepiscono che l’azienda si preoccupa del loro benessere e della loro qualità della vita, sviluppano una maggiore fiducia nell’organizzazione. Questa fiducia è cruciale per migliorare l’engagement, la produttività e la creatività dei lavoratori, che sono più inclini a dare il massimo e a contribuire all’innovazione all’interno dell’azienda.
Perciò, il welfare aziendale non è solo un investimento nei lavoratori, ma anche un investimento nell’azienda stessa.
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Il rapporto evidenzia anche che la precarietà nel mercato del lavoro è particolarmente sentita tra i giovani e le donne, con una percentuale elevata di occupati che svolgono lavori non standard e part-time involontario. Inoltre, la paura di perdere il lavoro è diffusa, influenzata dalle incertezze legate alle nuove tecnologie e ai cambiamenti organizzativi.
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Il lavoro da casa, che ha guadagnato popolarità durante la pandemia, può essere una soluzione per migliorare la conciliazione tra lavoro e vita privata, riducendo i tempi e i costi di spostamento, aumentando la flessibilità e l'autonomia, e favorendo il benessere dei lavoratori. Tuttavia, il lavoro da casa presenta anche delle criticità, come la difficoltà di separare gli spazi e i tempi di lavoro e di vita privata, il rischio di isolamento sociale e professionale, la necessità di dotarsi di strumenti e infrastrutture adeguati, e la possibilità di subire interferenze o distrazioni da parte della famiglia o dell'ambiente domestico.
Per questi motivi, la maggior parte degli occupati preferisce un modello ibrido, che prevede l'alternanza tra il lavoro da casa e il lavoro in sede, in modo da poter beneficiare dei vantaggi di entrambe le modalità. Un modello ibrido richiede però una buona organizzazione, una chiara definizione degli obiettivi e delle responsabilità, una comunicazione efficace e una fiducia reciproca tra i membri del team.
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Un tema che si collega al discorso sul welfare aziendale è quello dello smart working, che ha conosciuto una forte espansione in Italia nel 2023.
Secondo i dati dell'Osservatorio smart working della School of Management del Politecnico di Milano, presentati il 6 novembre scorso nel convegno "Rimettere a fuoco lo smart working: necessità o scelta consapevole?", i lavoratori da remoto sono arrivati a 3,585 milioni, con un incremento del 541% rispetto al periodo pre-covid.
Lo smart working ha interessato soprattutto le grandi imprese, ma ha visto anche una lieve crescita nelle PMI, mentre è rimasto marginale nelle microimprese (9% del totale).
Dalla ricerca è emerso anche che lo smart working ha avuto delle ricadute positive sull'ambiente, riducendo le emissioni di CO2 di 480kg all'anno a persona grazie alla minore mobilità e al minor consumo energetico degli uffici e ha influito sul mercato immobiliare e sull'urbanizzazione delle città, spingendo i lavoratori “smart” a cercare abitazioni più ampie e confortevoli in zone periferiche o in piccoli centri.
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In conclusione, il welfare aziendale è una strategia vincente per migliorare il benessere dei dipendenti e la produttività dell'impresa. Tuttavia, non basta introdurre dei benefit o dei servizi, ma occorre anche creare una cultura del welfare che coinvolga tutti i livelli organizzativi.
Nei prossimi articoli approfondiremo alcune delle modalità con cui introdurre il welfare in azienda per massimizzare i benefici. In particolare, i successivi interventi si focalizzeranno sulla figura del Chief Happiness Officer (CHO) e sulla formazione sulle soft skills, ovvero quelle competenze trasversali che riguardano la comunicazione, la collaborazione, la creatività e il pensiero critico.
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