L’assemblea in prima convocazione deve considerarsi costituita validamente quando siano presenti tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’edificio comune e la maggioranza dei partecipanti al condominio.
Per la validità delle delibere nel caso di assemblea di prima convocazione, si richiede un numero di voti che rappresentino la maggioranza, ossia la metà più uno degli intervenuti all’assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio.
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In seconda convocazione per approvare una delibera è sufficiente un numero di voti che rappresentino:
L’assemblea di seconda convocazione quindi non deve deliberare con almeno 1/3 dei partecipanti ma può farlo con la mera maggioranza degli intervenuti, cioè dei presenti.
L'assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio (quorum costitutivo).
Questo ulteriore requisito, introdotto dalla c.d. Riforma del condominio, impone che anche l’assemblea di seconda convocazione non possa “aprirsi” e, quindi, svolgere i suoi lavori se non viene raggiunto il previsto “numero minimo” di teste e quote.
In ogni caso, per completezza, bisogna sottolineare che - quando i condomini legittimati a partecipare ed a votare nell’assemblea siano soltanto due e manchi la unanimità o comunque vi sia una situazione di parità – l’unica strada percorribile per deliberare è quella del ricorso alla autorità giudiziaria.
I millesimi dei condomini dissenzienti sono un aspetto di fondamentale importanza: la Cassazione in una decisione ha “cassato” la sentenza del giudice del merito che aveva ritenuto sufficiente il raggiungimento di una maggioranza di voti favorevoli, unitamente alla condizione che essi rappresentassero almeno un terzo della proprietà, ritenendo del tutto irrilevante che la parte contraria alla delibera detenesse un valore della proprietà superiore a quello della maggioranza del voto personale.
Il caso esaminato dalla sentenza Cassazione riguardava una delibera, relativa al bilancio consuntivo e preventivo, approvata dall'assemblea in seconda convocazione e impugnata da alcuni condomini, in considerazione della superiorità dei dissenzienti.
La regola posta dall’art. 1136 c.c., comma 3, va intesa nel senso che coloro che hanno votato contro l’approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore, atteso che l’intero art. 1136 c.c., privilegia il criterio della maggioranza del valore dell’edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali (Cass. civ., sez. II, 05/04/2004, n. 6625).
Il principio sopra espresso è stato recentemente ribadito dalla Corte di Appello di Catanzaro con la recente sentenza n. 460 del 28 aprile 2022.
Nel caso di specie una società condomina impugnava una delibera avente ad oggetto l'affidamento di incarico ad un tecnico per la stabilità, funzionalità e la verifica di sicurezza di un muro di sostegno.
Secondo la società attrice l'assemblea condominiale aveva adottato la decisione con una maggioranza pari a 400/ 1000, non tenendo conto però del suo voto contrario, benché proprietaria di 600 millesimi. Il Tribunale, non ravvisando violazioni di legge, rigettava la domanda.
La Corte di Appello, in via preliminare, ha ricordato che la disciplina del funzionamento dell'assemblea condominiale è prevista nell'art. 1136 c.c. e negli artt. 66 e 67 disp. att. c.c., norme, queste, inderogabili che sanciscono che la materia vada disciplinata in base al "principio maggioritario". Infatti, fatta eccezione per alcuni casi per i quali è richiesta l'unanimità dei consensi, in linea generale l'assemblea assume decisioni vincolanti, anche riguardi dei condomini assenti e di quelli dissenzienti:
Ciò premesso, la Corte di appello ha dato ragione alla società che deteneva 600 millesimi, motivando la propria decisione con una interpretazione dell’art. 1136 c.c., comma 3, per effetto della quale tale norma deve essere intesa nel senso che il valore di un terzo (questo, infatti, era stato il quorum deliberativo) va inteso come soglia minima per deliberare, ma non è valido se (come nel caso di specie) coloro che hanno votato contro l’approvazione (nel nostro caso la società con 600 millesimi) rappresentano un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che hanno espresso voto favorevole (nello stesso senso Cass. civ., sez. II, 12/11/2020, n, 25558).