La lettura del testamento di Silvio Berlusconi permette di affrontare molti temi, diversi tra loro, afferenti le possibilità ed il limiti di un testamento. In particolare, vedremo come e perché il linguaggio utilizzato dal testatore deve essere il più tecnico e chiaro possibile.
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Il testamento di Silvio Berlusconi è divenuto fenomeno di cronaca nelle ultime settimane.
Per i professionisti del diritto, discuterne è un’occasione per affrontare apertamente un tema sensibile ed importante: la pianificazione successoria.
In Italia c’è un’incomprensibile difficoltà nell’utilizzare strumenti di gestione del passaggio generazionale del patrimonio: le statistiche più recenti rinvenute (anno 2018) dicono che solo il 13% circa degli italiani lascia testamento.
È noto: senza testamento si apre la successione legittima, quindi si segue il Codice civile.
Una regola successoria, dunque, c’è sempre: ma spesso è inefficace. Occorre infatti ricordare che la successione ereditaria, quando ci sono più chiamati all’eredità, è una comunione ereditaria: tutti i coeredi sono titolari di una quota della massa ereditaria, e non di beni specifici. Quando ci sono beni in comune il rischio di controversia tra “comunisti” aumenta vertiginosamente.
L’esempio che spesso utilizzo per spiegare l’essenza della comunione ereditaria, banale ma efficace, è questo: se tre sono i figli di Tizio (Primo, Secondo e Terzo) e tre sono gli appartamenti che il defunto lascia, ogni figlio è proprietario ideale della quota di 1/3 di ciascun immobile. Se ciascuno vuole vedersi assegnata la piena proprietà di ciascun bene, occorre fare una divisione ereditaria.
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La divisione ereditaria è appunto una divisione, che può essere volontaria (il che presuppone la concordia tra coeredi), mediata oppure giudiziale.
La divisione ereditaria negoziale può avere natura semplicemente divisionale oppure transattiva, quando le parti intendono tra loro dirimere controversie passate, presenti o future riguardo la successione oggetto di contratto. La figura del notaio è necessaria quando nell’asse ereditario si rinvengono beni immobili. Detta divisione può essere totale o parziale.
La divisione ereditaria mediata è invece quella che si perfeziona all’esito del procedimento di mediazione ex D.L. 28/2010 avanti all’organismo di mediazione scelto dalle parti. In buona sostanza, se la prima strada già citata non è percorribile, le parti hanno facoltà (o, come vedremo, l’obbligo) di tentare una mediazione avanti ad un mediatore professionale. Ci sono diversi vantaggi ad attivare una mediazione: tempi stretti, professionalità dell’organismo di mediazione (autorizzato dal Ministero) e del mediatore, benefici fiscali plurimi.
Quando non c’è altra soluzione, l’extrema ratio è la divisione giudiziale avanti al tribunale competente (quello di apertura della successione, ossia quello del domicilio del de cuius). La strada è possibile, ma spesso sconsigliata per i costi alti e per la lunghezza del giudizio. Coerentemente il legislatore ha dunque previsto che nell’ambito successorio la mediazione ex D.L. 28/2010 sia condizione di procedibilità: non si può agire in giudizio se prima non si è incardinato un procedimento di mediazione obbligatoria.
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Per evitare controversie tra i propri eredi una persona può fare testamento e, nel testamento, disporre già dell’intero patrimonio mediante divisione tra gli eredi: sia tale divisione per quote fisse, sia essa per attribuzione (a questo punto diretta) di uno o più beni ad un singolo erede, sia mediante istitutio ex re certa (quando il testatore intende assegnare ad un erede una quota del proprio patrimonio indicando uno o più beni determinati).
Il testamento nasce come foglio bianco e, nei limiti del giuridicamente possibile e lecito, il testatore può scriverci quello che vuole.
L’importante è che lo scriva bene, ossia in modo più tecnico e chiaro possibile.
Le controversie aventi ad oggetto l’interpretazione del testamento sono infatti particolarmente ostiche, poiché il dato soggettivo (l’interpretazione, appunto) è preponderante.
Un testamento scritto male è un testamento ambiguo, e dove c’è ambiguità l’alea del giudizio diventa elevata.
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L’esempio del testamento di Silvio Berlusconi è lampante. Molti sono gli aspetti su cui tanti autori si sono dilungati in queste settimane.
Questa è l’occasione per compendiarli.
Partiamo dal dato a mio avviso più rilevante: un testamento è l’espressione di una volontà dispositiva del proprio patrimonio, da parte del testatore, in favore dei propri eredi o legatari. Un testamento, dunque, non è la trascrizione di un desiderio, un auspicio, un’indicazione ai posteri. Un testamento è un’espressione di volontà chiara e ferma, con valore negoziale. Su questo presupposto, frasi come “Vi prego di prendere atto” e “dovreste riservare queste donazioni a..” utilizzate da Silvio Berlusconi non hanno una lettura pacifica ed univoca.
Anche il linguaggio utilizzato da testatore è ambiguo, nel senso che è a-tecnico: nel momento in cui il testatore scrive ai propri figli “dovreste riservare queste donazioni a..” sta utilizzando in maniera a-tecnica lo strumento del legato (ossia l’attribuzione a titolo particolare di un bene: “Lego al mio amico Mario la mia collezione di orologi”), confondendolo con una donazione, o sta dando un’indicazione (o esprimendo un desiderio) dacché i figli spontaneamente provvedano a donare un qualcosa a qualcuno? Rileva in questo caso il fatto che il testatore sia, o non sia, laureato in giurisprudenza con una votazione di 110 e lode?
La chiarezza di un testamento si evidenzia anche nell’eventuale presenza di clausole contenenti un termine o una condizione. Una clausola condizionale sospensiva è quella per cui la delazione ereditaria (“l’offerta dell’eredità” ad un soggetto) è sottoposta all’avverarsi di un evento futuro ed incerto. Se l’evento non avviene, allora non c’è delazione ereditaria. Una clausola del tipo “Se non torno vivo dall’ospedale verso il quale sto andando per l’operazione chirurgica, allora sia mio erede Tizio” è una condizione? Dette espressioni sono soggette a diverse letture.
Ma, oltre a questi dati afferenti il linguaggio utilizzato, ci sono altri limiti che l’ordinamento prevede (ad esempio, a tutela degli eredi legittimari).
Per esempio, ai sensi dell’art. 549 c.c. la quota spettante agli eredi legittimari (coniuge, figli e, senza la presenza dei figli, gli ascendenti) non si può gravare con un legato. Nell’esempio di Silvio Berlusconi, infatti, molti autori hanno rilevato che il legato non possa gravare sulle quote dei figli cui non è stata attribuita la quota disponibile. Il rischio è, anche in questo caso, la nullità della disposizione di legato.
Infine, occorre sempre ricordare che un testamento successivo non necessariamente revoca i testamenti precedenti. Secondo il nostro ordinamento una disposizione successiva abroga, se incompatibile, le disposizioni presenti nei testamenti precedenti. Ma la compatibilità o meno di due espressioni è, anche in questo caso, tema afferente l’interpretabilità. Nel caso in oggetto, Silvio Berlusconi dapprima (2020) lega al fratello Paolo € 100.000.000,00 e successivamente, nel 2023, indica ai figli di donare al medesimo € 100.000.000,00.
Dando per superato il tema dell’a-tecnicità del linguaggio, si tratta di due legati diversi, o è la riproposizione del medesimo legato?
Per evitare ambiguità il testatore dovrebbe provvedere a specificare, all’inizio del proprio testamento, la revoca di ogni precedente disposizione testamentaria. In questo modo si ridurrà il rischio di interpretazione della sua scheda testamentaria.
Queste indicazioni, seppur sommarie e meramente divulgative, hanno uno scopo: mostrare come il testamento sia uno strumento fondamentale per la gestione della propria eredità; ma che per scriverlo adeguatamente occorre affidarsi ai professionisti di quell’ambito.
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