Speciale Pubblicato il 10/07/2023

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Contributi impatriati: l’INPS conferma l’imponibile al netto del reddito esente

di Soro Dott. Paolo

Circolare INPS 52/2023 del 7 giugno e lavoratori impatriati. Indicazione in dichiarazione redditi e conseguenze in campo contributivo



Il reddito imponibile di lavoro autonomo e di impresa da prendere in considerazione ai fini del calcolo dei contributi, dovuti all’INPS dagli iscritti che rientrano nel regime speciale degli impatriati, è il medesimo individuato ai fini IRPEF. 

Per quanto riguarda i lavoratori impatriati, finora c’era il dubbio se il reddito abbattuto, valido ai fini fiscali, rilevasse anche ai fini contributivi, o se invece tali obblighi contribuivi andassero assolti sulla base del reddito complessivo senza applicare l’agevolazione prevista dal regime speciale. La maggior parte della dottrina, sulla base di criteri prudenziali, propendeva per questa seconda ipotesi. Viceversa, a parere di chi scrive, il comportamento da adottare era quello che prevedeva il calcolo e conseguente versamento dei contributi sul reddito imponibile valido ai fini fiscali

A tal proposito si veda il capitolo 14, e-book Il regime speciale degli impatriati”.

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Contributi dovuti all'INPS dagli iscritti nel regime speciale degli impatriati

Con la recente Circolare 52/2023, l’INPS ha sostanzialmente confermato la tesi da noi espressa nel contributo editoriale Il regime fiscale degli impatriati.

Infatti, avevamo avuto modo di rilevare come la norma di favore, inevitabilmente, avrebbe dovuto produrre sostanziali effetti positivi anche in ambito contributivo. Invero, i versamenti obbligatori previsti dalla legislazione previdenziale nazionale sono sempre commisurati al reddito prodotto, valido ai fini fiscali. 

In ottica tributaria, relativamente ai beneficiari del regime speciale degli impatriati, il Legislatore ha ritenuto di doversi esprimere nei termini seguenti: 

"I redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo… concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 [o 50, o 10] per cento del loro ammontare". 

Dunque, non si tratta di una sorta di sconto sull’imposta da versare; bensì, di una quota parte di reddito che, per legge, non assume alcuna rilevanza di carattere impositivo. Se, viceversa, la volontà fosse stata quella di prevedere esclusivamente un abbattimento dell’imposta dovuta, pare fin troppo ovvio che la norma avrebbe agito “a valle”, mediante una diminuzione delle imposte da versare (o una deducibilità di quota parte reddituale); non “a monte”, stabilendo una – soltanto – parziale imponibilità del reddito conseguito. Da ciò ne deriva che il reddito da considerare a ogni effetto impositivo (anche contributivo) non può che essere quello determinato – nelle misure ridotte – dalla normativa in parola

A tal proposito, nelle istruzioni diramate dall’Agenzia delle entrate relativamente alla compilazione del Modello Redditi PF, vengono specificati i correlati codici che debbono essere indicati a seconda del tipo di lavoratore impatriato

In particolare, relativamente al reddito di lavoro autonomo (e di impresa), viene precisato quanto segue. 

Nel quadro RERedditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni”, nel quadro RFReddito di impresa in regime di contabilità ordinaria”, nel quadro RGReddito di impresa in regime di contabilità semplificata”, nel quadro RDReddito di allevamento di animali e reddito derivante da produzione di vegetali e da altre attività agricole”, sono stati inseriti i nuovi codici da riportare nelle caselle «Impatriati art. 16 D. LGS 147/2015»: 

Anche i soggetti che percepiscono e dichiarano i loro proventi nel quadro RHRedditi di partecipazione in società di persone e assimilate, rientrati dall’estero”, beneficiano dell’agevolazione; pertanto, nei righi da RH1 a RH4, nella colonna 11 «rientro dall’estero», indicheranno: 

Tutto ciò esplica necessariamente, immediate conseguenze in campo contributivo

In merito, nel – citato – nostro contributo editoriale, abbiamo avuto modo di scrivere: 

‘Per quel che concerne il lavoro autonomo e di impresa, la circolare numero 102 del 12/06/2003 (successivamente sempre richiamata e confermata), precisa che: 

I contributi previdenziali sono calcolati sulla totalità dei redditi di impresa dichiarati ai fini IRPEF, prodotti nello stesso anno al quale il contributo si riferisce. È parimenti noto che il rinvio alle norme fiscali legittima l’individuazione dei suddetti redditi in quelli di impresa propriamente detti e in quelli come tali considerati ai sensi e per gli effetti delle varie disposizioni contenute nel TUIR. 

In ordine alla concreta individuazione dell’ammontare del reddito di impresa da assoggettare all’imposizione dei contributi previdenziali si fa presente che deve essere preso in considerazione il totale dei redditi di impresa, così come dichiarato ai fini delle imposte sui redditi. 

A tal riguardo: 

Tale nostra tesi viene oggi confermata dalla menzionata Circolare 52/2023.

Si consiglia l'e-book: Il regime fiscale degli impatriati

Contributi impatriati e circolare INPS 52/2023

La Circolare 52/2023, ribadisce: 

‘In merito all’individuazione dell’ammontare del reddito da assoggettare all’imposizione dei contributi previdenziali, nel rinviare alle precisazioni fornite con la circolare n. 102 del 12 giugno 2003, si fa presente che deve essere preso in considerazione il totale dei redditi d’impresa conseguiti nel 2022, al netto delle eventuali perdite dei periodi d’imposta precedenti a seconda delle diverse percentuali introdotte dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, scomputate dal reddito dell’anno’. 

Viene, poi, espressamente precisato dall’Istituto che: 

‘Nel caso in cui nei quadri RF e RG sia stata barrata la casella “Impatriati – art. 16 D. Lgs. 147/2015”, la base imponibile è la stessa individuata ai fini IRPEF’. 

Per dovere di esposizione, appare corretto rilevare che detta ultima precisazione è riportata nel capitolo concernente gli iscritti alle Gestioni Artigiani / Commercianti, ma non viene ribadita pure nel successivo capitolo relativo agli iscritti alla Gestione Separata. Francamente, sarebbe impossibile ammettere la tesi in capo a chi versa l’INPS per aver prodotto reddito d’impresa e negare tale interpretazione a chi invece è obbligato a farlo a seguito di redditi di lavoro autonomo soggetti all’INPS e non alle Casse professionali autonome. Ciò che lascia intendere un errore di tipo sistematico nella stesura della Circolare in parola. Questa osservazione viene altresì confermata successivamente, allorquando trattando in particolare delle fattispecie di lavoro autonomo, la Circolare ribadisce che: 

Il contributo dovuto deve essere calcolato sui redditi prodotti e denunciati nei quadri seguenti:

Quadro RE (reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, indicato nel comma 1 dell’articolo 53 del TUIR): rigo RE 23 (reddito o perdita delle attività professionali e artistiche) o RE 25 se presenti perdite al rigo RE 24…’ 

Come noto, nel rigo RE 23 si indica il reddito già al netto dell’esenzione spettante per il regime speciale degli impatriati. 

Tra l’altro, identico ragionamento viene sviluppato dalla circolare anche per i quadri di reddito: 

Certo, non si può non evidenziare che la funzione delle circolari è quella di spiegare la norma; sarebbe dunque meglio evitare di pubblicare una circolare la quale, a sua volta, necessiti di ulteriori chiarimenti. Soprattutto in una materia simile, occorrerebbe più che mai uniformità e chiarezza sugli aspetti contributivi che concernono tutti i contribuenti obbligati ai pagamenti (inclusi quelli che versano presso la Cassa del proprio ordine professionale di appartenenza). 

Si consiglia l'e-book: Il regime fiscale degli impatriati

Contributi impatriati: dubbi sul reddito di lavoro dipendente

Una volta chiarita – si spera – definitivamente la questione afferente al lavoro autonomo (e di impresa), restano alcune considerazioni da sviluppare in tema di reddito di lavoro dipendente, che permangono tutt'ora inspiegabili e illogiche

Da quanto qui evidenziato, ne consegue che gli impatriati, i quali producono redditi di lavoro autonomo e di impresa, beneficiano altresì di un obbligo contributivo in misura (ridotta) direttamente proporzionale al reddito effettivamente dichiarato (a parte, ovviamente, le minori imposte da pagare). Tale situazione, peraltro, non si riscontra in maniera analoga nelle fattispecie concernenti gli impatriati che percepiscono redditi di lavoro dipendente e assimilato. 

Giova ricordare che, in campo fiscale, il quadro RC, casella “Casi particolari”, prevede i seguenti codici per i lavoratori impatriati: 

Dopo di che, precisano le istruzioni: 

‘In corrispondenza di ciascun codice, il reddito di lavoro dipendente dovrà essere indicato nei righi da RC1 a RC3, già nella misura ridotta’. 

A fronte di ciò, sembra opportuno ritornare per un momento al contenuto dell’odierna Circolare 52/2023, la quale rappresenta che: 

Per i soci di cooperative artigiane che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge n. 142/2001, per i quali si applicano le disposizioni del comma 114 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015, la determinazione della base imponibile consiste nel reddito dichiarato nei Righi da RC1 a RC3 – Redditi di lavoro dipendente e assimilati in colonna 3, in presenza di codice “3” soci cooperative artigiani nella colonna 4’. 

Ciò che dovrebbe significare come, in base a un ovvio criterio analogico, anche i contributi dovuti sul reddito di lavoro dipendente dovrebbero essere conteggiati sulla solo quota imponibile in base al regime speciale degli impatriati. 

Purtuttavia, tenuto conto di come operano i programmi in funzione alla struttura delle buste paga in assenza di specifiche diverse indicazioni diramate dall’INPS, le conseguenze pratiche sono che: 

Tale situazione, a nostro avviso, oltre a presentare dubbi profili di incostituzionalità, non pare affatto rispondere alla corretta applicazione del predetto regime speciale degli impatriati, tenuto altresì conto del tenore letterale della norma. 

Al riguardo, sarebbe quindi assai auspicabile un conclusivo intervento chiarificatore da parte delle Amministrazioni di interesse, chiarimento che viceversa, a oggi, sullo specifico punto, non è mai arrivato nonostante il periodo trascorso dalla prima emanazione della legge e le ripetute richieste formulate in merito dalla Dottrina. 

Si consiglia l'e-book: Il regime fiscale degli impatriati


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