Environmental cioè ambientale, Social cioè sociale e Governance cioè governo societario. L'importanza di considerare i fattori ESG nelle decisioni di investimento per progetti sostenibili e rispettosi dell'ambiente. Cosa intendiamo per investimento finanziario, come si valuta il suo rendimento e cosa si intende per investimenti sostenibili
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Intanto iniziamo a definire, seppur semplicisticamente, cosa si intende per investimento “finanziario”.
In estrema sintesi e senza pretesa di esaustività si prova a definire il concetto di investimento e alcuni semplici metodi di calcolo dei rendimenti.
Investire comporta in genere un esborso di risorse che facciamo oggi (denaro, tempo, lavoro o altro) nell’aspettativa e con la speranza di ottenere un guadagno che remuneri il capitale investito e offra una maggiorazione, ovvero un guadagno.
Un investitore può acquistare un asset monetario o finanziario, o di altro tipo, avendo in mente l’idea che questo bene possa garantirgli in futuro un reddito o un profitto grazie al fatto di poterlo vendere ad un prezzo più alto di quanto pagato per l’acquisto, o di ricevere un interesse nel periodo di possesso.
Generalmente investire comporta l'utilizzo di un capitale che si impiega oggi nella convinzione di accrescerne il valore nel tempo. L’investimento può essere rappresentato da diversi strumenti che si acquistano per generare valore nel futuro; quindi a titolo di esempio: obbligazioni, azioni, proprietà immobiliari, oro, investimenti in beni artistici etc..
Gli investimenti richiedono l’impiego di risorse per un determinato tempo, la distinzione con le attività speculative è spesso proprio questa; le attività speculative sono in genere di brevissimo termine. Gli investimenti invece, soprattutto quelli con cui si impegna il risparmio, devono essere legati al possesso continuato, seppur confinato ad un certo orizzonte temporale, di un determinato bene.
Un’altra caratteristica degli investimenti è che non sempre offrono garanzie di ottenere un guadagno, anzi è anche possibile ottenere una perdita in linea capitale. Per mitigare il rischio è prudente diversificare gli investimenti in modo tale da ridurre la possibilità di conseguire delle perdite (componendo un portafoglio fatto ad esempio di azioni e obbligazioni e magari anche di altri beni). La diversificazione riduce il rischio, ma chiaramente riduce anche il profitto totale. Non tutti gli investimenti poi hanno un pari grado di liquidità, alcuni per essere rivenduti e resi liquidi richiedono più tempo di altri; anche questo fattore va valutato attentamente. Semplificando possiamo dire che esiste una correlazione positiva tra rendimento e rischio, quindi: ad un rischio elevato possiamo trovare associati rendimenti elevati e viceversa.
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Per valutare il rendimento di un investimento e decidere se scegliere un bene o un altro si può misurare il profitto maturato su serie storiche, possibilmente recenti, depurandolo dell’inflazione e del carico fiscale.
Una formula per lo scopo potrebbe essere la seguente:
Un metodo per valutare il valore di un investimento azionario può essere rappresentato dal rapporto tra prezzo e utile (P/E price/earning). Più il rapporto è basso, prima recupero il denaro investito (minore è il rapporto P/E più alto è il rendimento).
Se invece stiamo valutando un’obbligazione dobbiamo tenere presente che in genere questi strumenti offrono due tipi di rendimento, uno certo e l’altro meno. La cedola è un flusso certo, il rendimento dato dalla differenza tra il prezzo pagato e quello ottenuto al rimborso lo è meno (perché il valore di rimborso dipende anche dall’andamento dei tassi di interesse, che se dovessero salire farebbero diminuire il prezzo delle obbligazioni). Alcune obbligazioni sono rimborsate al valore di acquisto e quindi non offrono questo tipo di rendimento, infine ci sono obbligazioni che non attribuiscono cedole e in tal caso il guadagno arriva solo al momento del rimborso del capitale.
Una formula semplice per valutare il rendimento di un’obbligazione è data dalla seguente formula:
Ogni rendimento, come detto, deve poi essere analizzato con il costo della vita e con la tassazione che lo colpisce, oltre che con i costi per le commissioni.
In tema di sostenibilità ambientale e sociale le azioni e le obbligazioni emesse da società “verdi” possono costituire un buon investimento perché il rispetto di certi standard riduce, secondo la letteratura economica, il rischio.
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Gli investimenti in prodotti finanziari negli ultimi anni, investimenti in azioni o obbligazioni emesse da imprese ESG (Environmental, Social and Governance) compliant, sono molto attenzionati e sono sempre più scelti dagli investitori istituzionali che cercano valore nel lungo termine, ritenendo che le imprese attente al rispetto di certe metriche siano meno rischiose di altre.
Oggi è sempre più presente nel dibattito pubblico il tema della minaccia del cambiamento climatico e questa situazione sta aumentando la consapevolezza e l'impegno delle imprese e degli investitori verso una transizione energetica, che riduca gli impatti ambientali. Importante è il ruolo che i mercati finanziari mondiali assumono per dirigere gli investimenti verso società che possano garantire una forte contrazione delle emissioni di carbonio, e in genere dei gas ad effetto serra.
Le preoccupazioni in tema di cambiamento climatico hanno influenzato e fatto crescere negli ultimi tempi i rendimenti delle azioni di imprese “verdi”; questa circostanza è confermata dallo studio “Dissecting green returns (di Lubos Pastor, Robert F. Stambaugh, e Lucian A. Taylor). Gli autori ritengono che gli alti rendimenti di questi titoli non erano programmabili e sono probabilmente più il riflesso delle preoccupazioni ambientali, che il portato dei fondamentali delle imprese esaminate. In realtà le preoccupazioni climatiche orientano le scelte degli investitori istituzionali che ritengono meno rischiose, a livello di business e finanche di rischio di credito, le imprese ESG compliant rispetto a quelle che non lo sono.
In sostanza le azioni di imprese non verdi includono un premio di copertura negativo in tutti i casi in cui l'investitore è convinto che si manifesteranno degli shock ambientali; oppure qualora si ritenga che i cambiamenti normativi, per contenere i cambiamenti del clima, possano sfavorire le imprese più inquinanti.
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Altri studi si soffermano sulla redditività delle imprese attente alle tematiche ESG e non solo a quelle ambientali. Siamo nell’ambito della visione di un capitalismo degli stakeholder contrapposto ad un capitalismo che estrae valore e si preoccupa meno sia delle tematiche sociali e ambientali che degli interessi di tutte le parti che interagiscono e ruotano intorno alle imprese.
Ad esempio nel paper - “For whom does it pay to be a moral capitalist? Sustainability of corporate financial performance of ESG investment” - Mariya Gubareva, Zaghum Umar, Tatiana Sokolova, Valentina Antonyuk del maggio 2023 - gli autori studiano la performance degli investimenti delle aziende che sono leader del settore in termini di classificazione ESG, facendo ricorso agli indici di Sharpe e all'analisi CGS. Per il periodo 2007–2020, vengono selezionate delle imprese utilizzando gli indici MSCI total return per le imprese leader ESG in 10 diversi paesi sviluppati e in via di sviluppo, e successivamente hanno analizzato le caratteristiche di rischio-rendimento per diversi orizzonti di investimento.
I risultati sono interessanti.
In primo luogo gli economisti scoprono che le società leader in ambito ESG che sono state esaminate nelle aree geografiche selezionate presentano diversi attributi di rendimento in termini di rischio e le dinamiche degli asset ESG evidenziano chiaramente asimmetrie nei modelli di rischio e rendimento.
In secondo luogo documentano che l'indice di Sharpe (un Indice che misura il rapporto tra il maggior rendimento di un asset rispetto al rendimento di un altro prodotto finanziario che non ha rischio, sempre tenendo conto della volatilità) misurato per i titoli ESG degli Stati Uniti è superiore a quello del resto dei paesi considerati, rendendo gli investimenti ESG nei mercati statunitensi di gran lunga i più interessanti dal punto di vista degli investitori che sono attenti ai fattori ESG.
In terzo luogo, i mercati emergenti presentano migliori plusvalenze rispetto alla maggior parte dei mercati sviluppati, ad eccezione degli Stati Uniti.
Interessanti le conclusioni a cui giungono gli autori, quando ci ricordano che il loro contributo alle teorie del capitalismo esistenti, porta in evidenza che la visione del capitalismo degli stakeholder crea in qualche modo dei vincoli all’agire degli azionisti e del management, generando un forte ancoraggio delle scelte d’impresa alle tematiche ESG. La comunicazione in tema ESG fa sì che le società ricordino la necessità di avere un approccio attento al modo in cui si fa business e si agisce lungo le tre dimensioni: quella sociale, quella ambientale e quella della governance.
Negli Stati Uniti, ad esempio, il miglioramento richiesto dalla SEC alle società in ambito di informazioni relative al clima, è coerente e supporta una transizione che spinge il capitalismo degli azionisti verso quello degli stakeholder.
Rispondendo alla domanda a chi conviene essere un capitalista morale, gli autori affrontano le differenze tra mercati e tra i due capitalismi, accendendo un faro su come una migliore comprensione del ruolo delle metriche ESG possa contribuire alla creazione di valore per gli azionisti, e non solo, in diverse aree geografiche.
I risultati dello studio confermano che gli investimenti ESG sono opzioni di investimento desiderabili in termini sia di rendimenti che di attributi di copertura e sono meno rischiosi. La ricerca è utile per i professionisti e per i manager della CSR (Corporate Social Responsibility), oltre che per i decisori politici che sono sensibilizzati e sollecitati a promuovere nuove forme di investimento che siano più attente e rispettose dell'ambiente e anche più vantaggiose sul piano sociale.
In ambito quantitativo se parliamo di investimenti in strumenti sostenibili Morningstar ci ricorda che su scala globale, e con riferimento al mese di dicembre 2022, sono stati identificati oltre 1.200 fondi che rientrano nella definizione di strategia climatiche, con un patrimonio collettivo in gestione di 415 miliardi di dollari. Gli asset sono leggermente diminuiti rispetto ai 421 miliardi di dollari di un anno fa. Sempre dal sito di Morningstar apprendiamo che i fondi climatici non sono stati immuni dal difficile contesto macro, caratterizzato da pressioni inflazionistiche, aumento dei tassi di interesse, timori di recessione e conflitto in Ucraina, tuttavia, queste strategie di investimento hanno mostrato una certa resistenza se confrontate con la performance del mercato globale dei fondi non “verdi”.
Questi strumenti possono cambiare l’orizzonte economico e finanziario, oltre che politico, creando fenomeni di gestione d’impresa più virtuosi e sostenibili.
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