L’attività di trading, in italiano facilmente definibile come speculazione sui mercati finanziari, se esercitata per conto proprio, con l’impiego di capitali propri, non costituisce attività né di impresa né di lavoro autonomo.
I redditi finanziari conseguiti costituiscono redditi di capitale o redditi diversi, a seconda dei casi, che non sono sensibili a rilevanze di ordine previdenziale.
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Il proprietary trading costituisce una elaborazione della più tradizionale attività di trading. Il prop trader gestisce un conto di trading messo a disposizione da una società finanziaria, la cosiddetta prop house (o proprietary firm), al fine di conseguire profitti di tipo finanziario.
Di solito il prop trader non risponde delle eventuali perdite subite ma divide con la prop house i profitti generati, con intensità variabili, lasciate alla contrattazione tra le parti, ma che possono anche arrivare ad essere l’ottanta per cento dei profitti conseguiti o anche più.
Da un punto di vista operativo una differenza tra un trader retail e un prop trader può anche non esserci, dato che in entrambi i casi si gestisce un conto di trading; ma, dal punto di vista del diritto, ci sono delle differenze così marcate da implicare un inquadramento fiscale divergente.
Come anticipato, la differenza principale, ed anche fondamentale, è che il trader retail investe o specula utilizzando capitali propri, per cui il reddito conseguito costituisce un reddito finanziario inquadrabile, nelle categorie dell’IRPEF, tra i redditi di capitale o tra i redditi diversi, a seconda delle specifiche fattispecie.
Il prop trader, invece, investendo o speculando con capitali altrui, per conto di un soggetto terzo, al quale è legato da un rapporto contrattuale, non consegue redditi finanziari: i redditi percepiti sono il corrispettivo pattuito per l’espletamento della prestazione. Per cui, anche in mancanza di espressa previsione normativa e di prassi, la dottrina è concorde nel ritenere il reddito conseguito dal prop trader come costituente reddito da lavoro autonomo.
Non è raro che il trader retail, passando al proprietary trading, pensi di essere soggetto al medesimo trattamento fiscale, dato che l’attività materialmente espletata (l’utilizzo di un conto di trading sui mercati finanziari con finalità speculativa) è la medesima; invece, la riconduzione alla categoria di reddituale del lavoro autonomo modifica radicalmente l’inquadramento fiscale e previdenziale complessivo.
Una volta che il trader inizia a svolgere l’attività di proprietary trading, la prima valutazione da fare (come sempre quando si parla di lavoro autonomo) è se questa attività sarà svolta occasionalmente o abitualmente; ricordando sempre che il concetto di abitualità prescinde dall’entità monetaria dei risultati conseguiti e che non esiste franchigia per gli obblighi derivanti dall’esercizio abituale di una attività di lavoro autonomo.
Se l’attività di proprietary trading è occasionalmente espletata, il trader potrà considerare il reddito conseguito come reddito da lavoro autonomo occasionale, da gestire secondo le ordinarie modalità previste per la fattispecie.
Diversamente, se l’attività è esercitata abitualmente, il prop trader dovrà:
In mancanza di specifiche indicazioni normative e di prassi, la prima problematica che si pone è se l’attività svolta dovrà essere inquadrata come reddito da lavoro autonomo o come reddito d’impresa; in conseguenza del fatto che l’attività è esercitata personalmente e in conseguenza dell’esistenza di un rapporto contrattuale di collaborazione tra prop trader e prop house, la dottrina è abbastanza concorde nel considerare tale reddito inquadrabile, nella generalità dei casi, come reddito da lavoro autonomo.
Il passo successivo, ai fini dell’apertura della posizione IVA, è la scelta del codice ateco da utilizzare. Premettendo che non esiste un codice specifico per la situazione in esame, c’è chi consiglia nel il codice 66.12.00 “Attività di negoziazione di contratti relativi a titoli e merci”; tuttavia la scelta non è pienamente convincente, in quanto nelle specifiche del codice è prevista l’esclusione per l’attività di gestione di portafogli dietro pagamento di una commissione o in base ad un contratto.
Con ogni probabilità il codice ateco più opportuno per un prop trader sarà il 74.90.99 “Altre attività professionali nca”, anche alla luce del fatto che questo è il codice ateco utilizzato dai trader finanziari professionisti, diversa attività di lavoro autonomo anche questa legata al mondo del trading.
In ogni caso la differente scelta tra i due codici ateco prima indicati non ha importanti implicazioni di ordine fiscale o previdenziale, essendo da questo punto di vista fondamentalmente equivalenti.
Se l’ammontare di ricavi e la posizione personale del contribuente lo permetteranno, il lavoratore autonomo potrà optare per il regime forfetario, con un coefficiente di redditività previsto per entrambi i codici dell’87 per cento.
L’alternativa è la tassazione ordinaria, con le ordinarie aliquote secondo gli scaglioni progressivi dell’IRPEF.
In ogni caso, per un più puntuale inquadramento della posizione del contribuente, in mancanza di chiarimenti di prassi, sarà importante effettuare una attenta valutazione del caso specifico, partendo dall’analisi del rapporto contrattuale esistente tra prop trader e prop house, essendo, quello in questa sede analizzato, un caso generico.
L’inquadramento previdenziale è conseguenza di quello fiscale.
Sempre considerando la generalità dei casi, il prop trader, la cui attività potrà essere considerata rientrante nel contesto del lavoro autonomo, sarà un professionista senza cassa di previdenza autonoma; come tale sarà obbligato all’iscrizione alla Gestione separata dell’INPS e al versamento dei relativi contributi previdenziali a percentuale in base al reddito conseguito e in sede di dichiarazione annuale dei redditi.
Ultima questione da valutare è se una tale prestazione lavorativa possa essere rilevante per l’Organismo di vigilanza e tutela dell’Albo unico dei Consulenti Finanziari. Se il prop trader debba iscriversi all’albo tenuto dall’OCF, a cui si accede dietro superamento di apposito esame, è questione che non è stata ancora chiarita ufficialmente.
Analizzando la problematica dal punto di vista dell’attività effettivamente svolta, bisogna rilevare come il prop trader non effettui attività di raccolta di risparmio presso il pubblico, ma si limiti a gestire un portafoglio di attività finanziarie per conto della prop house. Se avviene della raccolta di risparmio presso il pubblico, questa avviene per opera della società di investimento.
Alla luce di ciò, si tende a considerare il prop trader come posizionato fuori dal perimetro d’interesse dell’OCF, il cui obiettivo è la tutela dell’investitore-risparmiatore.