Il “Decreto Energia” (D.L. 17/2022, convertito in legge) ha modificato la disciplina del bonus pubblicità applicabile dal 2023, ritornando a quanto precedentemente previsto sull’approccio incrementale delle spese con esclusione dall’agevolazione degli investimenti pubblicitari sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, sia analogiche che digitali.
A partire dal 01.01.2023 il credito d’imposta sarà pari al 75% del valore incrementale degli investimenti in campagne pubblicitarie effettuati sulla stampa quotidiana e periodica, anche on line.
Questo articolo è un estratto della Circolare del Giorno 196 del 8.07.2022 Bonus pubblicità 2023: ritorno al regime ordinario disponibile anche nell'abbonamento alla Circolare del Giorno di Fiscoetasse |
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Dal 2023 il credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali (c.d. “bonus pubblicità”) torna al regime “ordinario”, ossia quello applicabile prima delle modifiche applicabili per il triennio 2020-2022.
Ed infatti, a seguito della conversione in legge del “Decreto Energia”, dopo un triennio di “regime straordinario” trova nuovamente applicazione la disciplina di cui al D.L. 50/2017 restringendosi però l’ambito oggettivo dell’agevolazione (come si vedrà in seguito).
Restano invece invariati gli altri elementi applicativi del credito, così come disciplinati nel D.P.C.M. n. 90 del 16.05.2018 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24.07.2018), che si riepilogano nella presente circolare.
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Come visto in precedenza, a partire dal 01.01.2023 torna in vigore la disciplina di cui all’art. 57-bis del D.L. 50/2017, sul “bonus pubblicità”, il quale risulta però limitato alle sole spese sostenute per la diffusione sulla stampa, ossia giornali quotidiani e periodici, sia locali che nazionali.
Diversamente da quanto previsto in precedenza, infatti, per l’agevolazione applicabile dal 2023 risultano esclusi gli investimenti pubblicitari sulle emittenti televisive e radiofoniche locali (sia in forma analogica che digitale).
Da notare, con riferimento ai giornali, che gli investimenti pubblicitari ammissibili al credito d'imposta devono essere effettuati su quelli iscritti:
Oltre a quanto visto per le spese per la pubblicità sulle emittenti televisive/radiofoniche, non sono ammesse al credito d’imposta gli importi sostenuti per altre forme di pubblicità, come ad esempio (a titolo esemplificativo e non esaustivo):
Bisogna considerare che, ai soli fini dell'attribuzione del credito di imposta, le spese per l'acquisto di pubblicità sono ammissibili al netto delle spese accessorie, dei costi di intermediazione e di ogni altra spesa diversa dall'acquisto dello spazio pubblicitario – anche se ad esso funzionale o connessa.
La norma attuativa del credito prevede espressamente che le spese si considerano sostenute secondo quanto previsto dalla normativa sulle imposte sui redditi. Per l’individuazione dell’esercizio di sostenimento della spesa pubblicitaria trova quindi applicazione il principio di competenza, il quale, per le prestazioni di servizi, stabilisce che:
alla data in cui le prestazioni stesse sono ultimate.
Pertanto, i costi relativi a prestazioni di servizi risultano di competenza dell’esercizio in cui le medesime sono ultimate, senza che abbia invece alcun rilievo il momento in cui viene emessa la relativa fattura o viene effettuato il pagamento.
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Possono usufruire del credito di imposta sugli investimenti pubblicitari:
le imprese |
i lavoratori autonomi |
gli enti non commerciali |
indipendentemente da
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Il beneficio fiscale in esame si applica agli investimenti di cui sopra nella misura del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, comparando quindi innanzitutto le spese sostenute nell’anno di riferimento (2023 come primo esercizio relativo al “nuovo credito”) con quelle del periodo precedente (2022), applicando poi la richiamata percentuale del 75% a tale differenza.
Viene inoltre richiesto un incremento minimo dell’1% rispetto agli analoghi investimenti dell’anno precedente (c.d. meccanismo incrementale), in mancanza del quale la spesa sostenuta per le pubblicità delle tipologie viste in precedenza non risultano agevolabili.
Va quindi notato, come peraltro sostenuto dal Consiglio di Stato, che non ci considera sussistente alcun incremento se sono state sostenute spese pari a 0 nell’anno precedente al periodo agevolato – circostanza che impedisce di fatto di procedere con il calcolo relativo all’incremento percentuale.
Allo stesso modo, il “bonus pubblicità” non può essere goduto neanche dai soggetti neo-costituiti – come anche indicato dall’Agenzia delle Entrate. Ciò in quanto anche per costoro manca il dato storico necessario per il confronto richiesto dal “meccanismo incrementale”.
Da ultimo, ovviamente, il beneficio fiscale non spetta ai soggetti che registrano un decremento degli investimenti agevolabili.
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Esempio 1
Un’impresa ha effettuato nel 2022 investimenti pubblicitari sulla stampa per 450.000 euro – usufruendo (in base al regime straordinario in vigore nel 2022) del credito di imposta pari al 50% dell’intero volume di investimenti (450.000 x 50% = 225.000 euro).
La stessa impresa, nel corso del successivo 2023, effettua ulteriori investimenti pubblicitari sulla stampa per complessivi 550.000 euro.
La condizione sull’incremento delle spese per almeno l’1% risulta rispettata (1% x 450.000 = 45.000 euro).
Pertanto, sulla base del regime “ordinario” applicabile al beneficio fiscale in esame (tornato in vigore proprio a partire dal 2023), il credito d’imposta è pari al 75% della spesa incrementale, ossia: (550.000 – 450.000) x 75% = 100.000 x 75% = 75.000 euro
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