Le immobilizzazioni materiali rappresentano una voce contabile di bilancio la cui classificazione nell’ambito della macro-classe dell’Attivo dello Sato Patrimoniale è legata alla finalità ed utilità del bene nella vita dell’impresa.
Detta classificazione può essere l’esito ragionato di politiche di bilancio che valutano la convenienza di imputare il bene dell’impresa in un raggruppamento anziché in un altro.
Ciò vale per le imbarcazioni da diporto, bene attenzionato dalle imprese e dall’Agenzia delle Entrate.
L’esatta imputazione in bilancio è rilevante per le implicazioni che ne derivano sotto il profilo del trattamento contabile e sul piano fiscale-tributario.
Al riguardo, l’Organismo Italiano di Contabilità si è di recente espresso (nella newsletter del 30 maggio e comunicato stampa del 30 giugno 2022) su una richiesta di chiarimento sull’interpretazione del principio contabile OIC 16 che disciplina le immobilizzazioni materiali.
In particolare, il quesito faceva riferimento alle ipotesi di classificazione in bilancio delle imbarcazioni da diporto, qualora ricorrendone le condizioni queste potessero essere rappresentate nelle voci BII2) “Impianti e Macchinari” e BII3) “Attrezzature industriali e commerciali” delle immobilizzazioni materiali.
La questione nasce dal fatto che l’OIC 16 non fornisce una tassativa elencazione di cosa si intenda per impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali.
L’Organismo Italiano di Contabilità nel rispetto della gerarchia delle norme si è limitato a fare degli esempi delle tipologie di beni che nella prassi operativa delle imprese generalmente rientrano nelle singole voci delle immobilizzazioni materiali[1]”e ragionando per logica di rigore normativo ha evidenziato che, il fatto per il quale nel principio contabile non siano citate le imbarcazioni o altri veicoli con destinazione aziendale di autonoma produzione di reddito, non debba escludere che gli amministratori possano considerarle nel perimetro delle voci BII2) “Impianti e Macchinari” e BII3) “Attrezzature industriali e commerciali”.
In più il Codice civile, all’articolo 2423-ter[2] stabilisce che “devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcune di quelle previste dagli articoli 2424 e 2425 c.c.”.
Pertanto, l’OIC, nel citato chiarimento, ha affermato che la scelta ricade nella responsabilità "dell' amministratore dell’ impresa secondo proprie valutazioni inerenti la dinamica aziendale”.
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Il principio contabile che regola il trattamento contabile dell’immobilizzazioni materiali, come già detto sopra è l’ OIC 16.
In particolare, si ricorda che, detto principio definisce “immobilizzazioni materiali": i beni tangibili di uso durevole costituenti parte dell’organizzazione permanente delle società, la cui utilità economica[3] si estende oltre i limiti di un esercizio [4].
Il riferimento a fattori e condizioni durature non è una caratteristica intrinseca ai beni come tali, bensì dipende dalla loro destinazione.
Di conseguenza, le immobilizzazioni come tali sono normalmente impiegate come strumenti di produzione del reddito della gestione caratteristica e non sono, quindi, destinate alla vendita, né alla trasformazione per l’ottenimento dei prodotti della società; e possono consistere in:
Il valore d’iscrizione in bilancio dipendenti dalle ipotesi che originano la rilevazione contabile del bene, potrà essere: il costo di acquisto, ed eventuali costi accessori dell’acquisto, o il costo di produzione.
L’OIC 16 definisce altresì il processo di ammortamento e ogni eventuale operazione che possa riguardare momenti straordinari della vita del bene: rivalutazione, svalutazione, manutenzione ordinaria e straordinaria[5], nonché il trattamento degli oneri finanziari.
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Sotto il profilo della classificazione e del contenuto delle voci delle immobilizzazioni materiali il principio fa esplicito riferimento alle norme del Codice civile.
In particolare, l’articolo 2424 c.c. prevede che le immobilizzazioni materiali siano iscritte nell’attivo dello stato patrimoniale alla voce BII con la seguente classificazione ed il dettaglio al loro interno:
1) terreni e fabbricati;
2) impianti e macchinari;
3) attrezzature industriali e commerciali;
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti.
La voce BII2) “impianti e macchinario” può comprendere:
La voce BII3) “attrezzature industriali e commerciali” invece può comprendere:
Benché l’elencazione appaia rigida, a parere dell’OIC non deve escludersi che gli amministratori possano comprendere nel perimetro delle voci BII2) “Impianti e Macchinari” e BII3) “Attrezzature industriali e commerciali” le imbarcazioni da diporto, tanto più che l’art. 2423 ter c.c. prevede l’aggiunta di voci non comprese negli art. 2424 – 2425 c.c. .
Ciò significa che, l’amministratore dell’ impresa “XY” di noleggio di imbarcazioni da diporto dovrà valutare l’imputazione all’una o all’atra voce secondo l’utilizzo della medesima nell’ambito della dinamica aziendale.
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Con riferimento a quanto detto sopra, si rappresentano a titolo esemplificativo due casi significativi:
In generale, la norma fiscale prevede che le spese e gli altri componenti negativi sostenuti per l’utilizzo di mezzi di trasporto a motore, tra i quali le navi e le imbarcazioni da diporto, possono essere integralmente dedotti solo se i predetti mezzi di trasporto sono destinati a essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa ovvero se adibiti ad uso pubblico o dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta.
Si considerano utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa, i veicoli senza i quali l’attività stessa non può essere esercitata.
Di conseguenza, con riferimento al primo caso, si esclude che la società cinematografica possa sostenere nella struttura societaria l’inerenza dell’uso della barca per raggiungere lo scopo previsto dall’oggetto sociale, anzi potrebbe rischiare di rientrare fra le società di comodo, con tutte le conseguenze e con la necessità di depositare un interpello disapplicativo.
Diversamente, nel secondo caso, per la società che svolge attività di scuola-guida per patenti nautiche, il bene rientra nella attività propria dell’impresa e per la dinamica aziendale l’imbarcazione da diporto è elemento indispensabile.
Di conseguenza, in base ad un’attenta disamina dell’utilizzo del cespite, l’amministratore potrebbe valutare di classificare il cespite, tra le attrezzature commerciali, voce BII3), aggiungendo “imbarcazioni da diporto”.
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[1]L’OIC utilizza esempi che per definizione non hanno né potrebbero avere natura di rigida elencazione con obbligo di osservanza
[2] La norma recita: salve le disposizioni di leggi speciali per le società che esercitano particolari attività, nello stato patrimoniale e nel conto economico devono essere iscritte separatamente, e nell'ordine indicato, le voci previste negli articoli 2424 e 2425.Le voci precedute da numeri arabi possono essere ulteriormente suddivise, senza eliminazione della voce complessiva e dell'importo corrispondente; esse possono essere raggruppate soltanto quando il raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai fini indicati nel secondo comma dell'articolo 2423 o quando esso favorisce la chiarezza del bilancio. In questo secondo caso la nota integrativa deve contenere distintamente le voci oggetto di raggruppamento. Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli 2424 e 2425.Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell'attività esercitata. Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l'importo della voce corrispondente dell'esercizio precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle relative all'esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità e l'adattamento o l'impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa. Sono vietati i compensi di partite.
[3] Cfr. par. 8 dell’OIC 16: definizione di utilità economica o vita utile del bene: “La vita utile è il periodo di tempo durante il quale la società prevede di poter utilizzare l’immobilizzazione. Può essere determinata anche attraverso il numero complessivo di unità di prodotto (o misura equivalente) che si stima poter ottenere tramite l’uso dell’immobilizzazione”.
[4] Cfr. Par. 4 OIC 16
[5] Per approfondimenti si veda par. da 8 a 18 dell’OIC 16