Il Superbonus ha generato alcuni effetti paradossali. Sempre più spesso, purtroppo, si scopre che i cantieri sono stati avviati con superficialità, nonostante i lavori, soprattutto nei condomini, raggiungano un valore dell’ordine di milioni di euro. L’illusione del “costo zero” si è rivelata un boomerang per i committenti, che ora stanno ricevendo da imprese e professionisti fatture da saldare.
Si tratta di una problematica di stretta attualità e della quale si sentirà sempre più parlare nel prossimo futuro.
Il paradosso deriva dal fatto che questi lavori riguardano principalmente edifici residenziali i cui proprietari delle singole unità immobiliari, persone fisiche non addette ai lavori, mai prima d’ora si erano interessate di edilizia, né probabilmente avrebbero mai intrapreso lavori di ristrutturazione se non fosse stato per i “vantaggi” offerti dal decreto Rilancio (DL 34/2020) e dal Superbonus.
Ora queste persone, per nulla avvezze a trattare di parcelle, capitolati e contratti di appalto e che, forse, nemmeno sapevano di possedere un cassetto fiscale, si trovano a dover prendere decisioni delicate in sede di assemblea condominiale. Una tra queste potrebbe essere quella di intraprendere azioni giudiziarie, una scelta non da poco che merita di essere considerata prima di tutto a partire dagli elementi tecnici legati ai lavori e alle asseverazioni.
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Del caos creato dal decreto Rilancio, dalle continue modifiche operate dai governi che si sono succeduti e dell’ormai tristemente noto blocco della cessione dei crediti, si è detto e scritto di tutto e di più.
Le ragioni del caos sono le più svariate, quasi sempre riconducibili ad alcuni fattori comuni.
In primo luogo, ovviamente, la problematica dei crediti fiscali incagliati, che imprese, professionisti e committenti non riescono a “monetizzare”. Una difficoltà imprevista e iniqua, ma che non è l’unica ad aver messo in ginocchio i cantieri. A giocare un ruolo fondamentale sono stati anche la fretta di rientrare nei termini concessi per accedere alle detrazioni, con scadenze spesso ravvicinate e continuamente prorogate.
Nel clima di incertezza normativa legato ai bonus edilizi, la fretta può avere generato leggerezze non solo di natura progettuale, ma anche amministrativa e documentale. Contratti d’appalto di poche pagine con rinvii a modalità di pagamento che in pochi all’inizio avevano compreso vengono oggi sottoposti, sempre con maggiore frequenza, al vaglio di consulenti (tecnici e legali) per capire quali siano gli spiragli di tutela. Non solo da parte dei committenti che si trovano con i lavori a metà, ma anche delle imprese che, magari in buona fede, hanno anticipato somme ingenti confidando in decreti scritti male e modificati peggio.
Insomma, l’attuale incaglio dei crediti unito all’approssimarsi inesorabile della scadenza del 31 dicembre 2023 (termine ultimo, salvo proroghe, per beneficiare del Superbonus con l’aliquota al 110% nei condomini), creano le condizioni per scatenare tempeste perfette il cui numero, al momento, è indeterminabile.
È verosimile che in molte situazioni oggi si temporeggi, perché si spera nelle riaperture bancarie o di ENEL X, che da settembre (stando alle parole della sottosegretaria al ministero dell’economia Sandra Savino in occasione di un’audizione del 31 maggio scorso alla Camera) dovrebbe essere operativa per agevolare lo scambio dei crediti d’imposta. In generale, conviene a tutti (committenti e imprese) aspettare fin quando possibile pur di evitare scontri legali dall’esito incerto, vista anche l’assenza di precedenti giurisprudenziali.
I problemi più frequenti riguardano i cantieri in corso, con opere avviate e non ancora terminate, ovvero quelli nei quali non solo si rischia di perdere il 110% (per sforamento dei tempi), ma anche di dover restituire all’erario le quote di crediti fiscali dei quali si è beneficiato a SAL con sconto in fattura, stante il principio che il diritto alla detrazione si consolida solo se i lavori vengono portati a termine.
I problemi più seri sono invece, ahimè, quelli legati alla presenza di irregolarità procedurali e asseverative.
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Riportiamo il quesito di un contribuente, nostro lettore:
"Vi chiedo aiuto perché nel condominio in cui abito sono stati appaltati interventi di realizzazione del cappotto e di ripristino delle finiture di facciata, ma i lavori si sono fermati ormai da un anno.
Purtroppo, mi sono accorto che nei computi allegati al primo SAL, oggetto di sconto in fattura risalente ad agosto 2022, sono state inserite lavorazioni mai realizzate.
L’ho fatto presente all’amministratore che, nonostante l’evidenza, sta prendendo tempo, poiché ritiene che una contestazione formale potrebbe portare al blocco definitivo dei lavori e alla perdita dei bonus fiscali. Vorrei sapere cosa rischio e come posso tutelarmi".
Segue la risposta al quesito.
La fattispecie presentata dal gentile lettore, per quanto sintetica, è sicuramente meritevole di attenzione.
Premesso che vengono descritti lavori fermi ormai da tempo e operazioni di cessione dei crediti altrettanto datate, la gravità della situazione dipende dalla natura delle irregolarità riscontrate e anche dalla valorizzazione economica delle presunte opere non realizzate.
Qualora si tratti di opere già fatturate dall’impresa ma non realizzate, di importo non trascurabile, allora la problematica è sicuramente grave, con responsabilità di natura non solo tributaria, ma anche penale, per tutti i soggetti “coinvolti”: professionisti, fornitori e committente.
In tal caso, risulta inevitabile dapprima segnalare all’amministratore di condominio (tramite pec) quanto emerge, chiedendo la convocazione urgente di un’assemblea dedicata, invitando i professionisti che hanno effettuato le asseverazioni da cui si sono originati i crediti fiscali a fornire chiarimenti. Qualora questi non risultino convincenti, l’assemblea dovrà nominare un consulente esperto che possa accertare, in tempi rapidi, la reale sussistenza del problema. Egli valuterà i lavori svolti, se necessario effettuando saggi e misurazioni, per raffrontare il tutto con i dati trasmessi all’Agenzia delle Entrate.
Nel caso in cui effettivamente emergano incongruenze, trattandosi di comunicazioni per l’esercizio dell’opzione (per lo sconto in fattura, in questo caso) non più annullabili né rettificabili, il gentile lettore, preferibilmente tramite l’amministratore (ovvero a nome dell’intero condominio) non avrà altra scelta che rivolgersi alle autorità competenti (Entrate o Guardia di Finanza) per denunciare il fatto, dimostrando così quantomeno la propria buona fede, che tuttavia non gli eviterà l’apertura di un fascicolo penale a suo carico.
È evidente che, laddove il passaggio in assemblea sopra descritto risulti inefficace o troppo dispendioso in termini di tempo, il singolo condomino potrà sempre scegliere di attivarsi autonomamente sia per la nomina di un consulente che per la contestazione dei fatti.
Se da un lato è vero che l’innesco di una simile procedura potrebbe avere l’effetto di congelare i lavori per un tempo indefinito, dall’altro metterà il condominio (o il singolo condòmino), nella condizione di potersi difendere più agevolmente negli inevitabili giudizi (civili e penali) che seguiranno.