Il caso riguarda l’imponibilità in Italia dei redditi realizzati da società estera che noleggia con equipaggio da società italiana ed effettua sia voli domestici che internazionali.
La Corte è stata chiamata a valutare l’imponibilità in Italia dei redditi realizzati dal lessor e derivanti dallo svolgimento di tratte domestiche in esecuzione di contratti di wet leasing, quale quota parte delle prestazioni di noleggio con equipaggio rese complessivamente dalla società contribuente in favore delle compagnie aeree conduttrici, nonché l’analoga imponibilità ai fini IVA in relazione alle medesime prestazioni, quali operazioni attive ai fini IVA, rese dalla contribuente a favore dei cessionari.
Viene enunciato il seguente principio di diritto:
«ai fini IRES e IRAP costituisce stabile organizzazione di una impresa non residente che eserciti una attività di trasporto aereo, nelle forme del contratto di wet leasing, la circostanza che l’impresa disponga sul territorio dello Stato di almeno una base di servizio, nella quale operi sia una quota di lavoratori subordinati con mansioni di equipaggio di condotta e di cabina - i quali inizino e concludano in loco un periodo di servizio o una serie di periodi di servizio - sia una dotazione di mezzi costituita da una flotta di aerei; tale struttura di mezzi umani e tecnici deve essere dotata di un grado di permanenza tale da istituire un collegamento non episodico con il territorio dello Stato e deve essere in grado di generare un'attività economica autonoma rispetto a quella svolta dalla società madre, costituita dallo svolgimento di tratte di volo domestiche; ai fini IVA, occorre la prova che la medesima struttura organizzativa sia in grado di fornire una autonoma prestazione di servizi senza la partecipazione della società madre».
Cassazione tributaria - sentenza n. 35138/2022 (RG. n. 15544/2020), pubblicata in data 29.11.2022 (Presidente Dott. Biagio Virgilio, Cons. rel. Filippo D’Aquino).
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La società contribuente ...... S.A., con sede in Timișoara (Romania) ed esercente l’attività di trasporto aereo di linea di passeggeri, ha impugnato tre avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 2007, 2012 e 2013, inerenti a IRES, IRAP e IVA.
Secondo l’accertamento dell’Agenzia la società contribuente avrebbe effettuato voli domestici e internazionali in base a contratti di wet lease di aeromobili, stipulati con diverse compagnie aeree (Alitalia CAI S.p.A., Darwin Airlines S.A., Volotea S.L., Alpi Eagles S.p.A.) e conseguito, in minor misura, ricavi derivanti dalla stipula di contratti di marketing con le società di gestione di alcuni impianti aeroportuali.
Il maggior imponibile veniva ricostruito con metodologia induttiva, stante l’omessa dichiarazione in Italia dei redditi da parte della contribuente nei periodi di imposta accertati.
La società contribuente impugnava gli avvisi di accertamento e deducendo l’insussistenza di una stabile organizzazione in Italia e la conseguente assenza di soggettività ai fini dell’imposizione diretta e indiretta, nonché l’insussistenza degli obblighi dichiarativi.
La CTP di Roma ha accolto i ricorsi sul presupposto dell’insussistenza della stabile organizzazione in Italia della società contribuente e la CTR del Lazio confermava le sentenze di primo grado.
Secondo il giudice di appello i redditi derivanti da traffico internazionale sono imponibili nello Stato in cui è situata la sede della direzione effettiva a termini dell’art. 8 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni; di conseguenza, la CTR ha ritenuto che l’art. 38, comma 1, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 – che impone al vettore aereo non residente la tenuta delle scritture contabili, gli obblighi di sostituto di imposta e l’applicazione dell’IRAP – può astrattamente consentire la tassazione in Italia dei soli redditi relativi alle «tratte nazionali» di vettori esteri che abbiano in Italia una base aerea.
Nel merito, il giudice di appello ha escluso in concreto che la società contribuente avesse una base aerea in Italia, atteso che la stessa si era limitata a stipulare quale lessor contratti di wet lease di aeromobili, in base ai quali il lessee dei singoli contratti resterebbe il solo vettore contrattuale, circostanza che esclude ad avviso del giudice di appello che il lessor necessiti di stabile organizzazione sul territorio dello Stato. Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione.
L’imponibilità in Italia dei redditi realizzati da società estera che noleggia con equipaggio da società italiana ed effettua sia voli domestici che internazionali.
La Corte è stata chiamata a valutare l’imponibilità in Italia dei redditi realizzati dal lessor e derivanti dallo svolgimento di tratte domestiche in esecuzione di contratti di wet leasing, quale quota parte delle prestazioni di noleggio con equipaggio rese complessivamente dalla società contribuente in favore delle compagnie aeree conduttrici, nonché l’analoga imponibilità ai fini IVA in relazione alle medesime prestazioni, quali operazioni attive ai fini IVA, rese dalla contribuente a favore dei cessionari.
Il criterio della soggettività fiscale è la sussistenza della “stabile organizzazione”.
Con riferimento all’IRES e all’IRAP, la sovraordinata disciplina convenzionale internazionale (art. 5 Modello OCSE) e quella interna (art. 162 TUIR, applicabile quanto all’esercizio 2007) individuano il requisito della «stabile organizzazione» («permanent establishment» o «branch») quale criterio volto a dare rilievo alla soggettività fiscale di soggetti imprenditoriali non residenti, ove concorrano una serie di elementi di fatto che consentano di istituire un criterio di collegamento tra il contribuente non residente e il territorio dello Stato.
La «stabile organizzazione» è una sede di affari, dotata di stabilità, per mezzo della quale l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività, con esclusione dei casi in cui l’impresa si limiti ad utilizzare impianti non suscettibili di produzione di reddito autonomo, in quanto aventi carattere preparatorio o ausiliario.
Affinché possa ritenersi sussistente è necessario che la presenza del soggetto non residente sia incardinata, con attrezzature e personale, nel territorio dell’altro Stato contraente (c.d. elemento materiale od oggettivo, o «place of business test»), tale da connotare connessione spaziale con il territorio dello Stato.
In secondo luogo, occorre che tale presenza sia caratterizzata da un certo grado di permanenza in ragione della attività esercitata (c.d. «threshold time» o «duration test»).
Infine, occorre che tale organizzazione sia in grado di generare un’attività economica (c.d. «business activity test»), che si riveli autonoma rispetto a quella svolta dalla società madre (c.d. elemento dinamico o funzionale: Cass., Sez. V, 22 gennaio 2021, n. 1301) e la cui sussistenza in concreto va riscontrata dal giudice del merito (Cass., n. 1301/2021, cit.).
La “base” di servizio delle imprese del settore aeronautico.
Tale disciplina va integrata, quanto agli esercizi 2012 e 2013, dalla disposizione speciale dell’art. 38, comma 1, d.l. n. 179/2012 (applicabile dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2012 e relativa specificamente alla dotazione di personale delle aziende operanti nel settore aeronautico), secondo cui «ai fini del diritto aeronautico, l’espressione «base» identifica un insieme di locali ed infrastrutture a partire dalle quali un’impresa esercita in modo stabile, abituale e continuativo un’attività di trasporto aereo, avvalendosi di lavoratori subordinati che hanno in tale base il loro centro di attività professionale, nel senso che vi lavorano, vi prendono servizio e vi ritornano dopo lo svolgimento della propria attività. Un vettore aereo titolare di una licenza di esercizio rilasciata da uno Stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia è considerato stabilito sul territorio nazionale quando esercita in modo stabile o continuativo o abituale un’attività di trasporto aereo a partire da una base quale definita al periodo precedente».
La suddetta definizione è utile, pertanto, a circoscrivere, quale norma speciale, il requisito organizzativo del personale relativo a una stabile organizzazione, nonché il requisito della fissità relativo al personale, nella misura in cui lo stesso graviti su una determinata base di servizio, ossia in infrastrutture e locali in cui viene svolta una attività di trasporto aereo in modo «stabile, abituale e continuativo» («lavoratori subordinati che hanno in tale base il loro centro di attività professionale, nel senso che vi lavorano, vi prendono servizio e vi ritornano dopo lo svolgimento della propria attività»).
La suddetta disposizione va interpretata alla luce dell’art. 1 Regolamento (UE) n. 465/2012 del 22 maggio 2012, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, che ha integrato, con riferimento al solo personale di bordo, la definizione di «base di servizio per gli equipaggi di condotta e di cabina» quale «luogo designato dall’operatore per ogni membro d’equipaggio dal quale il membro d’equipaggio solitamente inizia e dove conclude un periodo di servizio o una serie di periodi di servizio».
La “stabile organizzazione” ai fini delle imposte dirette.
Secondo la Corte deve ritenersi che, ai fini delle imposte dirette, si configuri la stabile organizzazione in Italia di una impresa operante nel settore aeronautico che stabilisca nel territorio dello Stato, per un periodo di tempo sufficientemente ampio, almeno una base di servizio, nella quale operi sia una quota di personale di bordo (equipaggi di condotta e di cabina), che consenta lo svolgimento di una autonoma attività imprenditoriale avente ad oggetto l’effettuazione di trasporto aereo su determinate tratte di volo.
La “stabile organizzazione” ai fini IVA.
Passandosi all’IVA, l’art. 43 Dir. n. 2006/112/CE, nella formulazione precedente alle modifiche di cui alla Dir. 2008/8/CE (con riferimento, pertanto, al periodo di imposta 2007), prevede che «il luogo di una prestazione di servizi è il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica o dispone di una stabile organizzazione a partire dalla quale la prestazione di servizi viene resa». Analogamente, l’art. 7, terzo comma, d.P.R. n. 633/1972, nella formulazione pro tempore, prevede che «le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese […] da stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all'estero […]». La stabile organizzazione radica, pertanto, la territorialità delle operazioni attive ai fini IVA dei soggetti non residenti.
In termini analoghi, l’art. 45 Dir. n. 2006/112/CE, nella formulazione modificata per effetto della Dir. 2008/8/CE (applicabile ai periodi di imposta 2012 e 2013), prevede – in deroga al principio secondo cui il luogo delle prestazioni di servizi resi a persone che non sono soggetti passivi è il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica (e, quindi, a prescindere dalla natura di soggetto passivo del cessionario) – che, ove «i servizi sono prestati da una stabile organizzazione del prestatore situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione». Conformemente, l’art. 7, comma 1, lett. d), nella formulazione pro tempore, precisa che «per “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato” si intende […] una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato o residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute». La stabile organizzazione di soggetto non residente fa carico, pertanto, specificamente in capo a detto autonomo ramo di azienda (branch) l’imponibilità IVA delle operazioni attive, in relazione alle prestazioni da questa rese.
La giurisprudenza eurounitaria – riguardo alla quale è utile il richiamo anche agli interventi della Commissione europea e, in particolare, al working paper 857 del 6 maggio 2015 (che, peraltro, si richiama alla giurisprudenza della Corte di Giustizia) - ha elaborato concetti analoghi a quelli esaminati in tema di imposte dirette al fine di individuare – quanto alle operazioni attive IVA – una nozione di stabile organizzazione. Tale nozione, la quale costituisce evoluzione della precedente nozione di «centro di attività stabile» delle prestazioni di servizi di cui all’art. 9 Dir. 77/388/CEE (Cass., Sez. V, 18 maggio 2018, n. 12237), mira a evitare conflitti positivi di doppia imposizione e negativi di omesso gettito (CGUE 7 aprile 2022, Berlin Chemie, C-333/20, punti 31, 41 e 53; CGUE 7 maggio 2020, Dong Yang Electronics, C 547/18, punto 25; CGUE Welmory, 6 ottobre 2014, C‑605/12, punti 58 e 65), quale deroga al criterio della soggettività passiva in base al concetto della sede dell’attività economica (CGUE, Dong Yang, cit. punto 26).
La nozione di «stabile organizzazione» ai fini IVA richiede, secondo la giurisprudenza eurounitaria, «una consistenza minima, grazie alla presenza permanente dei mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi. Essa presuppone quindi un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le prestazioni di servizi considerate» (CGUE, 3 giugno 2021, Titanium, C-931/19, punto 42; CGUE, 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg, C‑73/06, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).
Questa giurisprudenza si è consolidata all’esito dell’entrata in vigore dell’articolo 11, par 2, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del 15 marzo 2011 (c.d. stabile organizzazione «attiva»), secondo cui «la “stabile organizzazione” designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica di cui all’articolo 10 del presente regolamento, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di fornire i servizi di cui assicura la prestazione» a termini dell’art. 192-bis Dir. 2006/112/CE, secondo cui «un soggetto passivo che dispone di una stabile organizzazione nel territorio di uno Stato membro in cui è debitore di imposta si considera soggetto passivo non stabilito nel territorio di tale Stato membro qualora (…) la cessione di beni o prestazione di servizi è effettuata senza la partecipazione di una sede del cedente o del prestatore di servizi situata nello Stato membro in questione». Detta disposizione viene intesa, alla luce del considerando 14 del medesimo Regolamento n. 282/2011, quale disposizione interpretativa del vigente sistema eurounitario IVA, avendo la suddetta disposizione codificato i principi giurisprudenziali già elaborati e vigenti per effetto dell’interpretazione data dalla Corte di Giustizia (CGUE, Titanium, cit., punto 43).
Anche ai fini IVA occorre, pertanto, sia l’esistenza di un elemento materiale di carattere organizzativo (attrezzature e personale), sia la tendenziale fissità dell’organizzazione («grado sufficiente di permanenza»), sia la capacità di tale organizzazione di creare ricchezza, ancorché non ai fini della produzione del reddito (come invece avviene ai fini dell’imposizione diretta, in cui si richiede lo svolgimento di un'attività economica autonoma rispetto a quella svolta dalla «società madre»), bensì al fine di fornire al committente cessionario i servizi di cui la branch assicura la prestazione.
Analogamente, questa Corte ha affermato il principio che «è debitore dell'iva il soggetto passivo che fornisce una prestazione di servizi quando quest'ultima è fornita a partire da un'organizzazione stabile situata nello Stato membro in cui tale imposta è dovuta (Corte giust. 23 aprile 2015, causa C-111/14, GST-Sarviz AG Germania, punti 25 e 27)» (Cass., Sez. V, 5 agosto 2021, n. 22312), ciò in considerazione dell’ampiezza della nozione di stabile organizzazione contenuta nell’art. 11 Reg. n. 282/2011 cit., purché la struttura organizzativa «possa essere considerata autonoma, nel senso che sopporta il rischio economico inerente alla propria attività» (Cass., n. 22312/21, cit.). L’esistenza in Italia di una stabile organizzazione di beni e personale («mezzi umani e tecnici»: art. 11 Reg. n. 282/2011 cit.) di un soggetto non residente (che abbia, quindi, il centro dei propri interessi strategici al di fuori del territorio dello Stato), idonea a fornire i servizi di cui assicura la prestazione (art. 7, comma 1, lett. d): «limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute»), radica in Italia la soggettività di tale organizzazione ai fini impositivi IVA.
L’esecuzione di prestazioni in esecuzione della stipulazione di contratti di wet lease da parte della società contribuente (i quali sono alla base delle principali prestazioni di servizi per cui è causa) va, pertanto, inquadrata in questa cornice interpretativa. Il contratto di wet lease – denominato noleggio di aeromobile comprensivo di equipaggio ai sensi dell’art. 2, n. 25 Reg. n. 1008/2008 del 24 settembre 2008 – consente a un vettore aereo (lessor) di mettere a disposizione di un altro vettore (lessee), verso corrispettivo, uno o più aeromobili unitamente all’equipaggio, al fine del trasferimento di persone o merci per un periodo limitato, nonché in relazione a un determinato numero di voli, senza che il vettore conduttore (lessee) debba sopperire direttamente, al fine della realizzazione del volo, al reperimento di un proprio aeromobile e di un proprio equipaggio. Ove il contratto venga stipulato nella forma del wet lease ACMI (Aircraft, Crew, Maintenance, Insurance), il lessor si accolla anche i costi assicurativi e i costi di assicurazione e manutenzione relativi all’aeromobile, mentre gli ulteriori costi e la stessa titolarità del contratto di trasporto (merci o passeggeri) rimangono in capo al lessee.
Il rapporto di noleggio con equipaggio comporta, pertanto, una dissociazione tra il vettore che esegue il volo (il lessor) e il vettore contrattuale (il lessee) per il periodo di durata del noleggio, in relazione alle tratte concordate (CGUE, 4 luglio 2018, Wirth e a., C-532/17, punti 19 – 21). Il locatore (lessor) effettua, pertanto, per conto del locatario (lessee) un certo numero di voli, utilizzando una organizzazione di mezzi e di personale interamente propria.
Questa dissociazione – in ossequio all’ottavo considerando del Regolamento n. 1008/2008/CE, secondo cui sono previste limitazioni al ricorso a contratti di utilizzazione di aeromobili solo se immatricolati in paesi terzi – non prevede particolari restrizioni di carattere temporale, benché contempli una approvazione preventiva ad opera di ENAC (art. 13, par. 1, Reg. n. 1008/2008: «I vettori aerei comunitari possono liberamente impiegare aeromobili immatricolati nella Comunità in base a contratti di wet lease, salvo quando ciò comporti rischi per la sicurezza»), salvo che l’autorità competente subordini l’approvazione a determinate condizioni; nel qual caso, «tali condizioni fanno parte del contratto di wet lease» (art. 13, par. 4, Reg. cit.).
Da tali premesse possono trarsi le seguenti conclusioni.
Ai fini della configurazione di una stabile organizzazione, quanto alle imposte dirette, occorre individuare se, nell’ambito dei contratti di wet lease stipulati dalla contribuente, sia situata in Italia almeno una base di servizio, con dotazione sia di personale di bordo (come indicato dai menzionati Regolamenti), necessaria per lo svolgimento delle prestazioni contrattuali, sia di una flotta di aerei; occorre, poi, che tale struttura sia dotata di fissità, alla luce delle condizioni contrattuali e che sia idonea a svolgere una attività economica autonoma rispetto a quella svolta dalla società madre.
Ai fini IVA possono essere richiamati, quanto al requisito organizzativo e alla permanenza, gli stessi principi, verificando – invero - che la stabile organizzazione consenta lo svolgimento in modo autonomo delle prestazioni di servizio indicate nei contratti di wet lease e negli altri contratti stipulati dalla contribuente.
Sotto tale profilo, non ha rilevanza il fatto che le prestazioni di leasing rese dalla società contribuente riguardino le sole tratte domestiche, quale parte della più complessa prestazione di trasporto internazionale effettuata dal lessee. Nel caso di specie, non viene in esame la prestazione di trasporto resa dal vettore aereo operativo (il lessee) nei confronti del consumatore finale a termini del Regolamento (CE) n. 261/2004 (Regolamento in tema di assistenza ai passeggeri in caso di cancellazioni e ritardi prolungati dei voli), bensì la prestazione di leasing (una sorta di «nolo a caldo») resa dal lessor, quale prestazione parziale nell’ambito della più complessa prestazione di messa a disposizione di aeromobili ed equipaggi per un numero determinato di voli svolta nell’interesse del lessee. L’autonomia della posizione del lessor rispetto al lessee comporta l’indifferenza rispetto al contratto di wet leasing e alle relative prestazioni rese in favore del cessionario lessee della circostanza in fatto che la prestazione di trasporto resa dal vettore aereo operativo (lessee) sia unitaria (configurando, pertanto, l’esecuzione della tratta domestica parte della più complessa prestazione di trasporto internazionale), in quanto la prestazione di trasporto internazionale inerisce al rapporto tra vettore aereo operativo e consumatore finale, mentre in questo caso viene in esame il rapporto tra le due parti del contratto di leasing, al quale il passeggero (consumatore) è estraneo.
Né il lessor può essere assimilato al vettore aereo operativo (nei cui confronti va valutata l’unitarietà della prestazione di trasporto, cui inerisce l’esecuzione della tratta domestica), essendo tale nozione, alla stregua del Regolamento (CE) n. 261/2004, estranea alla posizione del lessor nell’ambito dei contratti di wet lease (CGUE, Wirth e a., cit., punto 26). Correttamente il ricorrente osserva, pertanto, in memoria come «il Regolamento n. 261/2004 ha elaborato la nozione di “vettore aereo operativo” con il precipuo fine di garantire un elevato livello di protezione per i passeggeri e quindi identificare il soggetto tenuto a adempiere le obbligazioni connesse al contratto di trasporto aereo», ossia in relazione a un rapporto diverso da quello di noleggio di aeromobile.
Parimenti, non rileva in questa sede la sentenza Planzer (CGUE, nella causa C-73/06, cit.), invocata da parte controricorrente durante la discussione, la quale aveva ad oggetto il caso di installazioni fisse, utilizzate «al solo fine di effettuare, per conto dell’impresa, attività di carattere preparatorio o ausiliario quali l’assunzione del personale o l’acquisto dei mezzi tecnici necessari allo svolgimento delle attività dell’impresa» (sent. ult. cit., punto 56) e che, come osserva il ricorrente in memoria, può valere a escludere che la sede o succursale di una società costituisca una stabile organizzazione in relazione ai rapporti correnti con la società madre (CGUE, Berlin Chemie, cit., punto 57; CGUE, FCE Bank, C-210/04), ma non anche ove tale attività venga svolta in favore di un cessionario costituente società da essa indipendente.
Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto:
«ai fini IRES e IRAP costituisce stabile organizzazione di una impresa non residente che eserciti una attività di trasporto aereo, nelle forme del contratto di wet leasing, la circostanza che l’impresa disponga sul territorio dello Stato di almeno una base di servizio, nella quale operi sia una quota di lavoratori subordinati con mansioni di equipaggio di condotta e di cabina - i quali inizino e concludano in loco un periodo di servizio o una serie di periodi di servizio - sia una dotazione di mezzi costituita da una flotta di aerei; tale struttura di mezzi umani e tecnici deve essere dotata di un grado di permanenza tale da istituire un collegamento non episodico con il territorio dello Stato e deve essere in grado di generare un'attività economica autonoma rispetto a quella svolta dalla società madre, costituita dallo svolgimento di tratte di volo domestiche; ai fini IVA, occorre la prova che la medesima struttura organizzativa sia in grado di fornire una autonoma prestazione di servizi senza la partecipazione della società madre».
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, in quanto si è concentrata (come osservato anche dal Pubblico Ministero) sul ruolo svolto dai lessee quanto a titolarità dei voli, degli slot e del codice ICAO dei biglietti (circostanze attinenti al contratto di trasporto tra vettore aereo operativo e passeggeri), senza verificare la posizione del lessor e, pertanto, omettendo di verificare se il noleggio di aeromobile con equipaggio comporti per la contribuente, in qualità di lessor, l’approntamento di una stabile organizzazione in Italia (anche nelle forme della base aerea di cui all’art. 38, comma 1, d.l. n. 179 cit.), con caratteri di fissità, idonea a svolgere una autonoma attività economica e a portare a compimento le prestazioni di servizio indicate nei contratti in relazione alle tratte domestiche.
In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.