Con Risposta a interpello n. 199 del 7 febbraio 2023, le Entrate tornano a fornire chiarimenti in materia di abuso del diritto.
Al riguardo, si ribadisce come non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che siano giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale, rispondenti a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale).
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Nel caso di specie, l’ente istante dichiara di aver posto in essere complesse operazioni di collaborazione societaria (ricomprendenti accordi di collaborazioni per lo sviluppo di studi clinici, cessione dei diritti di sfruttamento del know how, della tecnologia e delle informazioni); in particolare, si chiede se, a fronte della eliminazione dal bilancio 2021 della immobilizzazione rappresentata dalla licenza, la Società possa dedurre nella dichiarazione relativa all’anno di imposta 2021 la sopravvenienza passiva derivante dalla sopravvenuta insussistenza della licenza stessa, ai sensi dell’articolo 101, comma 4 del TUIR, senza che possa essere rilevato un profilo abusivo nella concatenazione delle operazioni sopra descritte.
In altri termini, l’istante ha realizzato una sopravvenienza passiva deducibile ai sensi dell’articolo 101, comma 4, del TUIR al posto di una minusvalenza ugualmente deducibile, ai sensi dell’articolo 101, comma 1, del TUIR.
Si domanda dunque se tale operazione sia idonea a integrare gli estremi di vantaggio fiscale qualificabile come indebito e censurabile sotto il profilo dell’abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10bis, comma 1, della legge n. 212 del 2000.
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Al riguardo, giova ricordare che affinché un’operazione o una serie di operazioni possano essere considerate abusive, l’Amministrazione finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti:
a) la realizzazione di un vantaggio fiscale ‘‘indebito’’, costituito da ‘‘benefici anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario’’;
b) l’assenza di ‘‘sostanza economica’’ dell’operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in ‘‘fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali’’;
c) l’essenzialità del conseguimento di un ‘‘vantaggio fiscale’’.
Il mancato riscontro di uno dei tre citati presupposti determina un giudizio di assenza di abusività.
Inoltre, con il successivo comma 3 dell’articolo 10bis citato, il legislatore ha chiarito espressamente che non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, siano giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale, rispondenti a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale).
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Con la risposta a interpello in esame le Entrate ritengono che l’operazione descritta non costituisca un’operazione abusiva ai sensi del citato articolo 10 bis dello Statuto perché non consente la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito in relazione ai profili rappresentati nell’istanza.
In proposito, si deve evidenziare che la deduzione di una sopravvenienza passiva connessa all’asset immateriale in luogo della deduzione (integrale) di una minusvalenza connessa alla partecipazione rappresenta una alternativa riconosciuta fisiologicamente dal sistema.
Pertanto, nel caso di specie, non ravvisandosi alcun vantaggio fiscale in contrasto con la ratio di alcuna norma o principio dell’ordinamento, non ricorrono i presupposti atti a configurare una condotta abusiva ai sensi dell’articolo 10bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.
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