Il testo della proposta di legge sul salario minimo firmato da PD e M5S aveva iniziato lo scorso 11 luglio 2023 l'iter dell' esame parlamentare in Commissione alla Camera in abbinamento ad altre proposte.
Sul tema il dibattito è stato molto ampio con posizioni favorevoli e contrarie abbastanza trasversali tra maggioranza, opposizioni e parti sociali (sindacati, e associazioni dei datori di lavoro).
Ieri 6 dicembre dopo gli esami delle commissioni l'aula di Montecitorio ha votato a maggioranza, con 153 sì, 3 astenuti e 118 no, in una seduta di confronto aspro un testo radicalmente modificato con gli emendamenti di maggioranza che svuotano la proposta iniziale e affidano due deleghe al governo in materia di “retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione”, con 6 mesi di tempo per l'attuazione dopo l'approvazione definitiva
Il disegno di legge passa ora all’esame del Senato, dopodiché scatteranno i 6 mesi di tempo per l’esercizio delle due deleghe.
Si ricorda che altre proposte di legge (Qui il testo 2019) erano state presentate negli anni scorsi ma si sono sempre arenate in Parlamento, da ultimo per la caduta del Governo Draghi.
Vediamo nei paragrafi seguenti in sintesi, le principali previsioni della proposta di legge l e le osservazioni della Fondazione studi del Consiglio nazionale CDL , abbastanza critico in materia, e la sintesi del nuovo testo.
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La proposta a firma Conte, Fratoianni, Richetti ecc. definisce per tutti i rapporti di lavoro il diritto a un trattamento economico di retribuzione proporzionata e sufficiente, che non sia inferiore al trattamento previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, valido sia
Nel contempo introduce anche una soglia minima salariale inderogabile, pari a 9 euro all’ora.
La soglia si applicherebbe soltanto alle clausole relative ai cosiddetti « minimi », lasciando al contratto collettivo la regolazione delle altre voci retributive.
Garantisce inoltre l’ultrattività dei contratti scaduti o disdettati; conformemente a quanto previsto anche nella Direttiva (UE) 2022/2041, che è stata approvata definitivamente nell'ottobre scorso (Qui il testo)
La proposta di legge istituisce una commissione tripartita, composta dalle parti sociali comparativamente più rappresentative, cui spetta il compito dell’aggiornamento periodico del trattamento economico minimo orario.
L'approfondimento dei Consulenti del 12 luglio 2023 richiama la recente direttiva UE sottolineando il fatto che la stessa NON indica un valore minimo di salario applicabile a tutti i lavoratori né tantomeno obbliga gli Stati membri a definire una legge sul salario minimo legale, ma privilegia il criterio della contrattazione.
La Direttiva specifica infatti che "Qualora uno Stato sia al di sotto della quota del 80% dei lavoratori coperti da
contrattazione collettiva, questo dovrà definire un piano di azione per promuovere la contrattazione o per arrivare alla definizione di un salario minimo. "
I consulenti del lavoro osservano quindi come l’Italia presenti un tasso di copertura contrattuale superiore al livello
minimo previsto dalla direttiva e che guardando ai CCNL maggiormente rappresentativi, in molti casi questi prevedono soglie minime retributive inferiori ai 9 euro, valore indicato dalle principali proposte di legge di introduzione di un salario minimo legale.
La Fondazione Studi Consulenti del lavoro elenca i risultati di uno studio in cui ha analizzato 63 contratti collettivi, individuati tra i più rappresentativi, indicando per ciascuno il minimo retributivo previsto per il livello di inquadramento più basso e a questo sono stati sommati i ratei di mensilità aggiuntiva (13a mensilità ed eventuale 14a ) nonché la quota di trattamento di fine rapporto (retribuzione differita).
Lo studio evidenzia che:
Questi ultimi, nella gran parte dei casi, hanno livelli che oscillano tra gli 8 e gli 8,9 euro (18 CCNL). Solo 4 prevedono livelli minimi retributivi al di sotto degli 8 euro.
Ricorda infine che l’Istat nella recente audizione in Parlamento dell’11 luglio 2023 ha stimato in 3 milioni i lavoratori con retribuzioni minime inferiori ai 9 euro.
Lo stesso istituto di statistica ha evidenziato però, nell'analizzare le cause del cosiddetto "lavoro povero" che la retribuzione annuale di un individuo è una combinazione di fattori differenti, che comprendono oltre alla retribuzione oraria, l’intensità mensile dell’occupazione e la durata del contratto nell’anno (ovvero il numero di mesi con almeno un giorno di copertura contrattuale).
Tutti questi fattori agiscono nel determinare le disuguaglianze retributive per effetto della loro variabilità interna e per il diverso modo di combinarsi a seconda della natura della posizione lavorativa.
L’analisi svolta dall’Istat evidenzia come a determinare la condizione di dipendente a bassa retribuzione siano soprattutto gli effetti legati a
oltre a quelli – pur rilevanti – legati a un basso livello di retribuzione oraria.
In questo quadro la Fondazione afferma quindi che l'introduzione di un salario minimo :
Riportiamo ala sintesi della seduta della Camera del 5L’On. Schifone (FDI), relatrice per la maggioranza, ha ricordato che il provvedimento all’esame della seduta dell'Assemblea è la proposta di legge 1275-A - con modifiche apportate in sede referente a seguito dell'approvazione dell'emendamento 1.6 Rizzetto -, che reca disposizioni di delega al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, nonché di procedure di controllo e informazione.
Ha sottolineato che il provvedimento consta di 2 articoli.
L’articolo 1, comma 1, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi volti a intervenire in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva e per il raggiungimento di una serie di obiettivi. Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, sono enunciati alcuni principi e criteri direttivi: la definizione dei contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, al fine di prevedere che il trattamento economico complessivo minimo del contratto maggiormente applicato sia la condizione economica minima da riconoscersi ai lavoratori della stessa categoria; stabilire, per i settori degli appalti pubblici e per le società appaltatrici e subappaltatrici, l'obbligo di riconoscere ai lavoratori coinvolti nell'appalto trattamenti economici complessivi minimi non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati nel settore; estendere i trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali di lavoro a quei gruppi di lavoratori non coperti dalla contrattazione collettiva, applicando il contratto della categoria più affine; prevedere strumenti di incentivazione della contrattazione di secondo livello progressiva, con finalità adattive, anche per far fronte alle diversificate necessità derivanti dall'incremento del costo della vita e del costo su base territoriale; introdurre strumenti di incentivazione a sostegno del rinnovo dei contratti collettivi nei termini previsti dalle parti sociali o di quelli già scaduti che comportino, altresì, il riconoscimento di incentivi a favore anche dei lavoratori volti, nello specifico, a bilanciare e, dove possibile, compensare la perdita del potere di acquisto degli stessi; per ciascun contratto scaduto e non rinnovato entro i termini previsti dalle parti sociali o, comunque, entro congrui termini per i settori non coperti dalla contrattazione collettiva, prevedere l'intervento diretto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con l'adozione delle misure necessarie concernenti esclusivamente i trattamenti economici minimi complessivi e, se del caso, considerando i trattamenti economici minimi complessivi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati vigenti nei settori affini; quali misure di rafforzamento della concorrenza e di lotta all'evasione fiscale e contributiva, procedere a una riforma della vigilanza del sistema cooperativo e disciplinare, inoltre, modelli di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili d'impresa fondati sulla valorizzazione dell'interesse comune dei lavoratori e degli imprenditori alla prosperità dell'impresa medesima.
L’articolo 2, comma 1, delega il Governo d adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni per
perfezionare la disciplina dei controlli, per sviluppare procedure di informazione pubbliche e trasparenti in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, allo scopo di incrementare la trasparenza in materia di dinamiche salariali, nonché di contrastare in modo efficace il dumping contrattuale, i fenomeni di concorrenza sleale, l'evasione fiscale e contributiva e il ricorso a forme di lavoro sommerso o irregolare; una serie di principi e criteri direttivi, anche qui, enunciati all'articolo 2, comma 2, con la razionalizzazione delle modalità di comunicazione tra imprese ed enti pubblici, prevedendo strumenti che rendano effettiva, certa ed efficace l'acquisizione dei dati che riguardano l'applicazione della contrattazione collettiva a livello nazionale, territoriale e per categorie, nonché dei dati relativi ai trattamenti retributivi effettivamente riconosciuti ai lavoratori; il perfezionamento di strumenti tecnologici evoluti, la realizzazione di banche dati condivise e le disposizioni in materia di ispezione e controllo, aumentando l'efficacia materiale delle azioni di contrasto del lavoro sommerso o irregolare; l'introduzione delle forme di rendicontazione pubblica e di monitoraggio, su base semestrale, che abbiano a oggetto l'andamento delle misure di contrasto dei fenomeni distorsivi del mercato del lavoro; in ultimo, prevedere che le suddette forme di rendicontazione si avvalgano delle risultanze dell'attività ispettiva dei suoi organi territoriali e di tutte le risultanze acquisite da parte degli organi deputati alla verifica della regolarità e correttezza delle retribuzioni e della contrattazione collettiva a livello nazionale e territoriale.
L’On. Mari (AVS), Relatore di minoranza, ha affermato che con la delega al Governo si rafforza il ruolo dei contratti pirata. Ha ritenuto che la delega inserisca un ostacolo alla legge sulla rappresentanza.
L’On. D’Alessio (AZ-PER-RE), Relatore di minoranza, ha affermato che la delega svuota il contenuto della proposta delle opposizioni.
L’On. Barzotti (M5S), Relatore di minoranza, ha affermato che la delega al Governo ha stravolto un principio di dialettica parlamentare e democratica. Ha ritenuto che la delega vada nella direzione opposta rispetto a quanto serve per incrementare i salari. Ha affermato che la maggioranza utilizza concetti quale quello della “maggior rappresentatività”, ampiamente superato dalle sentenze della Corte Costituzionale, le quali vanno, invece, verso il concetto del “comparativamente più rappresentativo sul piano nazionale”.
L’On. Scotto (PD-IDP), Relatore di minoranza, ha ribadito che la delega assegnata al Governo affossa il salario minimo. Ha ribadito la bontà della soglia minima di 9 euro al fine di contrastare la precarietà e il lavoro povero.
In sede di ordine dei lavori e richiami al Regolamento, l’On. Conte (M5S), l’On. Fratoianni (AVS); l’On. Richetti (AZ-PER-RE), l’On. Schlein (PD-IDP), l’On. Magi (Misto-+Europa) hanno ritirato la propria firma dai provvedimenti in titolo.