L’articolo 44, comma 2 del decreto legge 4 maggio 2023, n. 48 (cd. “D.L. Lavoro”) ha modificato il comma 2-bis dell’articolo 1 del decreto legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, sostituendo la lettera b-bis) e, al tempo stesso, aggiungendo la lettera b-ter).
È stato così previsto, in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (i.e. lo Statuto dei diritti del contribuente), dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022, l’aumento dell’aliquota dell’imposta dovuta sulle riserve matematiche (IRM) dei rami vita dallo 0,5% allo 0,6%, prevedendo tuttavia la riduzione della stessa allo 0,5% a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2023.
Vediamo di seguito i dubbi operativi sorti con la norma e la soluzione recentemente intervenuta con l'approvazione di un emendamento nella legge di conversione.
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L’Imposta sulle riserve matematiche (IRM ) era già stata oggetto di modifica: l’articolo 1, comma 264 della Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (cd. “Legge di bilancio 2023”), con una formulazione molto simile a quella contenuta nel D.L. Lavoro, aveva infatti innalzato, per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022, la misura dell’aliquota dallo 0,45% allo 0,50%.
Nell’avvicinarsi al termine per il versamento della suddetta imposta (il quale, si ricorda, coincide con il termine per il versamento del saldo dell’IRES), gli operatori si sono interrogati sulla portata applicativa della nuova lettera b-bis), e, in particolare, se le intervenute modifiche potessero avere efficacia già dal 2023.
L’esplicita deroga alle disposizioni contenute nell’articolo 3 dello Statuto del Contribuente, il quale sancisce il principio generale di irretroattività delle norme tributarie, ha aumentato ulteriormente i dubbi, facendo propendere per l’applicazione della aliquota maggiorata dello 0,6% già dal prossimo versamento.
Tuttavia, considerato che per periodo d’imposta si deve intendere l’anno relativo alla chiusura del bilancio d’esercizio (i.e. 2022) e non quello del pagamento dell’imposta (i.e. 2023), da una interpretazione letterale della norma l’aliquota che si sarebbe dovuta applicare per il prossimo versamento sarebbe stata pari allo 0,45% (e non allo 0,6%) ma tutto ciò non avrebbe probabilmente garantito il gettito auspicato.
In questo contesto così articolato è intervenuto il legislatore emendando, in sede di conversione del D.L. Lavoro, le suddette lettere b-bis) e b-ter) del comma 2 dell’articolo 44.
La prima ora prevede che “per il periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2022, in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, allo 0,60 per cento”;
mentre la seconda “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2022, allo 0,50 per cento”.
Alla luce delle modifiche normative intercorse, quindi, non v’è alcun dubbio che, per i soggetti aventi l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, occorrerà dunque:
- per il periodo d’imposta 2022, versare entro il 30 giugno 2023 l’IRM con l’aliquota dello 0,60% a valere sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nei bilanci dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2022;
- per il periodo d’imposta 2023, versare entro il 30 giugno 2024 l’IRM con l’aliquota dello 0,50% a valere sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nei bilanci dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2023.
L’imposta è comunque dovuta nei limiti di cui all’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 2 del decreto legge 24 settembre 2002, n. 209.
Da ultimo si ricorda che l’innalzamento dell’aliquota della IRM vale anche ai fini dell’imposta sul valore dei contratti assicurativi (IVCA), in quanto la relativa disciplina richiama quella dell’imposta sulle riserve matematiche.