Le lavoratrici madri hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità corrispondente all'astensione obbigatoria di 5 mesi prevista dal D.LGS 151 2001.
L'importo di tale indennità è comprensivo di ogni altra (indennità) spettante per malattia e il periodo di congedo è computato ai fini della anzianità di servizio.
Ciò implica che nello stesso periodo maturano:
Nei casi di congedo facoltativo, riposi e permessi per malattia del bambino decorre l’anzianità di servizio ma non maturano ferie e tredicesima mensilità.
Le ferie e le assenze non possono essere godute contemporaneamente con il congedo di maternità.
La normativa di riferimento è la seguente:
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Riguardo alla indennità di mobilità i periodi di congedo si computano, ai sensi del co.4 del citato art. 22,
«ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità» di mobilità)e sono considerati come attività lavorativa, per la progressione di carriera, fatta eccezione i casi in cui i contratti collettivi richiedano condizioni particolari. Sempre in merito alla mobilità la lavoratrice che durante il congedo di maternità rifiuta una offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità o l’avviamento a corsi di formazione professionale non viene cancellata dalle liste.
Il decreto legislativo n. 80/2015 (art. 3) prevede la corresponsione dell’indennità di maternità anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro per colpa grave della lavoratrice che si verifichi durante il periodo di congedo di maternità. In tal modo il Legislatore amplia il campo di applicazione alla luce della sentenza n. 405/2001 con cui la Consulta aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 24, co. 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 nella parte in cui escludeva la corresponsione dell'indennità di maternità nei casi di licenziamento intimato per colpa grave della lavoratrice e che costituiva giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro.
Riguardo al diritto al prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico l’art. 24, d. lgs. n. 151/2001 prevede che, qualora all'inizio del periodo di congedo di maternità, le lavoratrici si trovino sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione o disoccupate, esse sono ammesse a percepire l’indennità giornaliera di maternità purché tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e l’inizio del congedo non siano decorsi più di 60 giorni.
Ai fini del computo dei 60 giorni non sono considerati :
Nelle ipotesi in cui il congedo di maternità inizi dopo 60 giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro la lavoratrice, che è all’inizio del congedo sia disoccupata, ha diritto all'indennità giornaliera di maternità anziché all'indennità ordinaria di disoccupazione.
Nel caso in cui la lavoratrice non percepisca l’indennità di disoccupazione «ha diritto all'indennità giornaliera di maternità, purché al momento dell'inizio del congedo di maternità non siano trascorsi più di centottanta giorni dalla data di risoluzione del rapporto e, nell'ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore, nell'assicurazione obbligatoria per le indennità di maternità, ventisei contributi settimanali».
Nel caso di lavoratrice sospesa dal lavoro, e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, che inizi la maternità dopo 60 giorni dalla data di sospensione, la stessa ha diritto, in luogo di tale trattamento, all'indennità giornaliera di maternità.
Per retribuzione , nel calcolo dell'indennnità, si intende la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità.
A tale importo è da aggiungersi il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice.
ATTENZIONnE Con la circolare n. 69 del 28 aprile 2016, l’INPS ha dettato alcune precisazioni in ordine all’indennità di maternità per i giorni ulteriori rispetto ai 5 mesi riconosciuti nei casi di parto molto prematuro ex art. 16 T.U., come modificato alla lettera d). La circolare inoltre rileva la conferma del diritto della lavoratrice licenziata per colpa grave di conservare l’indennità di maternità oltre la data del licenziamento (art. 24 T.U.).
Esempio pratico
Maternità per una impiegata con paga euro 1.500 lorda - aliquota INPS carico dipendente 9.19 % ; maternità dal giorno 29 al giorno 31 (giorni 3). Calcolo retribuzione ordinaria: giorni 26 - 3 = giorni 23 = euro 1.500/26 x 23 = euro 1.326,92 Determinazione della retribuzione media giornaliera: si ipotizza un imponibile previdenziale del mese precedente l'evento pari ad euro 1500 ;
RETRIBUZIONE MEDIA GIORNALIERA - IMPIEGATI:
a) Retribuzione lorda soggetta a contributi del mese precedente € ………… : 30
b) Rateo lordo di 13a e/o 14a € ………………….: 30 = 12
c) = € ……. RETRIBUZIONE MEDIA GIORNALIERA (a + b) :
a)EURO 1.500 : 30 = EURO 50,00
b) rateo : 1500/12 x 2 / 30 = euro 8,33
c)RETRIBUZIONE MEDIA GIORNALIERA = 58.33
Determinazione dell’indennità economica a carico INPS: i giorni da indennizzare sono 3 al 80 % ovvero : 58.33 x 3 x 80 % = euro 139,99.
Integrazione a carico azienda: come previsto dal CCNL di riferimento il dipendente ha diritto ad un’integrazione dell’indennità corrisposta dall’INPS, a carico dell’azienda, in modo da raggiungere il 100% (3 giorni spettanti ). normale retribuzione spettante al dipendente : 1.500/ 26 x 3 = euro 173,07
LORDIZZAZIONE : essendo il 9,19% l’aliquota contributiva a carico del dipendente, il “coefficiente di lordizzazione” si ottiene nel modo seguente: 100 – 9,19 = 90,81 100 : 90,81 = 1.10120 EURO 139,99 X 1.10120 = EURO 154,15
INTEGRAZIONE CARICO DATORE LAVORO EURO 18.92 imponibile inps: 1.326,92 + 18,92 = EURO 1,345,84
Contributi inps carico dipendente: EURO 1.346X 9,19% % EURO 123,69 imponibile fiscale: 1.345,84-123,69+139,99 = EURO 1362,14 (sull’imponibile fiscale del mese dovrà essere calcolata l’imposta lorda e, dopo aver riconosciuto le detrazioni mensili spettanti, dovrà essere determinata l’imposta netta da trattenere al dipendente)
I contratti collettivi possono stabilire che in aggiunta all’indennità a carico dell’INPS, le aziende debbano corrispondere un’integrazione del trattamento fino a coprire il 100% (o percentuali minori) della retribuzione che il dipendente avrebbe percepito se avesse lavorato. Se il contratto prevede che la “retribuzione garantita“ deve essere quella netta anziché quella lorda, occorre tener conto dei contributi che al dipendente non vengono trattenuti sull’indennità di maternità a carico dell’INPS . Occorre quindi procedere al calcolo della “lordizzazione” ovvero determinare l’integrazione sottraendo, dalla cifra ricavata, l’indennità a carico INPS “integrata dei contributi” ( per l’aliquota contributiva pari al 9,19% il coefficiente di lordizzazione è: 100 – 9,19 = 90,81 - 100 : 90,81 = 1,10120).
L'ordinanza di Cassazione n. 19330 del 15 giugno 2022 ha stabilito che va riconosciuto il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie anche nel caso in cui l’impossibilità di fruizione sia stata causata dal fatto che la lavoratrice fosse in in congedo obbligatorio fino alla data delle dimissioni .
La corte evidenzia infatti che la lavoratrice non avrebbe in alcun modo potuto fruire delle ferie nel periodo di astensione obbligatoria e ciò rende neutra la
circostanza che ella abbia poi scelto di dimettersi– come era suo diritto - per dar corso ad una nuova esperienza lavorativa.
Quindi, dell’art. 5, comma 8, d.l. n. 95 del 2012, conv. con modifiche in l. n. 135 del 2012, che impone il divieto di monetizzazione delle ferie va data una interpretazione orientata alla luce dei principi tracciati dall’art. 7, comma 2, della Direttiva Ce n. 88 del 2003, come interpretato dalla giurisprudenza della CGUE, per cui va riconosciuto il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie nei casi in cui l’impossibilità di fruizione esula dalla volonta del lavoratore.
Nel caso di specie infatti era stata determinata dal fatto che la lavoratrice era "nella situazione che (pre e post parto) impone l’astensione obbligatoria dal lavoro."